In Croazia si torna a prendere la Comunione sulla lingua
Da sabato 9 aprile in Croazia la vita è tornata a essere (quasi) normale. A motivo della scarsa incidenza della variante Omicron sulla salute pubblica, il Comando nazionale di protezione civile – l’ente che in questi due anni ha gestito con poteri semidittatoriali l’emergenza pandemica in Croazia – ha revocato quasi tutte le misure restrittive.
Dopo che il 28 febbraio era già stato abolito l’obbligo di presentazione del cosiddetto Certificato Covid (corrispondente al Green Pass italiano) per entrare negli uffici pubblici, dal 9 aprile non è più obbligatorio (anche se viene consigliato) indossare la mascherina negli ambienti chiusi, ivi incluse le funzioni religiose, con l’unica eccezione rappresentata dagli ospedali e dalle strutture sanitarie (non vi è mai stato alcun obbligo di indossare la mascherina all’aperto).
Inoltre, per entrare nel territorio della Repubblica di Croazia, i cittadini di Paesi appartenenti all’Unione Europea egualmente non dovranno più esibire alcun documento collegato alla pandemia.
Contemporaneamente, con un comunicato di monsignor Želimir Puljić (nella foto), arcivescovo di Zara e presidente della Conferenza Episcopale croata, sono state abolite tutte le misure restrittive in vigore anche in ambito ecclesiale.
È stato quindi abolito l’obbligo di ricevere la Comunione solamente sulla mano e di igienizzare le mani all’ingresso in chiesa, è stato reintrodotto il segno della pace ed è nuovamente permesso porre l’acqua benedetta nelle acquasantiere delle chiese.
Allo stesso modo, i sacerdoti non dovranno più igienizzare le mani o indossare la mascherina al momento di distribuire la Comunione ai fedeli.
Contrariamente a quanto avvenuto al momento di introdurre le limitazioni nella primavera di due anni fa, solo alcuni hanno emesso propri comunicati con specifiche indicazioni al clero e ai fedeli su come comportarsi, mentre gli altri hanno lasciato che il comunicato di mons. Puljić rimanesse l’unico riferimento normativo.
Tra i documenti vescovili pubblicati rivestono particolare importanza le lettere inviate al clero e ai fedeli dal cardinal Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, e da mons. Mate Uzinić, arcivescovo coadiutore di Fiume.
Nella sua lettera indirizzata ai «cari fratelli nel sacerdozio e [ai] cari fedeli», l’arcivescovo di Zagabria affronta subito la questione delle limitazioni che i fedeli hanno vissuto con maggiore sofferenza, e afferma come da oggi «la Comunione può essere ricevuta in entrambi i modi, sulla mano e sulla lingua», nel corso delle Sante Messe «si può di nuovo utilizzare il gesto dello scambio della pace».
Inoltre, l’arcivescovo stabilisce «che all’ingresso nelle chiese vi siano contenitori con acqua benedetta».
Il card. Bozanić inoltre ringrazia tutti coloro che «nel corso del tempo trascorso hanno manifestato la comunione della Chiesa e hanno testimoniato la forza dello Spirito di Dio nelle difficoltà che abbiamo affrontato», nella speranza che «l’esperienza fatta porti buoni frutti nella forza della fede, nella sicura speranza e nell’amore operoso».
L’arcivescovo coadiutore di Fiume, mons. Mate Uzinić – noto per avere pubblicamente affermato due anni fa, quando era ancora vescovo di Ragusa di Dalmazia (Dubrovnik) che si era rinunciato a una cosa meno importante, l’Eucaristia, per salvaguardare il bene più prezioso, la vita umana -, si rivolge invece solo ai sacerdoti, e annuncia, subito in apertura, che «a seguito della comunicazione del Comando nazionale per la protezione civile che vengono abolite quasi tutte le misure che riguardano le limitazioni in vigore fino a oggi».
Egli a sua volta prende la decisione di abolire, a partire da sabato 9 aprile, tutte le limitazioni ancora in vigore a causa della pandemia di Coronavirus, ivi incluse la misura di divieto di utilizzo di acqua benedetta, di porgere il segno della pace, e di ricevere la Comunione sulla lingua.
Tuttavia, mons. Uzinić suggerisce di reintrodurre il segno della pace solamente in occasione della Messa in Coena Domini il Giovedì Santo; i fedeli dovranno darlo «solamente ai fedeli che sono fisicamente più vicini»; inoltre, l’acqua benedetta dovrà essere introdotta la notte della Veglia pasquale.
Nonostante questi segni di ritorno alla normalità, ve ne sono altri che rammentano ai fedeli l’esatto contrario.
L’arcivescovo di Fiume stabilisce che i disinfettanti devono continuare a essere presenti presso gli ingressi delle chiese, e le mascherine devono continuare a essere indossate in ambienti ecclesiali al chiuso in caso di grande presenza di fedeli.
Qualora la situazione epidemiologica dovesse peggiorare, prosegue mons. Uzinić, i parroci, di concerto con il Consiglio pastorale delle loro parrocchie e facendo attenzione alle indicazioni fornite dal competente Comando per la protezione civile, potranno decidere autonomamente circa le misure che dovessero risultare necessarie.
La differenza tra i due pastori nel modo di approcciarsi alla fine dell’emergenza è più che evidente: il card. Bozanić in tono paterno affronta subito le maggiori sofferenze dei fedeli e gioisce con loro per la fine della prova e il ritorno alla normalità, mettendo in questo modo olio sulle loro ferite.
Mons. Uzinić invece si rivolge solo ai sacerdoti, al contrario dell’arcivescovo di Zagabria non ha parole di conforto per i fedeli sofferenti dopo due anni di restrizioni, annuncia l’abolizione delle misure in tono formale e burocratico, predisponendo nel contempo una serie di nuove misure, come per dire che non è il caso di gioire più di tanto, quasi come se l’emergenza non avesse mai fine – un modo di fare che acuisce le dolorose ferite dei fedeli anziché guarirle.
Niccolò Rejetti
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