Cresce la pressione fiscale ora è al 42,4% del Pil
Iniziando il nuovo anno vale la pena ricapitolare il peso delle tasse per gli italiani. Il carico fiscale in Italia non smette di aumentare, almeno dal 2000 ad oggi.
È quanto emerge dal rapporto Revenue Statistics dell’Ocse.
Ovviamente, quindi, non fa eccezione il 2019 che, nella classifica dei 35 Paesi di cui si son potuti raccogliere i dati, vede l’Italia al quinto posto per l’incidenza della tassazione.
Il primo modo di calcolare la pressione fiscale è ottenere il rapporto tra l’ammontare del prelievo dello Stato e dagli altri enti pubblici sotto forma di imposte, tasse e tributi (il gettito fiscale) e il prodotto interno lordo.
L’Ocse parla di incidenza fiscale in rapporto al Pil, ma è proprio l’indicatore di cui stiamo parlando.
Ma qual è la pressione fiscale in Italia? L’insieme delle tasse nel nostro Paese è stato pari al 42,4% del Pil, in aumento dal 41,9% dell’anno precedente e contro una media Ocse del 33,8%.
Sono usciti i dati dell’Istat sul carico fiscale delle famiglie italiane.
Nel 2018 (ultimo anno disponibile) l’aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare rimane stabile al 19,5%, in linea con i quattro anni precedenti.
La presenza di minori (soprattutto coppie con figli) in nuclei sostenuti da un unico percettore determina vantaggi fiscali che crescono all’aumentare dei figli a carico, in funzione delle detrazioni.
Le aliquote medie più basse si registrano quindi tra le coppie con uno o più figli minori (13,7%), che tornano al livello del 2016 (13,8%) dopo l’impennata del 2017 (15,8%) e tra le famiglie monogenitore (16,7%).
Sempre in relazione ai nuclei di un solo percettore, le coppie con tutti figli adulti, tra le più avvantaggiate dell’anno 2017 (16,1%), mostrano un carico fiscale in forte crescita, un punto sopra il dato nazionale (20,3%).
Viceversa le coppie senza figli con persona di riferimento oltre i 65 anni continuano a essere le più penalizzate (aliquota media al 21,2%), per via di una maggiore capacità di generare reddito (28.860 euro lordi in media).
In generale, tornando alle analisi dell’Ocse, possiamo dire che sui 35 Paesi il rapporto tra tasse e Pil è aumentato in venti di questi nell’ultimo anno.
La Danimarca è il Paese che ha registrato l’incremento maggiore per effetto del recente aumento dell’imposta sui redditi, mentre paragonato ai dai del 2000 si ha una leggera decrescita di 0,6 punti percentuali.
La flessione maggiore è avvenuta in Ungheria nel 2000 l’incidenza era pari al 38,6%, mentre nel 2019 si attesta al 35,8%.
Siamo quinti in Europa, ma in quali altri Paesi lo Stato ha le mani più lunghe che da noi?
Il primo posto di questa non benaccetta classifica lo prende la Danimarca con le entrate dalla tassazione pari al 46,3% del Pil.
Segue la Francia con il 45,4%, leggermente in controtendenza rispetto all’anno precedente quando era prima con il 45,9%, ma decisamente più esosa paragonata al 43,4% del 2000.
Sempre davanti all’Italia troviamo anche la Svezia e il Belgio che entrambi alleggeriscono il carico di un punto percentuale stanziandosi ad un’incidenza del 42,9%.
Insomma, una classifica tutta europea che però annovera come Stato più light l’Irlanda.
Nell’isola, infatti, l’incidenza è al 22,7% del Pil, esattamente come l’anno precedente.
L’Italia, che nel 2019 condivide il posto con l’Austria, aumenta rispetto al 2000 l’incidenza di quasi 2 punti percentuali.
Andando al dettaglio delle tasse in Italia, sempre in base ai dati Ocse, gli introiti complessivi derivano per il 25,6% dalle tasse sui redditi personali e per il 4,5% dalle imposte sui profitti delle società.
L’altra grande fetta è dovuta per il 31% dai contributi previdenziali, mentre seguono il 6,1% da tasse su immobili, il 14,8% dall’Iva e il 13,9% da altre tasse sui consumi e infine c’è un 4,1% di altre tasse.
Guardando la scheda dedicata al nostro Paese, poi, si scopre che nel 2018, il 56,8% dell’imposizione complessiva era da parte del Governo centrale, in aumento dal 53,2% del 1975.
Gli enti locali, invece, sono balzati dallo 0,9% all’11,7%. Ora, resta solo da vedere come la crisi dovuta alla pandemia influenzerà gli introiti statali.
Raimondo Adimaro
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