La morsa della burocrazia soffoca anche i piccoli comuni
La burocrazia “soffoca” anche i Comuni, soprattutto quelli di piccolissima dimensione.
Tuttavia, a pagare il conto più salato sono i cittadini che devono sostenere un costo aggiuntivo pro capite pari a 251 euro all’anno, che, in termini complessivi, sfiora i 14,5 miliardi di euro.
Infatti, per poter ottemperare agli adempimenti richiesti dal legislatore e alle disposizioni/procedure fissate dai ministeri, è necessario utilizzare molto personale e impegnare tanto tempo che, invece, potrebbero essere investiti più proficuamente per erogare ulteriori servizi, in particolar modo a cittadini e imprese.
L’analisi è stata realizzata dall’Ufficio studi della CGIA per conto dell’ASMEL.
Questo approfondimento ha ricevuto lo spunto dall’osservazione dei dati riferiti alla missione numero 1 dei bilanci comunali che, con buona approssimazione, misurano le spese di funzionamento della macchina amministrativa comunale.
Rapportando tale aggregato alla spesa corrente totale in capo a ciascun Comune, il risultato individua la quota di risorse assorbite annualmente dalla burocrazia.
Tale aggregato di bilancio comprende servizi come la “gestione economica, finanziaria, programmazione e provveditorato”, l’ “ufficio tecnico”, la “gestione delle entrate tributarie e i servizi fiscali”, la “gestione dei beni demaniali e patrimoniali” e le “risorse umane”.
È bene comunque sottolineare che un elevato valore di questo aggregato non necessariamente corrisponde a una gestione inefficiente delle risorse o, peggio ancora, a sprechi e a sperperi.
Queste voci, infatti, includono anche servizi di carattere prettamente istituzionale – come le “elezioni e consultazioni popolari”, l’ “anagrafe e lo stato civile” e gli “organi istituzionali” – che hanno costi e dimensioni occupazionali spesso non ulteriormente “comprimibili”.
Sebbene negli ultimi anni l’incidenza delle spese per i servizi generali, amministrativi e di gestione sulla spesa corrente sia leggermente in calo, nel 2020 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), si è attestata al 27 per cento (-1,1 per cento rispetto al 2016).
Per i 7.900 Comuni presenti nel Paese, questa incidenza presenta un costo annuo, in termini complessivi, pari a 14,5 miliardi di euro.
Come dicevamo più sopra, a fronte di una media generale pari a 251 euro procapite, le amministrazioni comunali più piccole (fino a 5 mila abitanti) registrano il costo più elevato (344 euro procapite): seguono i municipi con oltre 60 mila abitanti (259 euro) e quelli con classi demografiche intermedie (238 euro per i Comuni tra i 5 e i 10 mila abitanti, 212 euro per quelli fra i 10 e i 20 mila abitanti e, infine, 208 euro per le amministrazioni fra i 20 e i 60 mila abitanti)
Al netto della situazione presente in Valle d’Aosta (incidenza della spesa servizi generali-amministrativi su spesa corrente totale del 41,8 per cento, per un costo totale pari a 97 milioni), a livello territoriale a soffrire maggiormente il peso dell’oppressione burocratica sono le realtà amministrative ubicate nelle regioni del Mezzogiorno. Basilicata con il 34,6% (pari a un costo totale annuo di 152 milioni di euro), Molise con il 34,5% (93 milioni di euro), Sicilia con il 33% (973 milioni di euro) e la Calabria con il 32,8% (513 milioni di euro) ) registrano le situazioni più critiche.
Le regioni meno investite da queste criticità, invece, sono la Puglia con una incidenza del 24,7% (costo annuo di 738 milioni di euro complessivi), la Lombardia con il 24% (2,1 miliardi di euro) e, infine, il Lazio con il 22,6% (1,5 miliardi di euro).
Guglielmo d’Agulto
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