La mafia nigeriana si espande e si radica sempre più
L’Italia “per la posizione strategica che riveste nel bacino del Mediterraneo, con la presenza di importanti porti ed aeroporti collegati alle rotte internazionali, è considerata dalla criminalità nigeriana una terra dove poter espandere i propri interessi illegali”.
È quanto emerge dal focus sulla mafia nigeriana in Italia curato dal Servizio analisi criminale della direzione centrale della polizia criminale e pubblicato sul sito del Viminale.
Le prime presenze di immigrati nigeriani risalgono agli anni ’80 e si concentrarono nelle regioni del nord ma negli ultimi tempi la malavita nigeriana si è stabilmente insediata anche nelle regioni del centro sud, in Campania nel casertano e in Sicilia e Sardegna specie nei copoluoghi di regione.
La maggior presenza di cittadini nigeriani in Campania si registra sul litorale domitio, in particolare a Castel Volturno, comune ricompreso nella cosiddetta “Terra dei Fuochi”.
“La coesistenza tra la camorra casertana e la criminalità nigeriana – si legge nel focus – ha registrato, nell’arco del tempo, frequenti episodi di conflittualità spesso degenerati con ferimenti ed omicidi”.
Attualmente, spiegano gli investigatori, l’area in questione, a causa della minore incisività del clan Bidognetti, dovuta all’azione di contrasto delle forze di polizia, ha creato condizioni più favorevoli per la mafia nigeriana che, oltre a gestire il traffico di stupefacenti, è molto attiva nella tratta degli esseri umani finalizzata alla prostituzione.
Tale situazione, difatti, ha evidenziato come i predetti sodalizi abbiano acquisito il controllo di alcune zone del litorale domitio, al pari delle mafie locali, affrancandosi dalla dipendenza e operando liberamente non soltanto nel traffico di droga ma anche nelle estorsioni, nell’immigrazione clandestina, nel traffico degli esseri umani nonché nello sfruttamento della prostituzione.
Recenti investigazioni hanno, inoltre, rilevato come la criminalità nigeriana, oltre ad esercitare la propria forza di intimidazione, sfruttando la condizione di assoggettamento e di omertà, nei confronti dei propri connazionali, ha raggiunto la capacità di minacciare in egual misura anche soggetti autoctoni.
Un altro esempio di “apparente coesistenza” tra espressioni mafiose italiane e nigeriane arriva dalla Sicilia, “dove le storiche famiglie mafiose palermitane tollerano la presenza di gruppi organizzati stranieri che operano nei quartieri di competenza delle stesse: la mafia nigeriana ha ottenuto, in questa area, la propria autonomia per la gestione delle attività illegali come il narcotraffico e lo sfruttamento della prostituzione”.
In Sardegna, soprattutto nella provincia di Cagliari, “cellule criminali nigeriane, di tipo mafioso, sono risultate attive principalmente nel traffico di droga, oltreché nello sfruttamento della prostituzione e nella tratta degli esseri umani”.
E recentemente “è stata confermata l’esistenza di propaggini mafiose delle confraternite nigeriane anche in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna“.
“Uno dei settori di interesse criminale più importanti – si legge nel documento – è quello della tratta degli esseri umani finalizzata allo sfruttamento del lavoro in nero e, soprattutto, della prostituzione, ramo dove l’organizzazione mafiosa gestisce e controlla tutte le fasi, dall’adescamento delle risorse umane in Nigeria fino all’impiego delle medesime nei vari Paesi del mondo.
In particolare, lo sfruttamento della prostituzione viene esercitato ai danni di giovanissime nigeriane che vengono reclutate dalle aree maggiormente depresse della nazione caratterizzate da un’estrema povertà. Proprio in queste zone, la mafia nigeriana opera attraverso cellule che, dietro la falsa promessa di un futuro migliore e di un lavoro all’estero, reclutano le ragazze da avviare alla prostituzione”.
In alcune aree del nostro territorio – per lo più in Campania e nel settore Nord Est – è stato osservato come “lo sfruttamento della prostituzione nigeriana coesista con quello di matrice albanese per la copresenza di entrambe le etnie”. Oltre alla prostituzione, “i canali della tratta sono sfruttati anche per far giungere nel nostro Paese manovalanza a bassissimo costo da destinare al lavoro in nero che per lo più verrà sfruttato, a condizioni disumane, nel settore dell’agricoltura prevalentemente nelle regioni del sud Italia. Ai predetti reati, fanno da corollario la falsificazione e la contraffazione dei documenti, campo di specializzazione dei nigeriani”.
I cittadini nigeriani regolarmente residenti In Italia (117.809) sono il il 2,2% del totale degli stranieri censiti ma l’incidenza della devianza nigeriana sul totale degli stranieri denunciati/arrestati (542.873) nel biennio 2018-2019, risulta pari al 5%.
Sono alcuni dei dati contenuti nel focus sulla mafia nigeriana pubblicato dal Viminale.
I dati relativi all’azione di contrasto svolta dalle forze di polizia nel biennio in esame hanno evidenziato che le segnalazioni riferite ai nigeriani denunciati/arrestati sono in diminuzione.
In particolare, sono stati denunciati 14.005 nel 2018 e 13.083 soggetti nel 2019.
L’esame dei dati dei primi nove mesi del 2020 (con 8.152 segnalazioni), rispetto all’analogo periodo del precedente anno (9.816), conferma il trend in discesa, con una percentuale di denunciati/arrestati in diminuzione pari al 17 %.
Sempre tra il 2018 e il 2019 gli italiani deferiti per associazione mafiosa ex 416 bis sono stati 1.957 nel 2018 e 2.710 nel 2019, con un trend crescente.
Come del resto per gli stranieri denunciati per il medesimo delitto: 132 segnalazioni nel 2018 e 251 nel 2019.
Tra questi i nigeriani hanno manifestato una forte crescita delle segnalazioni per associazione mafiosa (28 nel 2018 e 154 nel 2019).
Le principali etnie con il maggior numero di soggetti denunciati/arrestati per la violazione dell’articolo 416 bis del codice penale risultano appunto i nigeriani, i cinesi (35 segnalazioni nel 2018 e nessuna nel 2019), gli albanesi (23 denunce complessive di cui 2 nel 2018 e 21 nel 2019), i romeni (con 13 segnalazioni totali di cui 7 nel 2018 e 6 nel 2019) ed i marocchini (con 12 denunce di cui 8 nel 2018 e 4 nel 2019).
Anche nei primi nove mesi del 2020 tra le etnie quella nigeriana è risultata al primo posto con 37 segnalazioni rispetto alle 109 del medesimo periodo dell’anno precedente.
Riccardo Dinoves
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