Luca Nannipieri nella sua recente fatica letteraria
Uscito dai tipi della Skira si è appena depositato sugli scaffali l’ultima fatica letteraria del pisano Luca Nannipieri titolata A cosa serve la storia dell’arte.
La logica seconda domanda sorge spontanea: a cosa servono i critici d’arte?
Luca Nannipieri è un critico e storico dell’arte, fondatore Casa Nannipieri Arte e conoscitore dell’immenso patrimonio artistico diffuso su tutta la Penisola, una buona parte del quale stivato in qualche magazzino sotterraneo e lasciato impolverare.
Nel lontano 2010 l’allora ministro economico Giulio Tremonti alla domanda di contributi e finanziamenti per il mondo culturale postagli dall’allora ministro Sandro Bondi pronunciò la fatidica frase “Non è che la gente la cultura se la mangia”.
Ovvio che si trattava di una battuta però offre il senso della realtà con la quale in tanti giudicano l’arte e la cultura, un optional oppure una ruota di scorta da utilizzare in talune occasioni.
Eppure l’Italia, ossia i tanti governi che si sono succeduti dal 1945 in poi, ancora non ha compreso bene l’immensa ricchezza artistica che possiede e che non sa valorizzare come dovrebbe.
Ecco allora che il volume di Nannipieri serve a comprendere meglio il valore ed il significato del lavoro che svolgono, o dovrebbero svolgere, gli addetti ai lavori, nello specifico quanti sono collegati alla storia dell’arte.
Il critico d’arte o lo storico dell’arte “deve agire, condizionare, indirizzare, modellare, germinare, fondare.
Ecco, deve essere un fondatore. Un fondatore di luoghi, di spazi, che prima non c’erano”.
In sostanza non può vivere di rendita o sonnecchiare dalla mattina al tramonto ma deve assumere il ruolo di manager ad ampio raggio, critica sì ma costruttiva e propositiva.
Nannipieri cita l’esempio di Dominique Vivant Denon (1747-1825) è ricordato nell’intero universo solo perché, assecondato da Napoleone Bonaparte, ebbe la geniale idea di trasformare quella che per secoli era stata la sede della monarchia francese, prima che si trasferisse definitivamente a Versailles nel 1682, divenuta poi sede formale del governo, in quello che è il museo più visitato al mondo con oltre nove milioni di visitatori: il Louvre.
Oggi al suo interno vi sono oltre 380.000 opere d’arte.
Forse qualcuno ricorda Dominique Vivant Denon per qualche sua critica a qualche opera d’arte, ma sono in tanti a rammentarlo per la sua creatura del I Arrondissement.
Il compito del critico è quello di trasformare, se si siede sulla poltrona a presentare un artista alla sua mostra è utile principalmente al mercante d’arte, al gallerista, è parecchio meno utile alla società in quanto non si batte per eliminare le trappole della corruzione, della prepotenza, della sudditanza, degli scambi di favore che deve denunciare e contrastare.
Se ristagna a scrivere due righe o a rilasciare una veloce intervista diventa come l’insalata al fianco di una bistecca chianina, che ci sia o non ci sia nessuno se ne accorge.
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