Troppe leggi scritte troppo male, il dazio della burocrazia
A lamentarsene questa volta sono i parlamentari del M5S, improvvisamente diventati – inevitabile, frequentando il Palazzo – molto attenti alle forme (che diventano sostanza).
La nuova norma che corregge e aggiorna l’erogazione del Reddito di cittadinanza, contenuta nella legge di Bilancio, sarebbe zeppa di errori.
Contraddizioni, incongruenze che potrebbero essere frutto di sciatteria o – per chi ama la dietrologia – di capziosa malagrazia, finalizzata a rendere più difficile l’assegnazione della prestazione.
L’anonimo capo di Gabinetto che si considera l’autore di un libro che ha fatto parlare di sé (“Io sono il potere”) aveva già suggerito che molte leggi economiche che funzionano male sono state scritte con l’obiettivo di “non spendere, o spendere meno soldi che era necessario promettere anche se in realtà non si possono erogare perché non ci sono”.
Insomma, si scrivono male le leggi per incompetenza o per interesse di cassa? Di certo le norme continuano a essere dettate con imprecisioni ed errori marchiani. L’ultimo caso lamentato a proposito del Reddito di cittadinanza si inserisce in una sequenza interminabile di aneddoti.
Nel 2016 la prima versione del nuovo Codice degli Appalti conteneva 181 errori: imprecisioni, sviste e incongruenze di alcuni funzionari sciatti (e anonimi) avevano stravolto una norma fondamentale, almeno nelle intenzioni.
La stesura emendata, in verità – secondo molti – ha finito per non essere molto migliore: ma in questo caso pesa la finalità pregiudiziale di voler proporsi di bloccare sempre tutto o quasi.
L’ultima relazione della Corte dei Conti (poche settimane fa) sul processo di ricostruzione dopo il terremoto del 2016 ha decretato l’esistenza di norme affastellate una sull’altra, “quasi fossero frasi di un rebus e non indicazioni decisive” (ha commentato qualcuno).
L’esito è che dopo cinque anni, i territori del Centro Italia feriti dal sisma sono ancora in attesa di interventi riparatori efficaci.
Cinque anni di lungaggini che hanno determinato una voragine tra la fase operativa dell’emergenza e l’avvio del processo di ricostruzione.
Cinque anni abbondanti, che tanto hanno pesato sulla rinascita di quelle aree interne già interessate da un progressivo spopolamento, una fuga quasi inarrestabile.
La cattiva produzione normativa finisce poi per diventare modello di incomprensibilità, se – nel 2017 – l’allora ministra della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, per convocare gli esami di maturità ritenne necessario redigere un atto con ben 59 premesse, quelle che iniziano per “visto” o “vista”, che servono per richiamare norme che si ritengono indispensabili per assicurare validità all’atto amministrativo.
La sua ordinanza per convocare gli esami di maturità era composta da 49 pagine per un totale di 23.285 parole.
Quasi due volte e mezzo il Manifesto del Partito comunista di Engels e Marx, per citare un testo che dovrebbe essere stato alla base della formazione culturale e politica della ministra.
Cattiva scrittura, piacere perverso per le citazioni inutili e ridondanti, che finiscono per produrre una legislazione impraticabile, se non per i sacerdoti del diritto amministrativo.
Una cortina di fumo che rende la retorica della trasparenza amministrativa un esercizio di nuovo barocchismo normativo.
Un po’ come l’attività – pregevole negli intendimenti, ma di scarso effetto reale – prevista dal Comitato per la Legislazione.
Un organismo della Camera dei Deputati (dieci membri, cinque alla maggioranza e cinque all’opposizione, con presidenza alternata ogni sei mesi) che deve essere interpellato dalle commissioni competenti su tutti i disegni di legge contenenti norme di delegazione legislativa o di delegificazione, cioè la pratica di riformare con fonti secondarie del diritto (come i regolamenti) materie non coperte da riserva assoluta di legge.
Le valutazioni espresse dal Comitato riguardano la qualità complessiva dei progetti di legge, in relazione all’efficacia del testo per la semplificazione e il riordino della legislazione vigente, la chiarezza delle formule utilizzate, l’omogeneità e i limiti di contenuto (quest’ultima voce solo per i decreti legge).
Le raccomandazioni invece fanno riferimento al corretto utilizzo degli strumenti legislativi.
Nell’attuale legislatura, ad esempio – secondo quanto ricorda Openpolis – quest’organo si è riunito 60 volte ed ha espresso complessivamente 84 pareri (i dati riguardano l’attività svolta dal 5 luglio 2018 al 7 gennaio 2021).
Allargando lo sguardo alle legislature precedenti invece possiamo osservare come tra il 2008 e il 2013 il comitato si sia riunito 149 volte esprimendo complessivamente 184 pareri.
Nella XVII legislatura (2013 – 2018) invece le sedute sono state 137 e i pareri espressi 175. Gran lavoro.
Con esiti modesti, se ancora nei testi di legge il fenomeno dei gatti randagi diventa “vagantismo felino” o le biciclette diventano “velocipedi con due o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare”, dotate di “superficie di rotolamento della ruota” che “deve essere cilindrica senza spigoli, sporgenze o discontinuità”: fermo divieto per le ruote quadrate.
L’”antilingua“ di Italo Calvino ha trovato il suo luogo ideale di espressione nella legislazione italiana? Non è un motivo di conforto.
la Redazione
Commenti
Troppe leggi scritte troppo male, il dazio della burocrazia — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>