Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi due ori eccellenti
Una giornata che scuote la storia dello sport italiano, e che rimette, nel nostro straordinario Paese, l’atletica al posto che merita.
Quello di “regina”, scortata, finalmente, da alfieri di livello mondiale.
Le medaglie d’oro di Marcell Jacobs nei 100 metri (9.80, record europeo, migliorato dopo averlo eguagliato in semifinale, 9.84) e Gianmarco Tamberi nell’alto, arrivate nel giro di 15 impensabili minuti di estasi sportiva, diventano il simbolo, perlomeno nel nostro Paese, dell’Olimpiade di Tokyo.
Oro nei 100 metri, come mai accaduto nella storia dei Giochi (e mai anche a livello globale nello sprint breve; sul prolungato, il nome di Pietro Mennea lascia ancora senza respiro).
Oro nel salto in alto, come mai accaduto prima ai Giochi (ma qui al maschile, perché tra le donne ci riuscì l’immensa Sara Simeoni, a Mosca 1980).
Un susseguirsi di emozioni incredibili, con lo stupore che si fonde con la gioia, e segna i ricordi per sempre.
Laddove non era riuscito Pietro, e nemmeno Livio, è arrivato Marcell.
Un italiano sul gradino più alto del podio olimpico, nella gara più breve dell’atletica, sulla distanza sulla quale tutti sognano di cimentarsi.
Un trionfo che arriva meno di dieci minuti dopo quello di Tamberi, e ha la forza di un uragano.
Perché Marcell Lamont Jacobs vince, strapazza gli avversari, e segna ancora il record europeo, 9.80 (+0.1), dopo il 9.84 della semifinale (e dopo il 9.94 della batteria, che era già stato record italiano).
Una serie sontuosa, che ha fatto impazzire l’Italia nell’ora di pranzo di una bollente domenica d’agosto.
Doveva “pizzicare” la partenza, Marcell.
E l’ha fatto, c’è riuscito, uscendo come un missile dai blocchi, e producendo un’accelerazione letteralmente mostruosa, inarrivabile per chiunque.
Fino a fare corsa da lepre, oltre il traguardo, nel paradiso dei corridori.
Un esito leggendario, che fa esplodere il tifo dei (purtroppo pochi) presenti, e scatenando il po-popo-po-po-poo-poo della squadra azzurra, compatta ad applaudire i compagni in questa giornata indimenticabile.
Tamberi salta al collo dell’amico, e i due sembrano dirsi “Ma che abbiamo fatto?”, mentre intorno scoppia la festa italiana.
Del Jacobs oro olimpico resterà l’immagine di una macchina perfetta, lievemente inceppatasi solo nello start della semifinale, ma filata via nel momento decisivo in modo inappellabile.
Una corsa che vale una sentenza.
È l’epilogo più bello, il più atteso e sognato.
Ci sarebbero anche le statistiche, e una fa emozionare: l’Italia vanta adesso due primati europei nello sprint: oltre al 9.84 di Marcell Jacobs nei 100, anche il 19.72 di Pietro Mennea nei 200.
L’oro olimpico che si divide in due parti, e va al collo di Gianmarco Tamberi e Mutaz Barshim, gli amici di una vita in pedana, appaiati a 2,37.
E l’Italia torna a vincere un oro olimpico, il primo in questa specialità, sancendo in maniera definitiva la rinascita di un movimento straordinario, fatto di migliaia di atleti, tecnici e dirigenti volontari, milioni di appassionati, che sono sempre stati lì.
Tamberi oggi li rappresenta tutti, ha il tricolore sul petto, e porta avanti l’orgoglio di un Paese che ama questo sport, ma che aspettava da tanto, troppo tempo, un nuovo Rinascimento.
Eccolo Tamberi, che piange, cinque anni dopo l’infortunio di Montecarlo, e l’appuntamento perso di Rio.
Piangono in tanti con lui, stasera.
Perché l’oro di Gimbo, è l’oro di tutti.
Ma Gimbo seduce ancora una volta l’asticella, in un gioco che è sport ma anche arte, e supera i 2,37 alla prima.
Rivolto alla camera grida: “E’ la mia Olimpiade, la mia!”, ad esaltare il pubblico davanti allo schermo.
Lo score vede tre atleti a 2,37, Barshim e Tamberi, appaiati al comando, Nedasekau (terzo), e tre atleti che hanno ancora due tentativi da spendere (dopo un errore sulla misura): Harrison, Woo e Starc.
Si passa ai 2,39 del record italiano, quelli della serata maledetta di Gimbo a Montecarlo 2016, dove si infortunò – prima di Rio – attaccando i 2,41.
Ma non si salta più. Sbagliano tutti.
E alla fine i due amici Barshim e Tamberi, primi a pari merito, scelgono di fermarsi.
Saranno entrambi sul gradino più alto del podio di Olimpia.
bruno galante
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