I pagamenti dell’export russo in dollari diminuiti del 50%
Nella Federazione Russa, la quota del dollaro nella struttura dei proventi delle esportazioni, nel quarto trimestre del 2020, è scesa al di sotto del 50%.
A riportarlo è l’agenzia statunitense Bloomberg, con riferimento ai dati della Banca Centrale di Mosca.
Tale risultato è stato influenzato dal commercio con la Cina, più di tre quarti del quale è stato effettuato in euro.
La quota della moneta unica nel volume delle esportazioni è aumentata di oltre dieci punti, raggiungendo il 36%.
Le autorità russe hanno ripetutamente sottolineato che la politica di sanzioni di Washington mina la fiducia nel dollaro e incoraggia Mosca a rinunciare all’acquisto del debito pubblico americano e a far crescere il commercio estero in altre valute.
Secondo la portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, Maria Zakharova, gli Stati Uniti stanno usando il dollaro non solo “contro il diritto internazionale”, ma per “distruggere l’intero sistema delle relazioni internazionali”.
Al contempo, però, Mosca ha sottolineato che la politica di de-dollarizzazione dell’economia russa non implica un divieto di circolazione della moneta americana.
Di fatto, si tratterebbe di creare condizioni economicamente vantaggiose per altre unità monetarie.
Nella medesima direzione va l’iniziativa, adottata dallo scorso 24 febbraio, del Ministero delle Finanze della Federazione Russa, il quale ha aumentato al 20% la quota di valute asiatiche nella struttura monetaria normativa del Fondo di Ricchezza Nazionale (NWF), a discapito di euro e dollaro.
Nello specifico, lo yen giapponese è salito al 5% e lo yuan cinese al 15%.
Al contrario, le quote del dollaro statunitense e dell’euro sono entrambe state ridotte al 35%, dal precedente 45%.
Il valore della sterlina inglese è rimasto invariato al 10%.
A riguardo, il Ministero delle Finanze di Mosca ha spiegato che tali modifiche mirano ad aumentare la redditività e a diversificare i rischi di investimento del Fondo sovrano.
Tale atteggiamento va inquadrato all’interno di un tentativo più ampio da parte della Russia, di ridurre la propria dipendenza dal sistema di pagamento internazionale SWIFT e affrancarsi dal dollaro.
La decisione di Mosca potrebbe essere dettata dall’eventualità di essere colpita da sanzioni statunitensi ancora più severe, le quali porterebbero all’esclusione dal sistema SWIFT.
Pertanto, già lo scorso 5 aprile, il vice ministro degli Esteri della Federazione Russa, Alexander Pankin, ha affermato che Mosca potrebbe sviluppare un’alternativa al sistema SWIFT.
Ciò contribuirà a ridurre la dipendenza dal dollaro e ad aumentare il livello di sicurezza nazionale.
L’emergere di un sostituto a SWIFT, il più grande sistema internazionale per il trasferimento di informazioni e l’effettuazione di pagamenti tra banche, il quale coinvolge oltre 11.000 tra le principali organizzazioni in circa 200 Paesi, non è solo una reazione all’attuale situazione geopolitica, ma anche una risposta alla necessità di modernizzare i metodi di pagamento russi, tenendo conto dei risultati in campo digitale.
Secondo Pankin, i sistemi di pagamento alternativi a SWIFT saranno più avanzati e non rivendicheranno il monopolio nel settore.
Tale ipotesi porterà a una semplificazione dei regolamenti tra nazioni, controparti e banche, oltre a consentire di effettuare operazioni senza l’intermediario SWIFT.
Inoltre, le transazioni nella blockchain sono monitorate da un gran numero di partecipanti a Internet, pertanto le operazioni non possono essere modificate.
Niccolò Rejetti
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