1.533 euro al mese lo stipendio medio italiano
Qual è lo stipendio medio in Italia? Si deve subito dire che gli italiani che lavorano guadagnano meno di gran parte degli altri cittadini europei.
È il primo dato che spicca dall’analisi dei numeri che Eurostat fornisce sullo stipendio medio netto in Italia e negli altri Paesi.
Se esaminiamo il caso tipico di un dipendente single senza figli questo arriva a 21.462,62 euro dopo avere sottratto le tasse e i contributi.
Si tratta di 1.533 euro al mese con 14 mensilità.
I dati che abbiamo citato sono aggiornati al 2020, l’anno della pandemia. Vi è una riduzione di circa 90 euro rispetto al 2019, evidentemente a causa della crisi economica legata al Covid. La media europea nello stesso anno è di 24.004,90 euro.
Il gap si è allargato nel tempo. Basti pensare che nel 2013, il primo anno di cui si hanno i dati medi europei, la differenza era di 550 euro, molto inferiore a quella attuale di 2.542.
I più ricchi sono i cittadini di tre Paesi che della Ue tra l’altro neanche fanno parte, ovvero gli svizzeri, con 67.658,78 euro all’anno, più del triplo che in Italia, gli islandesi e i norvegesi, che guadagnano più di 40 mila euro netti, come del resto anche i lussemburghesi e gli americani.
Naturalmente c’è da considerare come negli Usa e in Svizzera vi siano spesso spese aggiuntive, come quelle per la sanità privata, ma il divario rimane comunque imponente.
Lo stipendio medio netto dei tedeschi era di 31.830,70 all’anno nel 2020, e non era diminuito rispetto al 2019. Se si confronta con il 2000 emerge come sia cresciuto di ben 12.300 euro, mentre in Italia nello stesso lasso di tempo è aumentato di 6.170.
In Francia il salario medio netto era lo stesso anno di 27.767,99 euro, in Spagna era di poco inferiore a quello italiano, di 21.241,30. I più poveri, almeno tra i popoli dell’Unione Europea, sono i bulgari, che arrivavano nel 2020 appena a 6.385,89 euro.
Sotto i 10 mila erano anche rumeni, lettoni, ungheresi, croati. In questo caso però sono stati più ampi i progressi degli ultimi 10 anni. Nel 2008 in Bulgaria il salario netto era solo di 2.605,88 euro, vuol dire che in 12 anni vi è stato più che un raddoppio.
Al contrario di quanto è avvenuto in Grecia, che costituisce in questo ambito il caso più negativo. Da un livello di 18.567,36 nel 2010, di poco inferiore a quello italiano ed europeo, lo stipendio medio dei lavoratori ellenici è diminuito a 15.762,85 nel 2020.
Qui non c’è stata semplicemente una crescita lenta, come in Italia, o in Portogallo e in Spagna, a causa della crisi dell’euro e poi di quella pandemica, ma proprio un taglio dei salari in seguito alle manovre di austerità che sono state messe in atto dal governo del Paese.
Naturalmente questi numeri, essendo delle medie, nascondono disuguaglianze che perlomeno nel caso dell’Italia possono essere piuttosto ampie. Tra le più rilevanti quelle tra le fasce di età e tra uomini e donne.
È l’Inps a informarci di come cambia lo stipendio medio degli italiani in base a questi fattori.
Il dato che viene fornito nello specifico è quello del reddito lordo del 2019, quindi prima di avere detratto tasse e contributi, ed emergono come i più ricchi siano i lavoratori uomini tra i 55 e i 59 anni che raggiungono i 31.923 euro.
Nel conto sono inclusi gli autonomi, che mediamente dichiarano meno dei dipendenti. I redditi scendono a poco più di 30 mila tra i 60 e i 64 anni e a 22.514 nel caso degli over 65, sempre uomini, tra cui solitamente rimangono in attività soprattutto i lavoratori indipendenti.
I giovani guadagnano meno dei 50enni, 11.456 euro lordi se maschi e 8.063 se femmine tra i 20 e i 24 anni. Tra questi vi sono certamente molti stage, tirocini, e lavori temporanei di poche ore o stagionali. Si sale rispettivamente a 16.968 e 13.414 nel caso dei 25-29enni, e a 21.159 e 15.981 in quello dei 30-34enni.
Si nota come cresce il gap tra i generi, che diventa in questo caso di più di 5mila euro e aumenta fino a 7.400 nella fascia più “ricca”, quella dei 55-59enni.
Conta in questo differenziale la maggiore percentuale di lavoratori che sono occupati part time tra le donne, oltre che alla più decisa presenza femminile in alcuni settori che hanno strutturalmente salari inferiori.
È interessante vedere quali sono le categorie nelle quali i salari sono cresciuti di più negli anni.
Prendendo come punto di riferimento il 2015 è evidente come, considerando i comparti in cui si contano molti dipendenti (in questo caso non sono contati gli autonomi), siano stati i lavoratori del settore finanziario e assicurativo quelli che hanno potuto incrementare di più le entrate nel periodo tra quell’anno e il primo trimestre 2021.
L’aumento è stato del 7,5%. Più rilevante sarebbe quello del settore dell’estrazione di cave e minerali, in cui l’incremento è stato del 12,1%, e ancora di quello delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento, ma si tratta di nicchie di mercato in cui sono inclusi pochi addetti.
In discreto aumento in questi 5 anni o poco più gli stipendi medi dei lavoratori della sanità e dell’istruzione. Gran parte di loro d’altronde sono nel settore pubblico, che ha seguito dinamiche diverse da quelle di mercato.
Tra gli altri fattori che fanno la differenza nella determinazione dello stipendio medio, oltre al comparto, all’età e al genere vi è naturalmente anche il tipo di contratto, uno pubblico genera salari e redditi decisamente maggiori.
Secondo l’Inps quello dei dipendenti statali arriva a 33.500 lordi annui, quello dei dipendenti privati a 23 mila. In mezzo vi sono i parasubordinati, come i co.co.co, che arrivano a 28.700, ma sono relativamente pochi, meno di un milione, contro i quasi 3,5 milioni di lavoratori del settore pubblico e i più di 15 milioni di quello privato.
In fondo, con poco più di 7 mila euro all’anno, vi sono gli operai agricoli e i lavoratori domestici, tra i quali del resto sia la stagionalità che il lavoro nero hanno il loro peso.
Un dettaglio importantissimo per comprendere fino in fondo i dati riguarda il salario minimo orario, cioè la retribuzione sotto la quale la retribuzione è illegale. Esiste, è vero, in tutti gli Stati europei, ma con una distinzione fondamentale.
In molti, anzi, moltissimi, il salario minimo è universale, cioè fissato per legge per tutti i lavoratori. In altri è settoriale, cioè vale solo per coloro che sono “coperti” da un contratto di lavoro. L’Italia fa parte di questo secondo gruppo di Paesi perché non c’è mai stata una legge che imponesse il salario minimo universale.
Questo potrebbe essere uno dei motivi per i quali i salari medi italiani sono più bassi di quelli degli altri Paesi.
I dati si riferiscono al 2019-2021 Fonte: Istat, Inps, Eurostat
Riccardo Dinoves
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