Uova, e a volte anche persone, che puzzano di pesce
Non è raro che proprio negli allevamenti rurali e familiari ben tenuti e senza alcun apparente motivo le galline depongano uova che in modo più o meno evidente puzzano di pesce.
Questo grave difetto è comparso anche negli allevamenti industriali nel secolo scorso, ma non più oggi, quando si è scoperta l’origine e che non era, come alcuni avevano creduto, la presenza di farine di pesce nell’alimentazione delle galline.
La scoperta dell’origine di questo grave difetto che rende non usabili le uova che puzzano di pesce è avvenuta solo con la conoscenza di due diversi componenti: l’alimentazione e la genetica delle galline, e il concomitante studio di persone che puzzano di pesce.
Da sempre si sapeva che alcune persone puzzano di pesce.
Nell’opera teatrale “La tempesta”, William Shakespeare descrive Calibano dicendo che puzza come un pesce, un pesce tremendamente vecchio e maleodorante.
Molti secoli prima, nel romanzo epico “Mahābhārata” (400 d. C.) si dice di una ragazza bella e giusta, però con un odore di pesce.
Il primo caso clinico studiato scientificamente nell’uomo sembra essere quello pubblicato nel 1970 sulla rivista medica “The Lancet”, quando la sindrome da odore di pesce è identificata come una rara malattia metabolica chiamata trimetilaminuria.
Questa malattia è provocata un difetto genetico per il quale il corpo non ha capacità di degradare la trimetilammina presente in molti alimenti e non solo nei pesci.
Di conseguenza la trimetilammina si accumula ed è rilasciata attraverso la sudorazione, l’urina e il respiro che emanano un forte odore di pesce dal corpo.
Nell’uomo un’eccessiva produzione di trimetilammina può conseguire anche per un’alterazione del microbiota, alterato metabolismo o disturbi ormonali.
L’odore di pesce delle uova è un grave problema, perché anche i cattivi odori deboli sono notati dai consumatori e portano a reclami.
Come avviene nell’uomo con il sudore, la contaminazione odorosa dell’uovo è dovuta al trasferimento e all’escrezione di sostanze odorose, derivanti da un aumento dell’assunzione o dal metabolismo endogeno, nell’uovo, principalmente nel tuorlo d’uovo della trimetilammina e già concentrazioni da 1 a 1,5 μg per grammo di uova sono rilevabili dall’olfatto.
Questo avviene per due condizioni: la genetica della gallina e la sua alimentazione.
Già agli inizi degli anni duemila si è visto che alcune tipologie di uova, soprattutto con guscio marrone, frequentemente sviluppano il difetto organolettico di odore di pesce, specialmente se gli animali sono nutriti con alimenti ricchi di colina, carnitina e lecitina dal cui metabolismo origina la trimetilammina.
La colina, carnitina e lecitina sono presenti soprattutto nelle farine di carne, un alimento non normale nelle galline, che invece si nutrono prevalentemente di vegetali e loro proteine e pochi insetti con proteine simili a quelle della carne.
Recentemente si è visto che il difetto genetico della gallina riguarda il gene polimorfo denominato FMO3 nel punto di sostituzione aminoacidica denominato T329S.
Con una selezione mirata oggi le galline da uova non hanno il difetto genetico e anche con un’alimentazione ricca di colina, carnitina e lecitina producono uova senza odore di pesce.
Spiegato quindi come nelle galline l’odore di pesce nelle uova non ha nulla a che fare con l’uso di farine di pesce nella loro alimentazione e come buone alimentazioni e ricche di colina, carnitina e lecitina, utili per una buona produzione di uova, in particolari condizioni genetiche possono produrre uova con puzza di pesce.
Questo non avviene negli allevamenti industriali, dove vi è una grande attenzione nella genetica delle galline, mentre il difetto può accadere negli allevamenti familiari quando, anche per produrre più uova, si passa a un’alimentazione migliore che contiene anche colina, carnitina e lecitina.
In questo caso non resta che identificare le galline che hanno questo difetto eliminandole dalla produzione di uova e soprattutto dalla riproduzione non facendole covare o non usando le loro uova per la produzione di nuove galline.
Giovanni Ballarini presidente Accademia Nazionale della Cucina
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