I comuni non si impegnano nella lotta all’evasione
Dal 2013 l’erario ricompensa quei comuni che si distinguono nella lotta all’evasione, mediante verifiche e approfondimenti svolti sui rispettivi territori.
Questo sistema di premi e di incentivi apre due diverse finestre sulla questione dell’evasione fiscale.
La prima riguarda la necessità dell’intervento umano; gli strumenti che sono stati messi a disposizione del fisco e degli inquirenti, tra i quali il redditometro, lo spesometro, gli studi di prossimità o l’accesso a database catastali e ad altri aggregatori di informazioni, poco possono fare in assenza di un intervento di vera e propria intelligence svolto dalla mente umana.
La seconda finestra riguarda ancora una volta l’uomo, che va in prima persona a verificare e investe quindi molto tempo e dedizione.
Sembra paradossale ma, in un’epoca in cui c’è necessità di investimenti nelle tecnologie, ci sono ancora aree – e quella dell’indagine fiscale è una di queste – in cui occorre investire sulle risorse umane.
Nell’iter del Fisco, i comuni ricoprono un ruolo cruciale anche per le imposte e le tasse che vanno versate alle regioni e a Roma.
Quei comuni che avviano indagini e scoprono del sommerso possono trattenere quanto recuperato a prescindere dall’entità erariale a cui l’evasione sottrae fondi.
Queste ultime godranno del lavoro dei comuni a partire dagli esercizi fiscali che seguono quello in cui l’evasione è stata certificata.
Nonostante ciò, sono ancora pochi i comuni che hanno programmi sistematici di controllo.
Sono circa 400 le amministrazioni cittadine che hanno un’intesa con lo Stato nel quadro di questa forma di contrasto dell’evasione, circa il 5% dei 7.903 comuni italiani.
I dati rilasciati dal ministero dell’Interno e relativi al 2019 riservano qualche sorpresa, se armonizzati per mille abitanti. Va da sé che le cifre più rilevanti sono state registrate nelle grandi città: Genova (580mila euro), Torino (518mila euro) e Milano (354mila euro) sono i grandi agglomerati che occupano dal secondo al quarto posto di questa particolare classifica sul cui gradino più alto, però, siede San Giovanni in Persiceto (Bologna) in cui è stato recuperato sommerso per 1,2 milioni di euro.
La cittadina emiliana si è dimostrata la più vigile anche nel 2018.
In virtù dei suoi 28mila abitanti, il sommerso recuperato dall’amministrazione locale è di 42.800 euro per mille abitanti, molto meglio di Milano (254 euro per mille abitanti) o Roma (23,5 euro per mille abitanti).
Va detto che, in un piccolo contesto urbano può essere sufficiente scovare un grande evasore per riempire le casse comunali; nelle città più grandi il lavoro di indagine è certamente più impegnativo ma è altrettanto vero che il bacino di evasori è più considerevole.
I comuni del Nord sono più attivi nella lotta all’evasione rispetto a quelli del Centro-Sud; lo dimostrano sia gli importi recuperati sia il numero di comuni che hanno aderito all’iniziativa dello Stato.
I circa 400 comuni che hanno siglato un’intesa con lo Stato hanno scovato un’evasione di 7,75 milioni di euro, una goccia i n un mare di oltre 100 miliardi di sommerso che, come indica l’Istat, corrispondono circa al 12% del Pil nazionale (ovvero, tradotto in cifre più immediate, un euro ogni nove spesi rimane ignoto al fisco).
L’incrocio di dati catastali, dei consumi di energia, delle proprietà, dei beni e delle entrate dichiarate al Fisco possono giovare a quei comuni che intendono contrastare l’evasione e, di conseguenza, all’erario italiano. Startup volenterose attive nell’analisi dei dati e nell’Intelligenza artificiale possono affacciarsi su un mercato che sembra promettente.
Salvarico Malleone
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