Gli Usa hanno 5800 armi nucleari, la Russia 6.375
Scricchiolano i rapporti tra Oriente e Occidente.
Il presidente Usa Joe Biden ha etichettato il suo collega russo Vladimir Putin come “killer”, poi i cinesi al vertice di Anchorage, in Alaska, si sono azzuffati con gli americani con la scusa delle violazioni umane e di altri rancori repressi.
Nelle ultime ore è salita la tensione tra Cina e Unione europea.
Il presidente Xi Jinping ha convocato l’ambasciatore dell’Unione Europea a Pechino, Nicolas Chapuis, per protestare contro l’imposizione di sanzioni “unilaterali” Ue per le violazioni dei diritti umani contro gli uiguri, l’etnia musulmana che vive nella regione dello Xinjiang.
Con l’imposizione di sanzioni incrociate si stanno creando così due blocchi: da una parte l’Ue e gli Stati Uniti, dall’altra Russia e Cina.
Ormai da settimane Usa e Russia, infatti, si stanno attaccando pubblicamente, ma circa un mese fa i due Paesi si sono accordati sul rinnovo del trattato Start.
Che cos’è?
Gli accordi Start (acronimo di Strategic Arms Reduction Treaty) hanno l’obiettivo di limitare o a diminuire gli arsenali di armi di distruzione di massa, come le armi nucleari, sapendo che questi armamenti hanno una potenza tale da far correre un serio pericolo di distruzione del pianeta.
Il trattato è stato firmato nel 1991 tra gli Stati Uniti e l‘Urss e proibiva ai suoi firmatari di produrre più di 6mila testate nucleari e massimo 1.600 missili balistici lanciati da sottomarini e bombardieri.
L’accordo rinnovato il 2 febbraio 2021 limita gli armamenti nucleari strategici fissando un tetto di 1.550 testate e 700 missili e bombardieri dispiegati per ciascuno dei due Stati.
La scadenza del trattato firmato nel 2010 dagli allora presidenti di Usa e Russia, Barack Obama e Dmitry Medvedev, era fissata per il 5 febbraio 2021 e gli accordi sono stati rinnovati fino al 2026.
Secondo le stime di Sirpi (Stockholm International Peace Research Institute) citate in uno studio del Parlamento europeo gli Usa hanno 5.800 armi nucleari e la Russia 6.375.
Le testate dispiegate (quindi, pronte all’uso) sono 1.750 nel primo caso e 1.570 nel secondo.
Gli americani hanno anche 4.050 “altre testate”, quelle non strategiche, e 4.805 i russi.
La gran parte degli armamenti sia americani che russi rientrano tra quelli non strategici, categoria che non viene coinvolta dai trattati.
Già nel 2010, l’amministrazione Obama ha espresso la speranza che queste categorie possano essere incluse nel campo di applicazione di un trattato successivo a New Start, ma non è mai successo.
Anche perché la Russia si è sempre rifiutata di negoziare su questo aspetto.
All’inizio del 2020, nove stati—Usa, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele and Corea del Nord— secondo le stime di Sirpi dispongono di circa 13.400 armi nucleari, di cui 3.720 dispiegate e operative.
Di queste, circa 1.800 erano tenute in stato di elevata “prontezza”.
Complessivamente, comunque, il numero di testate nucleari continua a diminuire, soprattutto grazie alla riduzione degli arsenali di Usa e Russia e al trattato Start.
Allo stesso tempo, sia Usa che Russia hanno in corso programmi estesi e costosi per sostituire e modernizzare le loro testate nucleari, i sistemi di lancio missilistici e aerei, e gli impianti di produzione di armi nucleari.
Vediamo, però, come sono messi gli altri Paesi.
La Cina è nel pieno di un processo di modernizzazione ed espansione del suo arsenale. Si ritiene che anche l’India e il Pakistan stiano aumentando le dimensioni dei rispettivi arsenali.
La Corea del Nord, invece, continua a dare priorità al programma nucleare militare come elemento centrale della sua strategia di sicurezza nazionale anche se nel 2019 ha continuato la sua moratoria dei test delle armi nucleari e dei sistemi di lancio di missili balistici a medio e lungo raggio.
Arnaud Daniels
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