Ancora tensioni tra Francia e Regno Unito per i clandestini
Il naufragio di mercoledì 23 novembre avvenuto lungo il canale della Manica ha acceso nuovamente i riflettori lungo la rotta migratoria tra la Francia ed il Regno Unito.
Allo stesso tempo, la tragedia ha accentuato le tensioni politiche tra Parigi e Londra, anche riguardo la gestione dello specchio d’acqua che divide i due Paesi, oramai diventato terra di confine esterno dell’Ue dopo la Brexit.
Per comprendere bene lo scenario della rotta migratoria della Manica occorre volgere lo sguardo al promontorio di Cap Gris-Nez, in Francia.
Da qui al punto più prossimo della Gran Bretagna ci sono appena 30 km, si tratta del corridoio più stretto del canale. A poche miglia dal promontorio si trovano due città portuali francesi parecchio importanti: Calais e Boulogne sur Mer.
La prima ospita uno dei porti commerciali più importanti per gli imbarchi verso il Regno Unito, la seconda ospita la flotta peschereccia più grande della Francia.
Due porti chiave per comprendere le dinamiche della rotta migratoria. Nel 1999 la polizia riportava la presenza di diversi campi sorti autonomamente attorno Calais abitati da immigrati. Si trattava di cittadini africani e asiatici in attesa di un imbarco per il Regno Unito.
Un attraversamento ovviamente illegale. L’ora X per i migranti scattava quando si apriva un varco per imbarcarsi alla volta del porto inglese di Dover.
L’obiettivo era sfruttare falle nei controlli e nella sicurezza per salire in qualche modo a bordo delle navi dirette dall’altra parte della Manica.
Negli anni di accampamenti spontanei tra Calais e Boulogne sur Mer ne sono stati segnalati parecchi. Alcuni di dimensioni modeste che hanno richiesto per lo sgombero impegnative operazioni di polizia.
La ribalta mediatica arriva molti anni dopo. A partire da gennaio del 2015, in una zona alla periferia di Calais un tempo sede di una discarica, le autorità hanno segnalato la presenza di un vero e proprio villaggio fatto di tende e roulotte.
Giorno dopo giorno il campo è cresciuto in dimensioni e per numero di persone accolte. I giornali hanno ribattezzato la zona come “la giungla di Calais”.
Nel momento massimo della sua estensione, a cavallo tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, il campo è arrivato ad avere qualcosa come diecimila migranti al suo interno. Un vero centro abitato da persone di svariate nazionalità.
Nella tendopoli erano presenti soprattutto siriani, iracheni e afghani, a cui si sono aggiunti anche migranti di origine africana già presenti in Francia.
La crisi della giungla di Calais è figlia degli effetti derivanti dallarotta balcanica. In quei mesi oltre mezzo milione di migranti ha attraversato le frontiere della Turchia per accedere in Grecia e risalire lungo la penisola balcanica.
Meta finale era soprattutto la Germania. Ma non sono mancati casi in cui le carovane di migranti hanno deviato il percorso riuscendo, tramite l’aiuto di organizzazioni di trafficanti di esseri umani, ad arrivare in Francia.
Il copione, una volta giunti a Calais, era lo stesso degli anni precedenti. Aspettare il momento giusto per imbarcarsi alla volta del Regno Unito.
La forte pressione migratoria imperante in quel momento ha costretto Londra a blindare i confini e a predisporre importanti controlli sulle navi e lungo tutte le vie di accesso dalla Francia.
Contestualmente le autorità transalpine hanno iniziato a non tollerare più la presenza di un campo in cui le condizioni igienico-sanitarie sono presto diventate pessime. Gradatamente, a partire dall’estate del 2016, si è proceduto allo sgombero.
Una mossa resa possibile dal ridimensionamento della rotta balcanica e dal minor arrivo di migranti nel nord della Francia.
Fino a questo momento la rotta della Manica ha riguardato attraversamenti svolti tramite le navi che solcavano il canale. Molti migranti negli anni si sono nascosti a bordo oppure sono stati imbarcati da tir e camion diretti a Dover.
Dopo la crisi della giungla di Calais, a Londra si è attuata la strategia del pugno di ferro. Sono aumentati i controlli e gli investimenti sulla sicurezza.
Il Regno Unito è riuscito a blindare i porti della Manica con apparecchiature di rilevamento, di videosorveglianza e con una significativa presenza di agenti della Polizia. Superare in modo “classico” il canale per i migranti era diventato impossibile.
Da questo momento in poi la rotta della Manica ha cambiato volto, con modalità di attraversamento simili a quelle del Mediterraneo. I migranti, e i gruppi di trafficanti, hanno iniziato a usare imbarcazioni autonome per raggiungere le coste britanniche.
A partire dal 2017 aumentano le denunce da parte dei pescatori di Boulogne sur Mer relative a furti e danneggiamento dei propri pescherecci.
Se nel 2017 le partenze di imbarcazioni dalla Francia sono state 12, nel 2018 si è avuto il primo exploit. Le Figaro, tra i mesi di novembre e dicembre, ha segnalato almeno 57 tentativi di attraversamento.
La tendenza è cresciuta nel 2019 e nel 2020, per assumere poi i contorni di una vera emergenza nell’anno in corso.
Secondo la Bbc, dal primo gennaio a oggi sono stati almeno 25.000 i migranti salpati dalla Francia.
A dirigersi verso le coste inglesi sono migranti di origine asiatica e africana. Sfruttando le rotte tradizionali dal medio oriente o dal continente africano, chi ha intenzione di procedere verso Londra ha come tappa del viaggio Calais o Boulogne sur Mer.
Sono le organizzazioni di trafficanti a pianificare gli spostamenti tramite tir o camion, fornendo anche documenti falsi.
Una volta nel nord della Francia, vengono usati gommoni o pescherecci rubati in zona. I migranti hanno intenzione di raggiungere il Regno Unito per due specifici elementi: il ricongiungimento con altri familiari oppure per l’uso della lingua inglese.
L’exploit del 2021 ha fatto suscitare diverse tensioni tra Parigi e Londra. I due governi nello scorso mese di luglio hanno stretto un accordo nel quale è previsto il pagamento, da parte di Londra, di 62 milioni di Euro per aiutare le guardie marittime francesi a sorvegliare il canale.
Ma il naufragio di giorno 17 novembre e la continua crescita del numero delle traversate ha aperto ulteriori falle nei rapporti tra i due Paesi.
Salvarico Melleone
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