La strisciante invasione cinese in Europa e in Occidente
Finalmente l’Europa si è svegliata e si tutela dagli investimenti cinesi e persino la Germania denuncia che la via della Seta è lo strumento del dominio globale di Pechino.
Una denuncia fu presentata il 20 marzo 2019 dal ricercatore Helena Legarda nel meeting internazionale della Fondazione Farefuturo, organizzato alla Camera il giorno dell’arrivo a Roma del Presidente cinese, mentre gli altri plaudivano agli accordi Italia-Cina sottoscritti dal governo Conte Lega-5 Stelle. Ecco il testo dell’intervento che in quella occasione
“Nel mio intervento cercherò di descrivervi quello che sta facendo la Cina; qual è la strategia cinese per raggiungere il predominio e poi come tutto questo avrà un impatto sull’Europa e cosa riteniamo che l’Europa debba fare. Una questione di grande importanza per la Cina è la tecnologia dual-use.
Obiettivo trasformare tutto in un esercito che possa non solo combattere ma combattere e vincere. Questo è molto importante perché nel 2049 ricorre il centesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese e in quell’anno potrebbe essere proclamata come superpotenza.
L’obiettivo è avere il predominio sugli Stati Uniti, sull’Europa. La Cina sa che dal punto di vista commerciale e militare è in affanno, per cui cercheranno di fare qualcosa di più per superare l’Europa e gli Usa. Entro il 2020 il numero dei dispositivi connessi raggiungeranno tre miliardi per un valore di quattro o cinque miliardi di dollari.
Significa, quindi, aziende, uffici, tutto quello che può essere automatizzato. In cosa l’Europa è stata un po’ lenta. Siamo stati lenti nel capire quali fossero le conseguenze della Via della seta. L’Europa non era un obiettivo della Cina in passato, lo è diventato adesso, quindi noi dobbiamo tener presente questo elemento.
Qual è il vantaggio della Cina? Come ha fatto a muoversi così velocemente? Innanzitutto è il sistema monopartitico in quanto la Cina può utilizzare tutto l’intero Governo per adottare delle decisioni e quindi per cercare soprattutto di colmare il divario con l’Occidente.
Loro utilizzano un sistema molto organizzato che consente di mobilitare il Governo, la società, la popolazione, tutti a sostegno degli obiettivi del partito. Ciò è una cosa che ovviamente l’Europa e gli Stati Uniti non possono fare, perché nessuno Governo in Europa può costringere la società o ricercatori accademici a collaborare col Governo. Possiamo convincerli, possiamo cercare di attirare i loro interessi ma non altro; invece la Cina può farlo.
C’è stato, per esempio, il tentativo da parte degli Stati Uniti, di coinvolgere Google per sviluppare un sistema che utilizzasse l’intelligenza artificiale, ma Google ha rinunciato perché in esso vedeva un potenziale uso militare di questa tecnologia. Quindi in che modo si rinnova la Cina; un aspetto è legato agli incentivi dati all’innovazione.
Loro hanno dei piani top down: parliamo soprattutto di politiche industriali quindi per esempio c’è l’integrazione civile e militare che può incoraggiare le aziende private, naturalmente private tra virgolette, in quanto non esiste un settore privato per come lo intendiamo noi. Il settore privato è coinvolto nella difesa, ma quest’ultima è di proprietà del Governo.
Poi ci sono dei Piani quinquennali con due elementi fondamentali da considerare: il piano industriale cinese dal 2020 al 2025 e la politica Internet +. Se noi consideriamo il piano 2020-2025 ci sono vari settori che riceveranno il sostegno massimo dal Governo cinese: la robotica, l’industria aerospaziale, le comunicazioni, le ferrovie, l’impiantistica in genere. Queste sono alcune delle aree coinvolte e poi naturalmente Internet +.
