La vittoria boomerang di Putin in Ucraina
Il modo più sicuro per far fallire le mire espansionistiche di Vladimir Putin (e risparmiare preziose vite umane) è lasciargli vincere la sua guerra in Ucraina.
Il modo più sicuro di trascinare l’Europa in un’avventura senza ritorno è alimentare le speranze di una vittoria militare della resistenza ucraina attraverso un’escalation di partecipazione di paesi Ue al conflitto.
Il massimo che Mosca può ottenere da questa guerra è l’occupazione di frazioni del territorio ucraino e l’insediamento di un governo fantoccio a Kiev.
Dopodiché si ritroverà a dissanguarsi per pagare i costi di un’occupazione altamente impopolare presso la popolazione locale e per tenere in piedi un governo centrale odiato dalla maggioranza della popolazione e isolato internazionalmente.
Il tutto potendo contare su risorse sempre più risicate a causa del boicottaggio commerciale e finanziario della Russia da parte dei paesi occidentali: Mosca e Kiev saranno isolate per anni dai flussi finanziari e commerciali di una metà del mondo.
Putin dovrà, come già sta facendo, aumentare la repressione interna contro i dissidenti e contro i media non allineati; perderà popolarità fra i ceti popolari e fra le élites benestanti a causa delle perdite umane presso le forze armate russe e dell’impoverimento generale dovuto alle sanzioni.
In cambio di una sanguinosa vittoria tattica, Putin ha deciso di perdere sul piano strategico. Conseguenze già in atto della sua iniziativa militare sono il rafforzamento della coesione e della popolarità della Nato, che potrebbe presto avere nuovi membri (per la prima volta da sempre la maggioranza dei finlandesi nei sondaggi risulta favorevole all’adesione del suo paese alla Nato) e la storica decisione tedesca di aumentare sensibilmente la propria spesa militare.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, socialdemocratico a capo di una maggioranza che comprende gli ultrapacifisti Verdi, ha annunciato la creazione di un fondo di riserva per spese militari del valore di 100 miliardi di euro.
Il rafforzamento della Nato e il risorto militarismo tedesco non sono l’unico caso di eterogenesi dei fini delle politiche putiniane.
Il presidente russo voleva assestare un colpo decisivo al nazionalismo ucraino e all’idea di un’identità ucraina fortemente distinta da quella russa, ma sta dando al nazionalismo ucraino quello di cui ogni nazionalismo ha bisogno per prosperare: martiri, sentimento di un’ingiustizia storica subìta, un’occasione per mostrare nei fatti che per i propri valori si è disposti anche a morire perché sono quelli che danno senso alla vita.
Ha mosso le forze armate per ridare consistenza politica e strutturale all’intima parentela fra i popoli russo e ucraino, insidiata dalle sirene dell’europeismo e dell’espansione della Nato, e come risultato ha trasformato una fraternità problematica come quella fra il figliuol prodigo e il fratello maggiore in una fraternità tragica come quella fra Caino e Abele, o quella fra Romolo e Remo.
Ha invocato la necessità di disarmare l’anti-Russia che si stava creando, e per farlo ha causato la morte o le sofferenze indicibili di migliaia di persone che parlano russo e che hanno parenti russi. Voleva portare avanti la realizzazione di una globalizzazione alternativa a quella a guida americana, e la stava realizzando d’intesa con la Cina, l’India e gli altri paesi emergenti ben decisi a contrastare l’egemonia politico-economico-culturale occidentale.
Vedasi come esempio la creazione di un sistema di pagamenti internazionale alternativo a quello Swift, portato avanti d’intesa con la Cina. Ma l’avventura ucraina rischia di mandare gambe all’aria il progetto, che come tutti i progetti strategici ha bisogno di gradualità e tempi lunghi.
Il crollo dei flussi economico-finanziari che si profila a livello mondiale non impoverirà solo i due contendenti, cioè Russia e Occidente, ma avrà riflessi di non poco conto anche sui paesi alleati della Russia. L’alleanza della Russia coi paesi anti-occidentali non uscirà rafforzata, ma indebolita, dall’avventura militare in Ucraina.
Infine il presidente russo ha ottenuto il contrario di quello che diceva di prefiggersi sul piano della sicurezza della Russia: non senza ragioni Mosca ha denunciato per anni che la sua stabilità era messa in discussione dall’assimilazione nel sistema occidentale dei paesi alle sue frontiere; ma mai la sicurezza e la stabilità della Russia sono state in pericolo come oggi, e lo sono a causa di una decisione presa dal suo governo.
I catastrofici e sanguinari errori di Putin, che rendono impensabile una sua sopravvivenza politica al di là della scadenza del suo mandato presidenziale nel 2024, non devono far dimenticare l’ottusità e la pervicacia con cui americani ed europei hanno portato avanti i loro errori nei rapporti con l’area post-sovietica.
A mettere in guardia dai mali che sarebbero derivati da un allargamento unilaterale della Nato verso Oriente nell’ultimo ventennio non sono stati nostalgici nostrani dell’Unione Sovietica, ma gli stessi architetti americani della Guerra Fredda; uomini come Henry Kissinger, Zbigniew Brzezinsky, George Kennan per arrivare a scienziati politici come Stephen Walt. Anche l’espansione a Oriente dell’Unione Europea è stata condotta in maniera assolutamente incosciente, attenti solamente agli interessi bottegai della Germania, senza considerare mai seriamente gli interessi economici e geopolitici della Russia.
Pretendere di firmare un accordo di partenariato economico Ue-Ucraina come quello del 2013, che avrebbe risucchiato l’economia dell’Ucraina fatta di materie prime messe in valore al tempo dell’Unione Sovietica e infrastrutture costruite con soldi sovietici e restaurate con soldi russi nella sfera d’influenza tedesca, è stata un’autentica idiozia, non meno foriera di guai dell’espansione della Nato.
Nessuno di questi errori ovviamente giustifica un errore criminale come è quello di invadere e bombardare il territorio di uno Stato indipendente che non ha attaccato il suo vicino. Sono due errori di natura diversa e che non possono essere messi su uno stesso piano.
Ma una cosa in comune questi due tipi di errori ce l’hanno: le loro conseguenze sono irreversibili, tali da cancellare certe possibilità che esistevano prima che fossero commessi. Non abbiamo alternativa al farci carico delle conseguenze degli errori che dall’una e dall’altra parte sono stati compiuti.
Possiamo semmai cercare di non aggiungere errore a errore. Accondiscendere al moralismo di chi invoca un sostegno militare occidentale crescente all’Ucraina, destinato per la sua stessa dinamica a coinvolgere i paesi europei in un confronto militare diretto con la Russia, ci condurrebbe alla sciagura per tutti anziché alla libertà degli ucraini.
Chi paragona Putin a Hitler dimentica, a parte gli evidenti anacronismi e diversità di contesto, che nel bunker di Berlino non c’era nessun bottone rosso nucleare che potesse essere premuto. Ha scritto Napoleone: «Non interrompere mai il tuo nemico mentre sta commettendo un errore». In attesa di tornare ad essere un po’ meno nemici, seguiamo i consigli dello stratega corso.
Raimondo Adimaro
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