Il tesoro del gas nell’Adriatico ricchezza non sfruttata
C’è un tesoro di 50 miliardi di metri cubi di gas nell’Adriatico e potrebbe essere la strada per fermare l’emergenza bollette che rischia di far saltare la ripresa.
O almeno per tamponare parte dell’emergenza.
Lo sostiene da tempo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, ricercatore e docente alla facoltà di ingegneria dell’Alma Mater a Bologna.
E il governo Draghi, pare, si stia accingendo a intraprendere questa direzione.
Il gas naturale come il metano, in alternativa al carbone, sarebbe la soluzione ‘ponte’ in attesa di uno sviluppo strutturale delle fonti rinnovabili e della fine delle tensioni internazionali.
E di gas naturale ne abbiamo a volontà sotto il Mare Adriatico, ma resta il nodo da sciogliere il cruciale nodo ambientale e al momento sono bloccate nuove trivellazioni.
Ed è su questo punto critico che il governo potrebbe intervenire per sbloccare la crisi energetica che rischia di travolgere imprese e famiglie.
La produzione di gas metano in Italia dal 1950 al 2021 è stata di 798 miliardi di metri cubi. Il picco di nostra produzione si registra nel 1994 con 21 miliardi l’anno. Nel 2021 siamo precipitati a 3,3 miliardi di metri cubi.
È la soglia minima dal 1954. Per arrivare al fabbisogno necessario dobbiamo ricorrere alle importazioni.
La nostra produzione potrebbe essere di 13 miliardi di metri cubi l’anno in più.
Il prezzo del metano oggi sul mercato è di 0,8 centesimi, cioè 4 volte la media del 2020.
Significa che lasciamo sottoterra 8 miliardi.
Ci sono giacimenti a Piacenza, in Basilicata, in Sicilia.
L’Alto Adriatico detiene depositi naturali immensi di metano e consente facili estrazioni.
Noi siamo fermi e la Croazia trivella di fronte alle nostre coste.
È come se avessimo un bicchiere con due cannucce, ma si succhia solo da una di esse. Un paradosso.
Giustamente nessuno vuole più il carbone, ma pensare che le fonti rinnovabili arrivino a breve a coprire l’intera esigenza dell’Italia è una follia.
Chiudere i pozzi è sbagliato. Intanto bisogna utilizzare di più il gas poi si vedrà.
La prossima settimana il governo annuncerà probabilmente che uno degli interventi in campo per dare una risposta alla crisi dei prezzi energetici è autorizzare una maggiore estrazione di gas naturale.
“La priorità è assicurare una crescita equa e sostenibile, ed è fondamentale che la crescita non sia strozzata dal caro energia”, ha dichiarato nelle ultime ore Mario Draghi in conferenza stampa, spiegando che oltre al sostegno economico il provvedimento su cui il governo lavora conterrà misure di carattere strutturale, “con il potenziamento delle rinnovabili e della produzione di energia”, e misure “per assicurare la fornitura all’industria a un prezzo calmierato”.
Proprio per preservare la competitività dell’industria, in particolare quella energivora, che il tesoretto di gas conservato al largo delle coste italiane si rivela prezioso: raddoppiare la produzione, che è il piano di Draghi, significa arrivare a estrarre circa 7 miliardi di metri cubi di gas, un volume limitato rispetto ai consumi nazionali (circa 70 miliardi all’anno) che va utilizzato in maniera chirurgica laddove gli effetti del caro energia mettono più a rischio la crescita.
Le bollette triplicate hanno spinto Confindustria a un forte attivismo, alcuni settori energivori – dalla ceramica alla siderurgia – sono a rischio chiusura o delocalizzazione ed è una emorragia industriale che il paese non può permettersi.
Anche a costo di sfidare i tabù dell’ambientalismo.
Tra le forze politiche c’è un inedito clima favorevole e le reazioni del dibattito pubblico potrebbero essere ammorbidite dall’urgenza di dare una risposta al caro bollette.
In questo quadro, i produttori di gas che fino all’altro ieri erano dei quasi nemici, sono diventati oggi degli imprescindibili alleati.
E così, per avviare le attività necessarie, al Mef si ragiona già sui luoghi, sui volumi, sulle autorizzazioni e sugli aspetti finanziari.
Con un paletto, che almeno per il momento resta in piedi: non ci saranno accordi industriali diretti tra energivori e produttori, ma lo stato avrà un ruolo di mediatore anche sugli aspetti finanziari che regolano la cessione a prezzi calmierati.
