Un «booster» per accelerare l’abbandono dell’italiano?
Circola in una miriade di comunicazioni giornalistiche, ma anche in avvisi e dichiarazioni di autorità sanitarie impegnate nella lotta contro la pandemia da Sars-Cov-19, il termine booster, che certo è nuovo per il largo pubblico italiano.
Nella maggior parte dei casi, se non nella totalità, pare che non si avverta la necessità di renderlo chiaro, spiegandolo o traducendolo.
Booster ha in inglese, in campo medico, un significato tecnico molto preciso, registrato dall’Oxford English Dictionary: si tratta di una dose di vaccino che accresce e rinnova gli effetti di un’inoculazione precedente. In italiano, in questi casi, la letteratura medica usa fin dalla prima metà dello scorso secolo la parola “richiamo”.
Richiamo in senso medico è una metafora di un termine comune, ma del resto anche booster lo è, perché viene dal linguaggio dell’elettrotecnica. Richiamo è inoltre parola conosciuta e familiare al pubblico italiano, anche nell’uso medico, perché molti l’hanno già incontrata proprio in campo vaccinale: per esempio sono comuni da anni i “richiami dell’antitetanica”, e nessuno ha mai contestato questo termine.
La parola booster è stata usata ora in una circolare del ministero della salute del 27.9.21, firmata dal prof. Rezza («Avvio della somministrazione di dosi “booster” nell’ambito della campagna di vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19»; https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2021&codLeg=82953&parte=1%20&serie=null).
Nel testo della circolare, la prima volta che compare, il termine è posto tra virgolette, dopo non più.
Accanto alla prima occorrenza, fa capolino anche il traducente “richiamo”, seppur posto in parentesi nel settimo rigo (e per fortuna ricompare nel modello del Modulo di consenso, anche in questo caso accanto al superfluo booster).
La diffusione indiscriminata e acritica, tramite media, del termine booster da solo, senza l’equivalente italiano, che pure esiste, mostra che ancora una volta si è persa una buona occasione per aiutare gli italiani a capire facilmente quello che viene loro proposto, combattendo meglio, grazie a ciò che è già linguisticamente ben noto, eventuali timori o resistenze.
L’abuso del termine booster rappresenta dunque prima di tutto un errore nella comunicazione sociale.
C’è poi da chiedersi se si intenda così “educare” una volta di più all’abbandono della nostra lingua, o dimostrare che l’italiano non ha parole adatte per le esigenze attuali.
Ma quest’ultimo assunto non risulta vero, perché “richiamo”, per i vaccini, come abbiamo detto, esiste da anni.
Ricordiamo che il gruppo Incipit si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi ‘incipienti’, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani.
Incipit è costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean–Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa.
la Redazione
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