Diminuisce la spesa delle famiglie più al Nord che al Sud
Nel 2020 un milione di persone in più sono entrate nella povertà assoluta secondo l’Istat.
Ora sono 5,6 gli italiani in questa condizione, ovvero il 9,4%.
Le ragioni le conosciamo bene, lo stop quasi completo di alcune attività in settori già fragili e con molti addetti precari e a basso reddito, spesso giovani e donne, spessissimo immigrati, come la ristorazione, il turismo, l’intrattenimento.
Si tratta di lavoratori in nero che rimangono esclusi da tutele come la cassa integrazione o i ristori e per cui rimarrà solo il ricorso al Reddito di Emergenza o di Cittadinanza.
Oppure di quelli che hanno ricevuto in ritardo gli indennizzi dello Stato o gli assegni della CIG, spesso molto magri essendo magre in partenza le entrate del periodo pre-Covid.
E allora non stupisce che una delle conseguenze più visibili di tale emergenza economica sia il calo dei consumi, che per l’Istat è stato importante, del 9,1% in media.
In linea o leggermente superiore a quello del PIL, che dovrebbe essere stato del 8,9%.
Se nel 2019 la spesa media delle famiglie italiane è stata 2.560 euro al mese, nel 2020 questa cifra è scesa a 2.328. Naturalmente non tutti gli acquisti sono stati sacrificati allo stesso modo.
Come era prevedibile ve ne sono stati alcuni molto più rigidi rispetto al reddito, tipicamente quelli alimentari, che anzi sono addirittura aumentati del 0,8%, passando da 464 a 468 euro mensili.
Una crescita che forse si giustifica anche con il maggior tempo passato in casa e la minore frequentazione di ristoranti e bar.
Allo stesso modo si è ridotta solo del 0,3% la spesa per abitazione, acqua, elettricità e varie utenze.
Da 896 euro medie mensili si è passato a 893.
Mentre tutti gli altri consumi sono diminuiti di ben il 19,4%, da 1.200 euro mensili a 967.
Il dato però forse più rilevante è quello relativo alle differenze geografiche.
Forse inaspettatamente è al Nord che la spesa meda delle famiglie è diminuita maggiormente.
È passata da 2.802 euro mensili a 2.522, ovvero del 10%. Mentre è scesa dell’8,9% al Centro e del 7,3% nel Mezzogiorno.
Il divario piuttosto rilevante può avere più spiegazioni.
Al Nord tra lockdown e zone rosse e arancioni vi sono state più chiusure nel corso del 2020, e questo elemento probabilmente ha il suo peso, ma forse conta molto anche il fatto che l’incidenza di consumi più “voluttuari”, legati al turismo o alla ristorazione o all’intrattenimento sia più alta.
Laddove si spende più che altrove per andare a mangiare fuori nel momento in cui non è possibile per le restrizioni o per motivi economici allora anche la riduzione dei consumi sarà maggiore.
Detto in poche parole chi è più povero può permettersi meno di fare meno acquisti, visto che già normalmente spende quasi solo per il necessario.
A frenare però il calo della spesa media delle famiglie nel Mezzogiorno vi è anche l’incremento non lieve degli acquisti alimentari, cresciuti del 2,1%, mentre al Nord vi è stato un decremento del 0,4%.
Sembra quasi che al Sud e nelle Isole la passione per il cibo abbia prodotto una sostituzione di altri consumi con quelli alimentari mentre altrove nonostante i ristoranti e i bar chiusi si sia preferito o risparmiare o spendere in altro, come i servizi digitali.
Ristoranti e bar che appunto sono quelli che più hanno sofferto il calo dei consumi.
Che sono tradizionalmente molto elastici rispetto al reddito e che già normalmente risentono più della media di una crisi economica.
Ma ancora di più in questa occasione, considerando che la riduzione della spesa in tali ambiti è stata dovuta anche alla chiusura fisica per lunghi periodi di tali attività.
Secondo l’Istat la spesa media delle famiglie in questo ambito è diminuita di ben il 39%.
Mentre è scesa del 26,5% quella in spettacoli e cultura, del 24,6% nei trasporti, del 23,5% in abbigliamento e calzature.
Nel 2021 dovrebbe esserci un rimbalzo, soprattutto in quei ambiti che più che la crisi economica hanno risentito delle chiusure, ma tutto dipenderà naturalmente dall’andamento dei contagi e dalla velocità della campagna di vaccinazione.
I dati si riferiscono al 2019 e 2020
Anselmo Faidit
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