La Cina all’assalto dei porti europei e del Mediterraneo
La Cina attracca in Europa. Per realizzare il progetto Maritime Silk Road Initiative, che consiste nella costruzione di una via di comunicazione commerciale tra Oriente e Occidente, Pechino ha assoluto bisogno di avere punti di attracco nel Vecchio Continente per i suoi container.
E’ per questo che la Cina punta a comprare i principali porti europei.
In grafico in alto mostra in modo plastico quanto sia alto l’interesse di Pechino per gli attracchi europei.
Per comprare (o per gestire) 10 scali commerciali sia marittimi che ferroviari sono stati investiti complessivamente 5,6 miliardi di euro.
Ad aprire il portafoglio sono soprattutto due società: la Cosco (China Ocean Shipping Company), società statale che da più di 10 anni ha avviato una vera e propria campagna acquisti dei porti di mezzo mondo, e la China Merchants Group International che gestisce 15 terminal in otto diverse nazioni europee.
Nel complesso questi porti gestiscono il 10% del traffico di container tra l’Europa e la Cina, naturalmente una delle rotte più affollate al mondo.
Si va dal Pireo, in Grecia, a Bilbao e Valencia in Spagna, da Le Havre, Dunkerque, Nantes sulla costa atlantica francese a Marsiglia, sul Mediterraneo, da Anversa e Bruges, nelle Fiandre belghe, a Rotterdam.
Vediamo come hanno agito gli investitori cinesi.
La Cina punta ad allargare le proprie vie di commercio unendo la linea ferroviaria euroasiatica con i principali porti europei in modo da rendere operativa la Silk Road Economic Belt (Sreb).
Il primo porto nel quale ha investito è stato quello di Anversa, in Belgio, nel 2004: Cosco ha pagato il 25% ben 133,9 milioni di euro.
Ma le mire cinesi non si limitano all’acquisto di porti: si estendonoall’acquisizione di società che gestiscono la navigazione commerciale.
È il caso della CMA CGM Group di Marsiglia della quale sempre la Cosco ha comprato il 49% delle azioni con un investimento di 400 milioni di euro (il secondo investimento più oneroso).
Caso simile per il 51% della Noatum Port, società che gestisce la rete commerciale interna della Spagna tramite scali portuali e ferroviari.
Tra i terminal ci sono i porti di Bilbao e Valencia, e gli scali di Madrid e Saragozza, ottenuti grazie ad un investimento di 203 milioni nel 2017.
Ma l’investimento più importante risale al 2008 quando è stata rilevata la gestione del porto del Pireo per 35 anni in cambio di 4,3 miliardi di euro.
Poi, nel 2016, la Cosco ha rilevato il 51% delle quote di quello stesso porto con un accordo per l’acquisto di un ulteriore 16% entro il 2021 quando l’investimento sarà arrivato a quota 368,5 milioni di euro che, ovviamente, si aggiungono ai precedenti 4,3 miliardi.
E poi c’è l’Italia: da noi la Cosco, nel 2016, ha comprato il 40% del porto di Vado Ligure per 53 milioni di euro.
In particolare l’operazione coinvolge, oltre a Cosco, la Qingdao port internationl Development di Hong Kong che ha acquistato un altro 9,9% del nuovo terminal container il cui 50,1% è della danese Apm Terminals-Maersk.
L’idea di Pechino per il nostro Paese è quello di creare la cosiddetta “Alleanza dei Cinque Porti” che coinvolga Venezia, Trieste, Ravenna, il porto sloveno di Capodistria e quello croato di Fiume.
Quindi la la Cina compra i porti europei perché il suo progetto a lungo termine, gestito in partnership con la Northern Adriatic Port Association, prevede la creazione di una via commerciale che congiunga i mercati orientali con le nazioni del centro Europa, tra le principali acquirenti di prodotti made in China.
La rotta che coinvolge i porti adriatici italiani arriva nel Mediterraneo passando per il Canale di Suez proseguendo verso i paesi mitteleuropei attraverso la line ferroviaria del San Gottardo.
Come si può immaginare la quantità di investimenti cinesi in Europa è gigantesca: ecco dove si concentrano gli investimenti, miliardo per miliardo. Porti a parte.
Ma Pechino non intende fermarsi qui, almeno per quanto riguarda l’Italia.
Nei mesi scorsi, a Gioia Tauro, sono stati messi al lavoro 6 tra le gru più grandi del mondo che possono trattare 22mila tonnellate di merci.
Una delle prede più importanti della Cina è, però il porto di Taranto. Nell’alveo degli accordi collegati alla Nuova Via della Seta, stretti nel 2019, i 220mila metri quadri dell’area ex Belleli, una delle più ampie dello scalo pugliese, sono stati concessi a Ferretti Group, che vi ha investito ben 100 milioni.
La multinazionale leader nel settore degli yacht di lusso è tuttavia solo nominalmente italiana, visto che l’86,8% delle sue quote sono proprietà del gruppo cinese Weichai Power, che tra l’altro è di proprietà statale.
Le preoccupazioni dei servizi di sicurezza italiani nonché degli alleati americani relativamente al porto di Taranto sono stati incrementati ulteriormente alla notizia dell’affidamento di un’altra area, il terminal contenitori a una società turca, la Yilport Holding.
Il motivo è che tale gruppo secondo un’informativa dell’Aise e quanto riportato anche da diversi media avrebbe stretto una collaborazione con Cosco, il colosso cinese già responsabile dello scalo di Vado Ligure. La Yilport ha poi però negato ogni collegamento o partnership.
La Cina continua a comprare i porti europei anche in questa nuova fase economica perché dopo il blocco dei commerci del 2020 la successiva ripresa ha provocato un incremento dei prezzi dei noli molto importante.
Si tratta della crisi della supply chain ancora in corso, che consiste in un ingorgo degli scali asiatici, che l’anno scorso avevano diminuito le proprie capacità, e che ora non riescono a soddisfare la domanda mondiale, rimbalzata in breve tempo.
In questo contesto diventano ancora più strategici anche i porti italiani e più in generale del Mediterraneo. Palermo è proprio al centro di questo mare, e per tale motivo anche il suo scalo marittimo pare essere nel mirino di Pechino.
Secondo quanto riportato dai giornali locali nello specifico è tra le possibili prede della solita Cosco e della già citata China Merchants Port, controllata dal Ministero dei Trasporti cinese.
Le due società avrebbero fatto un’offerta per la gestione di parte del porto palermitano del valore di 5 miliardi di euro. Incluso nel progetto vi sarebbe la realizzazione di una grande piattaforma per il trasporto di container.
Tale infrastruttura potrebbe contribuire a espandere moltissimo la capacità dello scalo, portandola da 10mila Teu (misura standard della lunghezza dei container) addirittura a 16 milioni, maggiore di quella di Rotterdam.
Per ora l’Autorità di Sistema portuale del mare di Sicilia occidentale, responsabile del porto, smentisce. Non è dato sapere, però, se tale smentita sia motivata dal fatto che le trattative sono ancora in corso o se effettivamente si tratta solo di speculazioni.
Fatto sta che l’attenzione sulla Sicilia è altissima. Ctrip, la più grande agenzia di viaggi online della Cina, aveva annunciato prima della pandemia una partnership strategia con la Regione, ma certo un accordo sul porto di Palermo rappresenterebbe un salto di qualità portando il colosso asiatico al centro del Mediterraneo, in un’area che ricopre un’importanza geopolitica crescente dopo la fine della Guerra Fredda.
Fonte: EPRS European Parliamentary Research Service I dati si riferiscono al: 2018-2021
Anselmo Faidit
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