L’Europa, il prossimo G20 e la paura della Polexit
Altre nuvole si addensano sul cielo d’Europa, questa volta provengono dall’est, ossia dalla Polonia.
In ognuna delle crisi che l’Unione ha affrontato negli ultimi anni qualcuno ha sempre previsto la fine dell’Europa, entrando anche nei dettagli su quando precisamente sarebbe accaduto.
È successo con la crisi della Grecia, con quella dei migranti e con la Brexit.
L’Europa è sempre sopravvissuta, e ora per quanto riguarda il futuro è importante interrogarsi sul perché l’Europa riesca sempre a sorprendere se stessa: non conosce le forze di cui dispone, ma rispetto a 10 anni fa dispone di strumenti migliori, è meglio attrezzata per far fronte al pericolo.
La prova è avvenuta con la pandemia: se per trovare una soluzione alla crisi greca, a suo tempo, ci sono voluti due anni e mezzo, per arrivare all’intervento concreto di Bruxelles su vaccini e fondi ottenuti con il debito comune sono bastati pochi mesi.
La pandemia è stata una prova importante, vista l’ampiezza della sofferenza e il fatto che si trattava di una crisi concreta, non astratta come quella delle banche e dei mercati o lontana come quella dei rifugiati.
Stavolta, era qualcosa che toccava direttamente ognuno di noi, i nostri cari e i nostri amici.
La richiesta di aiuto è partita innanzitutto dall’Italia, un vero e proprio grido all’inizio della diffusione del virus: abbiamo vissuto il momento amaro della mancanza di solidarietà e della chiusura, ma poi c’è stata la risposta, piuttosto notevole e arrivata molto prima rispetto alle crisi precedenti: da un lato il fondo di rilancio (recovery fund), dall’altro l’acquisto dei vaccini delegato all’Unione europea.
Il grido della gente, lo spazio pubblico che ha conquistato, ha avuto ragione di tutte le resistenze e l’azione politica è seguita. Anche se come tutto al mondo l’Europa è mortale e continuerà sempre ad esserci chi predice la fine dell’Europa, bisogna sempre tenere presenti queste forze invisibili che ci tengono insieme e si mobilitano in caso di pericolo.
Il rischio di una Polexit è reale. C’è un forte sostegno popolare dei polacchi all’appartenenza all’Ue, oltre l’80%.
Il problema è che il governo polacco si muove contro la propria costituzione e in questa ottica va vista la sua battaglia contro il diritto europeo.
Quello sulla Corte di Giustizia è un dibattito marginale rispetto al rischio, molto più grave, che la Polonia diventi uno Stato autocratico.
In pericolo sono la libertà dei giudici e quella dell’informazione, e il governo si muove contro la sua stessa costituzione.
Se si cade nella trappola di discutere, anziché delle azioni di un governo liberticida, del rischio per la sovranità nazionale, allora anche in patria il premier riesce ad avere un sostegno patriottico, conquistando consensi anche grazie ai media che sono tutti dalla sua parte. Polonia e Ungheria rischiano di trasformarsi in autocrazie, in ‘democrazie illiberali’.
I cambiamenti geopolitici ci obbligano a prepararci ad essere autonomi nella nostra difesa contro i pericoli.
È evidente che ci troviamo fra due grandi forze: la Cina da una parte e gli Usa, che non si interessano più a noi, una tendenza cominciata da una decina di anni, e ora si è resa palese con il cosiddetto patto Aukus.
Quanto accade con i due blocchi contrapposti è per l’Europa più grave in questo caso che ai tempi della prima guerra fredda, quando eravamo proprio noi, l’Europa, la posta in gioco fra Usa e Unione Sovietica.
Oggi con gli Usa condividiamo ancora i valori ma non più gli interessi, o per lo meno non tutti. A Joe Biden non interessano i rifugiati afghani e iraniani che arrivano in Europa: non è un suo problema.
Nelle relazioni transaatlantiche si tende a discutere dei valori che ci uniscono, ma molti sono gli interessi che ci dividono.
Ed ecco che per la prima volta il concetto di autonomia strategica viene messo nero su bianco, non più solo dal punto di vista militare ma secondo una prospettiva più ampia. Si pensa alla salute, all’industria, ai semiconduttori.
E su tutti questi punti ne’ la Cina ne’ gli Stati Uniti sono disposti a difendere l’Europa o altri: difendono se stessi.
Non si tratta più di essere a favore di un blocco o dell’altro come durante la prima guerra fredda, ma di difenderci contro i pericoli.
Il prossimo forum del G20 è molto importante per l’Ue. L’Unione vi è rappresentata assieme a tre dei suoi Stati Membri, fra i quali ovviamente l’Italia. La voce europea è forte, pur inserita in un contesto mondiale.
Gli incontri internazionali di questo tipo devono accelerare la riflessione su quello che ci unisce in quanto europei e su come organizzarci nel mondo, a partire dal nostro posto fra Stati Uniti e Cina.
Quando il presidente Mario Draghi riceve in questo fine settimana il presidente Usa Biden e il presidente Xi (che in realtà non sarà presente ma rappresentato dal ministro degli Esteri, ndr), lo fa sicuramente in nome dell’Italia, ma allo stesso tempo in nome dell’Europa.
In questo triangolo Europa-America-Cina si gioca il nostro futuro.
Salvarico Malleone
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