Una possibilità è che lo Stato si vincoli a fornire le autorizzazioni in tempi più rapidi di quelli consueti almeno per alcuni pozzi aggiuntivi nei giacimenti già in produzione, quelli che possono iniziare prima di altri a immettere gas nella rete, ma non è detto che basti a rassicurare l’industria dell’upstream rispetto agli investimenti richiesti.
Secondo le ricostruzioni di Staffetta Quotidiana, 1,5 / 2 miliardi di metri cubi possono essere recuperati da attività di perforazione di pozzi aggiuntivi (infilling) e, in parte minore, da attività di manutenzione straordinaria dei pozzi esistenti (workover).
Il primo passo è proprio quello di estrarre di più dai giacimenti già in produzione, che potrebbero fornire parte del raddoppio auspicato dal governo.
Il secondo passo è valutare l’avvio di nuovi progetti.
Le concessioni di coltivazione non ancora in produzione sono quelle più rapide da avviare.
E tra i progetti più importanti c’è quello di Argo e Cassiopea di Eni e Energean, che può portare oltre 1,6 miliardi di metri cubi all’anno. Ma si trova al largo dell’offshore siciliano, dove secondo il Pitesai ci sono alcune aree non idonee.
C’è poi un’altra zona al largo delle nostre coste che si è rivelata la più promettente nel corso delle esplorazioni condotte in passato, è l’Alto Adriatico che bagna le coste venete ma lì dal 2008 vige il divieto di esplorazione.
I prossimi giorni saranno decisivi per trovare una soluzione convincente per l’industria in difficoltà ma anche per i produttori di gas”.
Gestire la difficile fase dell’emergenza e guardare avanti, ai prossimi inverni, per non arrivare di nuovo a mettere in crisi famiglie ed economia.
Si muove dunque lungo queste due direttrici il nuovo intervento per arginare il caro-energia a cui il Governo sta lavorando e che metterà in campo la prossima settimana.
Il premier Mario Draghi lo ha spiegato chiaramente: i 9 miliardi e mezzo di euro stanziati negli ultimi trimestri “sono imponenti ma non sono sufficienti”, e quindi occorre un nuovo aiuto a famiglie e imprese perché “la priorità è una crescita sostenuta” ed “è fondamentale che non sia strozzata dal caro energia”.
Dopo il sostegno inserito in legge di bilancio e quello del primo decreto bollette, che hanno contribuito con 5,5 miliardi di euro a coprire i maxi-costi dell’energia per il primo trimestre, arriva ora un nuovo intervento che dovrebbe rientrare nello stesso ordine di grandezza.
Si proverà a tirare fuori anche qualcosa di più, ma sempre nei limiti del bilancio, perché uno scostamento dal deficit programmato continua ad essere escluso.
Diverse le strade per arrivare all’obiettivo di alleggerire i costi per tutti.
Per quanto riguarda le famiglie si studiano nuovi sostegni, possibilmente allargando la platea di chi ha beneficiato dei bonus sociali che hanno azzerato i rincari nel primo trimestre.
Potrebbe quindi alzarsi il tetto Isee per accedere alle agevolazioni.
Un altro intervento allo studio è quello sull’offerta di energia: l’idea è di potenziare la produzione, aumentando la capacità estrattiva di GAS nazionale.
E per andare incontro alle imprese, ci sarà quella che Draghi ha chiamato “fornitura a prezzo calmierato e certo”, che potrebbe essere anche una delle soluzioni strutturali: le imprese in difficoltà, soprattutto quelle energivore, avrebbero accesso ad uno stock di energia a tariffe fisse e controllate, proprio grazie all’aumento delle riserve nazionali.
Il ministro dell’Economia Daniele Franco non nasconde che la situazione è complessa e delicata.
E che “data la dimensione dell’aumento dei prezzi dell’energia”, gli interventi realizzati finora “non possono annullare l’impatto su famiglie e imprese”.
Per questo il Governo si sta impegnando per “smussare l’impatto cercando di evitare che le famiglie, soprattutto con redditi più bassi, perdano potere d’acquisto”, e che le imprese “non perdano competitività” rispetto alle aziende straniere.
Anche Franco sottolinea che l’obiettivo è non solo “gestire la situazione attuale, che è difficilissima per molte nostre imprese”, ma bisogna “pensare anche al futuro, a interventi che riducano il rischio che queste situazioni si ripetano negli inverni prossimi”.
Salvarico Malleone
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