Dopo la crisi covid anche il fermo pesca per le marinerie
Stop al pesce fresco a tavola per l’avvio del fermo pesca proprio quando il comparto ittico e della pesca registra segnali di ripresa, con l’aumento dei consumi del 15% trainati principalmente dal boom del pesce fresco che cresce del 28,5%, dopo lunghi mesi di lockdown con il blocco della ristorazione.
È quanto afferma Coldiretti Impresa Pesca Puglia, in relazione alla pubblicazione del decreto ministeriale per il fermo pesca 2021 che prevede il fermo obbligatorio e continuativo per le unità da pesca che utilizzano reti a strascico a divergenti, sfogliare rapidi e reti gemelle a divergenti, dal 31 luglio al 29 agosto per i compartimenti da Manfredonia a Bari e dal 6 settembre al 5 ottobre per il resto della Puglia.
Oltre al fermo obbligatorio, le medesime imbarcazioni devono rispettare un ulteriore periodo d’interruzione temporanea obbligatoria dai 18 ai 26 giorni a seconda della grandezza dell’imbarcazione.
Il fermo pesca risponde ad un esigenza ambientale del mare per la ripopolazione della risorsa marina, ma l’allungamento dei giorni di fermo rischia di mettere a repentaglio la redditività delle imprese pesca che dovrebbero poter gestire tutto il periodo di fermo in maniera autonoma, arantendo un abbassamento della pressione di pesca, ma lasciando l’interruzione della pesca alle specifiche esigenze delle imprese.
Tale meccanismo eviterebbe, tra l’altro, che nel periodo estivo di grande richiesta di pescato per i ristoranti arrivino sulle tavole dei pugliesi prodotti di provenienza estera senza che i consumatori ne siano consapevoli.
Con le modalità attuali del fermo pesca si rischia di dare un ulteriore impulso alle importazioni, considerato che già in periodi ordinari provengono dall’estero 8 pesci su 10 che finiscono sulle tavole. l crollo delle attività di trattorie, ristoranti e agriturismi ha avuto un effetto negativo a valanga sulla pesca con le marinerie pugliesi che hanno registrato una perdita di valore di oltre 30 milioni di euro.
Per non cadere in inganni pericolosi per la salute occorre garantire la trasparenza dell’informazione ai consumatori dal mare alla tavola estendendo l’obbligo dell’indicazione di origine anche ai menu dei ristoranti con una vera e propria ”carta del pesce.
Passi in avanti sono stati fatti sull’etichettatura nei banchi di vendita, ma devono ora essere accompagnati anche dall’indicazione della data in cui il prodotto è stato pescato.
E intanto la flotta peschereccia pugliese, ha perso oltre 1/3 delle imprese e 18.000 posti di lavoro, con un contestuale aumento delle importazioni dal 27% al 33%.
Di assoluto rilievo i numeri del settore in Puglia che conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura.
Le aree vocate sono prioritariamente Manfredonia, Molfetta, il sud Barese, il Salento, dove il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi, merluzzi.
Una crisi quella del settore ittico, che si trascina da 30 anni in un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni.
La produzione ittica derivante dall’attività della pesca è da anni in calo e quella dell’acquacoltura resta stabile, non riuscendo a compensare i vuoti di mercato creati dell’attività tradizionale di cattura.
Una rinascita che passa per il mercato e sulla quale Coldiretti sta cercando di impegnarsi a fondo, organizzando iniziative nei Mercati di Campagna Amica di Foggia e Brindisi che hanno come obiettivo la vendita diretta e la tracciabilità del pescato.
Il consiglio è di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa).
Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).
Per quanto riguarda il pesce congelato c’è l’obbligo di indicare la data di congelamento e nel caso di prodotti ittici congelati prima della vendita e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione “decongelato”.
Anselmo Faidit
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