Parliamo quindi di tutte le parti tecnologiche che diventano strumenti che noi utilizziamo e utilizzeremo. Cos’altro fanno? Intanto cercano di creare delle grandi entità nazionali, fornendo prestiti, finanziamenti, supporti finanziari ad alcune aziende specifiche che operano in questi settori, soprattutto per trasformarle in aziende che diventeranno competitive come Alibaba, Baidu.
Aziende cresciute in Cina, in un mercato protetto e che adesso si stanno diffondendo all’estero. Non è una cosa da ignorare, esiste, è qui. E poi nel 2014 Pechino ha fornito 220 mld di euro per supportare lo sviluppo di alcuni settori strategici. 5 mld di euro per la robotica negli ultimi cinque anni. Molti non conoscono queste cose.
Poi c’è il fatto che ci sono molte barriere all’ingresso, molte barriere che i cinesi impongono per ostacolare l’ingresso degli stranieri. Parliamo di requisiti, censura, oppure cyber security. In sostanza loro hanno impedito alle aziende straniere di entrare in alcuni settori del mercato cinese, settori in cui le aziende cinesi vengono coinvolte in Europa, ma lo stesso non vale al contrario; oppure si può entrare nel mercato cinese facendo delle jointventure con altre aziende cinesi.
Questo comporta la condivisione dei dati e delle informazioni delle aziende. Questo porta ad un altro elemento: l’accesso all’innovazione straniera. Loro acquisiscono talenti. Il governo centrale cerca di portare in Cina talenti stranieri; è vero ci sono i cinesi che hanno frequentato università all’estero ma poi sono stati richiamati in Cina; il piano dei talenti ha l’obiettivo di inviare i propri talenti all’estero, farli studiare e poi tornare; oppure acquisire talenti stranieri.
Poi c’è lo spionaggio industriale che coinvolge molti settori e poi tutto quello che viene fatto nell’ambito degli investimenti e delle acquisizioni, nel senso che ci sono molte aziende cinesi che stanno investendo in Europa per acquisirle e quindi stanno trasferendo tutte le informazioni presenti nelle aziende europee, in Cina.
Ci sono alcune falle nel sistema soprattutto quando parliamo di tecnologie dual-use prettamente militari che non hanno divieti di esportazione verso la Cina. Tutto questo si sta realizzando e le tecnologie UE vengono trasferite in Cina sia legalmente che illegalmente. Molti Paesi purtroppo non hanno un meccanismo di screening nazionale rispetto agli investimenti cinesi perché esiste in realtà un sistema europeo, molto generico.
La Cina molto spesso ha usato la via degli accordi per accedere alla tecnologia europea. L’obiettivo è quello di sostituire il GPS degli Stati Uniti con il BeiDou che dovrebbe entrare a pieno regime il prossimo anno, anche se credo abbiano già raggiunto l’obiettivo, si spostano e vanno avanti velocemente.
Ciò è importante sia dal punto di vista commerciale ma ha anche un enorme interesse militare come per esempio le capacità di country space. Qual è il legame con la UE? La Cina inizialmente è stata coinvolta nel programma Galileo, diventandone nel 2003 un partner del programma contribuendo con 100 mln di euro. Quattro anni dopo l’UE ha impedito alla Cina di parteciparvi ancora. Sono serviti 4 anni per mettere fuori la Cina ma a quel punto questa aveva ottenuto l’accesso a tutte le informazioni di cui aveva bisogno, soprattutto per quanto riguarda il dual-use.
La Cina con quelle informazioni ha comunque potuto sviluppare proprie cose. Anche la collaborazione avviata tra Cina e Regno Unito che si concretizza in 12 programmi di ricerca congiunti. Tutto ciò è stato benefico per il programma spaziale cinese. Così come la tecnologia del Quantum; parliamo di Quantum computing, crittografia ecc. Sono molti aspetti in cui la Cina ha utilizzato il talento europeo per andare a sviluppare le proprie capability.
