Gli italiani non amano vivere nelle metropoli
Il 41,2% della popolazione vive in centri piccoli e medi contro il 31,2% europeo.
L’Italia si conferma anche dalle statistiche ufficiali della popolazione un Paese di città medie e piccole.
Dividendo la popolazione in tre gruppi, ovvero tra quanti abitano nelle grandi città, in centri medi e piccoli e sobborghi delle grandi città, e infine nelle aree rurali, quella italiana risulta composta per il 34,1% da quanti appartengono al primo segmento, un 41,2% al secondo e un 24,5% al terzo.
Per grandi città si intendono quelle unità amministrative in cui più del 50% della popolazione risiede in aree di 1 kmq con una densità abitativa di più di 1.500 abitanti per kmq e che contengano almeno 50 mila abitanti.
Sono, di fatto, delle metropoli, anche se “tascabili” dove si vive per le opportunità lavorative che offre, per la sua multietnicità, per l’apertura verso l’innovazione.
Si parla di città medie e piccole e sobborghi se in una unità amministrativa, di solito un comune, meno del 50% vive in aree con una densità di popolazione inferiore a 1.500 abitanti per kmq ma sono meno del 50% anche quelli che stanno in zone rurali.
Queste ultime sono quelle in cui più di metà dei residenti vive in aree di 1 kmq con meno di 300 abitanti per kmq e meno di 5 mila persone.
La principale differenza tra il nostro Paese è il resto d’Europa è che quanti rientrano nella tipologia mediana di urbanizzazione, composta da sobborghi e centri medi e piccoli sono decisamente di più, il 41,2% contro il 31,2% europeo.
Viceversa sono meno, il 34,3%, quelli che vivono nelle grandi città. Nella UE si arriva al 41,8%.
Del resto l’Italia come la Germania, che non a caso presenta percentuali simili alle nostre, è un Paese multicentrico, senza metropoli delle dimensioni di Parigi e Londra.
Queste monopolizzano infatti la vita economica, politica, culturale di Francia e Regno Unito, e vi abita una quota della popolazione nazionale molto superiore di quella che vive per esempio a Roma o Berlino.
In questi due Paesi infatti la percentuale di quanti stanno nelle grandi città arriva al 47,6% e al 58,6%, e supera il 50% anche in Spagna dove Madrid e Barcellona concentrano una quota di popolazione molto alta.
Oltre alla Germania vi è il Belgio che somiglia come struttura al nostro Paese, con una proporzione di abitanti in città medie e hinterland di ben il 53,7%.
D’altronde le Fiandre sono una rete di centri popolosi ma mai troppo grandi, come accade in larghe parti d’Italia.
La nostra popolazione rurale è invece in linea con quella della UE, il 24,5% del totale vive in aree di campagna e comuni piccoli e poco densamente popolati, una percentuale non troppo lontana dal 27% europeo.
In questo caso a distinguersi sono in particolare i Paesi dell’Est, come Lituania, Romania, Slovenia, Slovacchia, Polonia, dove viene superato il 40%, mentre in Lituania si arriva al 54,3%.
Si tratta di Paesi che stanno subendo sia un calo demografico che una emigrazione che però non si riversa tanto verso la capitale o i centri maggiori dello stesso Paese come avviene altrove, ma soprattutto all’estero, verso l’Europa occidentale.
Di conseguenza le città dell’Est e i loro sobborghi non crescono come avvenuto in Francia, Spagna, Italia, Regno Unito, o a Berlino, dove l’immigrazione extracomunitaria pure ha contribuito, e la proporzione di persone che vivono in campagna, per quanto in declino in valore assoluto, rimane elevata.
È un destino in realtà non molto diverso da quello del nostro Mezzogiorno, dove le città maggiori come Palermo e Napoli hanno perso abitanti, a differenza di Milano, per la tendenza di tanti meridionali a muoversi verso il Nord, non solo nelle metropoli, che del resto scarseggiano, ma anche nelle tante città medie e piccole che costellano il territorio.
Guglielmo d’Agulto
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