In Italia si lavora solo 31,2 anni, nessuno peggio di noi
La nostra vita lavorativa dura meno degli altri Paesi d’Europa.
Se associamo questo dato ad una durata media della vita, in questo caso biologica, tra le più alte al mondo, scopriamo quanto il nostro sistema pensionistico si basi su un equilibrio molto fragile.
Nel corso del tempo, dobbiamo dirlo, i dati sono migliorati.
Il numero di anni in cui gli italiani lavorano dal 2000 al 2019 è aumentato nettamente, diminuendo solo di pochissimo durante le crisi che abbiamo attraversato, ma tra il 2019 e il 2020 c’è stato un netto calo che ha riportato i numeri indietro di 4 anni.
Ma quali sono i numeri? Eurostat collega il numero complessivo di anni lavorati in un Paese o trascorso ricercandolo, quindi comunque all’interno della forza lavoro, all’ampiezza della popolazione con più di 15 anni.
Risulta che noi italiani lavoriamo mediamente per 31,2 anni.
Si tratta naturalmente di una media e una media tra valori molto diseguali.
Ci sono quelli degli italiani che stanno al lavoro per più di 40-42 anni smettendo solo con la pensione di vecchiaia, quelli di coloro che vanno riescono ad anticiparla per svariati motivi (come opzione donna o regimi privilegiati) e magari sono nella forza lavoro per 35-38 anni, ma sono compresi anche quelli che, per esempio donne, hanno lavorato qualche anno lasciando il posto a un certo punto, e poi i tantissimi che non hanno mai avuto un impiego, alimentando l’amplissima fascia degli inattivi.
Nel complesso questo numero di anni è l’aspettativa della vita lavorativa di un 15enne.
Che nel caso degli italiani ha raggiunto un massimo di 32 anni nel 2019, al culmine di un incremento che ha portato gli anni lavorati a crescere di circa 3,5 in 19 anni.
Un aumento che era stato particolarmente importante per le donne, per cui erano passati da 21,9 a 27,3 anni, a causa soprattutto delle riforme delle pensioni che hanno aumentato il tasso di occupazione femminile.
Mentre per gli uomini il progresso era stato solo di 1,8 anni, da 34,8 a 36,4.
Nel 2020 per la crisi legata alla pandemia di Covid, però, la vita lavorativa media attesa è scesa a 35,7 e 26,4 anni rispettivamente per gli italiani e le italiane, allontanandoci ancora di più alla media europea, che è invece di 38 e 33,2.
Una media che nel caso degli uomini in passato non era stata così distante dai valori italiani, soprattutto per gli uomini.
Nel caso di questi ultimi nel 2004 per esempio era solo di 0,4 anni superiore alla nostra.
Il record per il numero di anni trascorsi nella forza lavoro spetta oggi alla Svezia.
Lo svedese medio vi passa 42 anni, tra quelli effettivamente con un contratto e quelli in disoccupazione, che in quel Paese vuol dire spesso corsi di formazione e reskilling.
È più difficile che una volta perso il lavoro si finisca nell’inattività, come accade in Italia.
Come in mille altre statistiche sono i Paesi del Nord e quelli scandinavi quelli che guidano la classifica anche in questo caso.
Dopo la Svezia vi sono i Paesi Bassi, con 41 anni, la Danimarca con 40, l’Estonia e la Germania con poco più di 39.
I francesi invece rimangono nella forza lavoro mediamente 35,2 anni e gli spagnoli 34,8.
Nessuno fa peggio dell’Italia, Grecia e Croazia con 32,8 anni vengono subito dopo.
I miglioramenti più degni di nota sono stati a Malta, in Ungheria, in Estonia.
Non a caso economie con tassi di crescita più elevati in cui è aumentata l’occupazione, sia maschile che femminile.
Ed è proprio su quest’ultima che il nostro Paese potrà puntare per ridurre il gap con il resto d’Europa.
È stato solo tra le donne che il numero di anni in cui gli italiani (o le italiane in questo caso) stanno al lavoro è cresciuto in passato in modo tale da avvicinarsi alla media Ue.
Ed è tra loro che i margini di recupero appaiono più ampi, considerando che oggi lavora solo la metà delle donne in Italia, una percentuale che si spera non possa che aumentare.
I dati sono del 2000-2020 Fonte: Eurostat
Claudia Treves
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