La Cina ha già utilizzato diversi milioni di euro per la ricerca ed è stato il primo Paese al mondo a lanciare un satellite quantum nel 2016. Molti per esempio non sanno che c’era anche un progetto di collaborazione tra ricercatori cinesi e austriaci, tuttavia poi non sono stati stanziati fondi. Ma i cinesi hanno portato il progetto in Cina ed hanno spedito il satellite quantum che alla base aveva un talento europeo.
Questo è un esempio chiaro degli investimenti e delle acquisizioni da parte dei cinesi per accedere alle tecnologie not-out. Un link, un legame con l’UE è stata l’azienda Midea acquisita da Germany Robotic nel 2016. All’apparenza si tratta di una operazione innocua: un’azienda cinese che fa lavastoviglie e una tedesca che si occupa di robotica. Ma quando valutiamo le applicazioni dual-use notiamo che il loro stare insieme è motivo di preoccupazione. In che modo la Cina ha potuto accedere a tanta innovazione europea senza che l’UE lo notasse e fosse in grado di bloccarla? Non tutto è colpa della Cina, questa sta facendo le cose in maniera legale, mentre gli Stati europei non hanno prestato attenzione e non hanno considerato tutto questo come un problema.
Questo è stato il punto focale. L’UE e gli Stati membri non hanno delle strategie coordinate; è vero che ci sono delle politiche a livello nazionale, ma alcune di queste si sovrappongono, altre si contraddicono; ci sono tecnologie che ricevono attenzione più delle altre, come quella sull’intelligenza artificiale che può sembrare più importante delle altre. Il problema è l’assenza di una strategia unica europea. Nei regolamenti europei sul dual-use si hanno interpretazioni diverse a seconda degli Stati; pertanto spetta a ciascun Governo stabilire quanto e come attuare quanto previsto e porre eventuali controlli. Per converso esistono molti Paesi che non hanno un meccanismo nazionale di controllo. Questo è un problema.
Forse c’è una carenza di volontà politica? Non lo sappiamo, ma ciò sta consentendo alla Cina di fare grandi passi in avanti. Gli Stati Uniti, per esempio, stanno stringendo le maglie; pertanto l’UE diventa un obiettivo più di quanto non lo fosse in passato. Cosa possiamo fare. Ci sono delle raccomandazioni che dobbiamo tener presente; in particolar modo due aspetti di queste. Uno riguarda la promozione dell’innovazione europea, la ricerca dello sviluppo che devono essere nostre e poi soprattutto proteggere quella che è l’industria e la tecnologia europea.
Suggeriamo di avviare un processo di valutazione strategica a livello europeo con l’obiettivo di avere una valutazione comune delle minacce e dei rischi. Inoltre ci sono degli strumenti già sviluppati da un punto di vista militare, in quanto l’Agenzia europea per la difesa ha coinvolto gli Stati membri per definire quali sono le tecnologie chiave che devono rimanere in Europa. A questa si aggiunge il Centro di ricerca della Commissione europea che ha avviato un sistema di monitoraggio e controllo che è un’ottima cosa ma che non trova compiuta applicazione. Stiamo andando verso la direzione giusta, il meccanismo è buono ma va migliorato.
C’è qualche falla nel sistema che va individuata e rimossa come ad esempio il fatto che le raccomandazioni della Commissione europea da questo punto di vista sono opzionali in quanto la decisione finale spetta ai singoli Stati. Pertanto, tutto questo non vuol dire che dobbiamo smettere di collaborare con i ricercatori cinesi; ci sono molte ricerche che possono essere realizzate in maniera congiunta, ma tutti devono trarne vantaggio.
Pertanto se un istituto di ricerca europeo oppure una università avvia una collaborazione con la controparte cinese, dobbiamo sapere: quali informazioni condividiamo, dove vengono tenuti i dati, di chi sono, chi è il proprietario delle componenti del progetto. Chiudo dicendo che l’argomento è molto ampio e per questo va meglio strutturato e studiato”.
Helena Legarda Mercator Institute for China Studies, GB
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