Quando i testi delle leggi non adottano la lingua italiana
Con riferimento al “Decreto legge con disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza” approvato al Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2021, il gruppo Incipit segnala l’inopportunità del termine cybersicurezza, che compare nel titolo e poi (per altre 95 volte) nel testo del Decreto.
Oltre a ribadire quanto sostenuto in un nostro precedente intervento (comunicato n. 11 del 22 novembre 2018: Ciber-, non cyber-, per comporre parole nuove, che si riporta qui sotto), si segnala che il precedente Decreto del Presidente del Consiglio Dei Ministri n. 131, del 30 luglio 2020, n. 131, si intitola “Regolamento in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, ai sensi dell’art. 1, co. 2, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133”.
L’introduzione di un ibrido italo-inglese come cybersicurezza (calcato sull’inglese cyber security) in questo caso, oltre a porre problemi di pronuncia determina anche una incoerenza terminologica che si formerebbe nel corpus legislativo.
Si invitano quindi gli organi legislativi a far uso delle risorse della lingua italiana e a ripristinare al suo posto la locuzione “sicurezza nazionale cibernetica” o a sostituirlo con cibersicurezza.
Si unisce al presente comunicato n. 16 il comunicato n. 11 del 22 novembre 2018
Gruppo Incipit, Comunicato Stampa n. 11
Ciber-, non cyber-, per comporre parole nuove
Sono largamente diffusi i prefissi «cyber» e «ciber» per la formazione di una vasta serie di parole “moderne” legate alla dimensione virtuale, con varie oscillazioni di grafia e anche di pronuncia, perché il prefisso inglese viene pronunciato sovente secondo le norme della lingua di origine; altre oscillazioni, di natura puramente grafica, sono dovute non al prefisso, ma all’uso, talora presente, del trattino, mentre in altri casi si preferisce l’univerbazione:
· cyber-protezione, ciber-protezione, ciber protezione, ciberprotezione, cyberprotezione;
· cyber-rischi, ciber-rischi, ciber rischi, ciberrischi, rischi ciber;
· settore ciber, settore cyber, cyber-settore.
E ancora, si potrebbero citare composti come ciberspazio, ciberterrorismo, ciberbullismo, cibernauta.
La varietà è dunque notevole, e si può pensare a porre vantaggiosamente un freno a tutte queste oscillazioni.
Si tenga conto del fatto che molte di queste parole entrano nella comunicazione sociale istituzionale, perché leggi e regolamenti prevedono interventi sulla Rete e controlli per la sicurezza degli utenti.
Il gruppo Incipit ritiene che in italiano la parola «cibernetica», da cui si può far derivare il prefisso «ciber-» che va pronunciato com’è scritto), indichi la strada preferibile per la formazione di neologismi: non vi è motivo di costruire ibridi linguistici con il prefisso «cyber»; quanto alla grafia, è opportuno privilegiare, quando non vi sono altri inconvenienti, la forma senza trattino, ad es. ciberdifesa, cibersicurezza, ciberprotezione, ciberminacce, ciberspazio e via dicendo.
La soluzione, che spesso è la più lineare, non può comunque essere sempre assunta come vincolante, e va evitata quando produca l’accostamento di due consonanti identiche, come nel caso di ciberrischi.
Del resto anche ciber rischi dà luogo a una sequenza inusuale, per cui, in tal caso, sarà vantaggiosamente conservato il trattino: ciber-rischi.
In questo modo si razionalizza il procedimento di produzione di neologismi e si favorisce la coerenza del sistema (si veda anche la scheda della Consulenza linguistica).
Ricordiamo che il gruppo Incipit si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi ‘incipienti’, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani.
Incipit è costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean–Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa.
la Redazione
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