Lo sconosciuto granchio blu
Il mar Mediterraneo, un tempo mare “chiuso” dove si erano costituiti equilibri biologici, è ora uno dei mari del mondo più invaso da specie aliene, per il numero e per la velocità d’invasione.
Queste specie non indigene, quando riescono ad insediarsi e a diffondersi, diventano invasive provocando danni alla biodiversità, al funzionamento degli ecosistemi, alle attività socio-economiche e alla salute umana nelle regioni invase.
Secondo un provvisorio censimento queste specie aliene presenti nel Mediterraneo sarebbero circa duecentoquaranta, il sessantotto per cento delle quali divenute stabile sulle nostre coste, con la perdita della precedente biodiversità e l’istituzione di nuove biodiversità dalle ancora imprevedibili conseguenze.
L’arrivo nei nostri mari di nuove specie marine s’impatta con i cambiamenti climatici, due fenomeni indipendenti tra loro, ma che possono avere una connessione. Inoltre molte delle specie invasive favoriscono l’insorgenza e la diffusione di malattie infettive e costituiscono, così, una minaccia per l’uomo, la flora e la fauna selvatiche.
Diverse le vie attraverso le quali arrivano le specie aliene: introduzione volontaria, involontaria o migrazioni.
Nell’introduzione volontaria sono comprese l’acquacoltura, l’acquariofilia e l’importazione di esche vive, nell’introduzione involontaria il traffico marittimo gli organismi associati all’acquacoltura, le migrazioni attraversando canali artificiali, quali il canale di Suez divenuto parte di rotte internazionali con sempre più grandi navi.
Il traffico marittimo è ora tra le cause principali di introduzione e successiva diffusione di specie aliene nei mari italiani e avviene tramite le acque di zavorra delle navi.
Gli organismi così trasportati, se riescono a sopravvivere, possono riprodursi e diffondersi nel nuovo ambiente. Tra le specie aliene ora venuta alla ribalta vi è anche il granchio blu.
Il granchio blu (Callinectes sapidus Rathbun, 1896) è una specie dell’Atlantico occidentale che si trova tra il Canada meridionale e l’Argentina settentrionale e presente nel Mar Mediterraneo dalla metà del XX secolo, più precisamente nel Mare Adriatico settentrionale (1948), anche se la sua presenza nel Mar Egeo fosse sospettata già nel 1935.
Per tutta la seconda metà del XX secolo la presenza nel Mar Mediterraneo del granchio blu in maggior parte è il risultato di catture episodiche, e considerando che il Callinectes sapidus è una specie euritermica ed eurialina, con elevata fecondità, forte capacità di nuoto e comportamenti aggressivi, dati anche gli impatti negativi sulle attività umane, questa specie è oggi inclusa nella lista delle cento specie marine esotiche invasive nel Mediterraneo.
Le numerose ricerche compiute nei primi due decenni del XXI secolo e considerando soltanto i mari italiani dimostrano ora una grande, se non quasi totale diffusione di questo granchio, rilevato nelle acque abruzzesi nel Mare Adriatico centrale, nella laguna di Acquatina del Mare Adriatico meridionale, nel bacino di Torre Colimena nel Mar Ionio, all’interno della Sacca di Goro nel Mare Adriatico Settentrionale, alla foce dei fiumi Basento e Bradano nei pressi di Metaponto, al confine tra Basilicata e Puglia, del Mar Ionio, vicino al porto di La Spezia nel Mar Ligure, sulla costa orientale della Sicilia e sulle coste della Sardegna.
Ora si può dire che il granchio blu si è insediato lungo tutte le coste italiane.
Dopo una presenza di circa settanta anni e soprattutto per la sua diffusione in tutto il Mediterraneo, il granchio blu è da considerare ancora un alieno, o piuttosto un immigrato che si è adattato al nostro ambiente e soprattutto usarlo in cucina?
Non sembri un’eresia questa possibilità, considerando quanto avvenuto per altri organismi aquatici e tra questi il pesce gatto (Ameiurus melas), originario delle zone occidentali degli Stati Uniti d’America dai Grandi Laghi al Messico settentrionale e introdotto in Italia ed in gran parte dell’Europa nei primi del ‘900, e il gambero della Louisiana (Procambarus clarkii) originario delle aree palustri e fluviali degli Stati Uniti centro-meridionali e del Messico nord-orientale, attualmente considerato il gambero di fiume più diffuso al mondo e in Italia dove è apprezzato per la prelibatezza delle sue carni, le dimensioni che è in grado di raggiungere, la velocità di accrescimento e la prolificità.
Oggi il granchio blu ha una significativa importanza culinaria ed economica negli Stati Uniti, in particolare in Louisiana, North Carolina, Chesapeake Bay, Delaware e New Jersey e nello stato del Maryland è il prodotto della pesca più importante. L’industria ittica e alimentare ha sviluppato ricerche e tecnologie su questo granchio, anche con l’uso di iperpressioni per l’estrazione della polpa presentata in diverse confezioni.
Principalmente negli Stati Uniti e in Messico, dove è il granchio blu è pescato e consumato per la bontà della sua carne, ogni anno sono usate circa sessantamila tonnellate e è cucinato al vapore o bollito, usato come ingrediente con la pasta o in insalate e zuppe, saltato in padella con burro all’aglio e essendo un alimento pregiato ha un costo che arriva ai centocinquanta Euro al chilo.
Anche in Italia nei mercati ittici già si trova il granchio blu e in diverse confezioni è in commercio la sua polpa per un uso in cucina e soprattutto in gastronomia, con ricette innovative o che in gran parte ricalcano quelle già note per i granchi nostrani, ma questo, come un tempo si diceva, è un’altra storia.
Giovanni Ballarini presidente Accademia Nazionale della Cucina
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