Il top del lusso mondiale continua a parlare italiano
Le 100 più grandi aziende di beni di lusso al mondo hanno generato vendite per 281 miliardi di dollari nel 2019, con una crescita di 15 miliardi di dollari rispetto all’anno precedente.
È quanto emerge dalla settima edizione del Global Powers of Luxury Goods, lo studio annuale di Deloitte, che valuta e classifica le prime 100 società del settore fashion & luxury a livello globale, sulla base delle vendite consolidate nell’anno fiscale in esame.
Per il terzo anno consecutivo, il quartetto dei migliori player del lusso è composto dai colossi Lvmh, in testa dal 2014, Kering, Estée Lauder e Richemont.
Segue al quinto posto L’Oréal Luxe, che subentra a Chanel, mentre rimane stabile in settima posizione EssilorLuxottica, unica italiana a comparire nella top 10.
Scende di due gradini al decimo posto The Swatch Group, superato da Chow Tai Jewellery Group (8°) e Pvh (9°).
Come negli scorsi anni, il made in Italy si conferma leader nel settore, portando in graduatoria ben 22 aziende su cento.
Di queste, circa due terzi operano nel comparto dell’abbigliamento e calzature, mentre il 23% rientra nella categoria borse e accessori, costituendo di fatto più della metà delle aziende nella categoria.
La cordata EssilorLuxottica, Prada (19°) e Giorgio Armani (26°) genera, in forma aggregata, quasi la metà delle vendite realizzate dalle aziende italiane presenti nel ranking.
Complessivamente, è Moncler il brand con la performance migliore nel corso degli anni: ormai da un lustro ospite fisso dei ‘Fastest 20’, nel FY2019 ha registrato il terzo net profit margin più alto della top 100, al 22%, dopo la brasiliana Vivara ed Hermès.
Anche Ermenegildo Zegna ed Euroitalia hanno registrato una crescita delle vendite a doppia cifra, tanto che quest’ultima è rientrata tra le dieci aziende a crescita più rapida dello scorso anno.
Il 2019 è stato, inoltre, l’anno in cui sei dei grandi marchi del lusso italiano sono tornati a registrare una crescita positiva: Giorgio Armani, Otb, Dolce & Gabbana, Ferragamo, Ermenegildo Zegna e Twinset.
Pur essendo la nazione più rappresentata nella graduatoria di Deloitte, l’Italia realizza solo il 12,4% dei ricavi totali globali, collocandosi in quarta posizione dopo Francia (28,3%), Stati Uniti (18,3%) e Svizzera (13,2%).
E sempre la Francia, con nove aziende in classifica, di cui tre pesi massimi come Lvmh, Kering e L’Oréal nella top 5, ha conseguito la migliore crescita nelle vendite di prodotti di lusso, pari a 15,7%, quasi il doppio della crescita dell’intera top 100. In termini di net profit margin, infine, domina la Svizzera con il 16,2%, seguita dalla Francia con il 15 per cento.
L’Italia, con il 5,6%, si colloca all’ultimo posto.
“Il percorso che si sta delineando negli ultimi anni è una forte concentrazione del mercato dettata dalle strategie espansive delle aziende, focalizzate su acquisizioni per differenziare i propri portfolio, entrare in nuovi segmenti di mercato e diversificare la produzione. Per quanto riguarda il nostro Paese – ha spiegato Patrizia Arienti, Deloitte Emea fashion & luxury leader -, ancora una volta le aziende italiane presenti nella top 100 sono le più numerose, a riconferma del peso dell’Italia nel mondo del lusso”.
Guardando al futuro, la maggiore sfida che le aziende del lusso italiane saranno chiamate ad affrontare nel post-Covid sarà quella di essere pronte a fronteggiare il cambiamento.
Tradizione e reattività, due elementi che da sempre caratterizzano le aziende made in Italy, coniugati con modelli di business innovativi e sostenibili, saranno elementi necessari per affrontare le grandi sfide nell’era post-Covid.
Niccolò Rejetti
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