Oltre 1.000 km di muri in Europa contro i migranti
Tutta Europa sta costruendo muri e barriere contro l’accoglienza dei profughi.
E chi non li sta costruendo significa che ce li ha già.
Da sud-ovest, partendo dalle enclavi spagnole in Marocco di Ceuta e Melilla, fino a sud-est arrivando alla Grecia.
E poi salendo a nord verso la Macedonia e la Bulgaria e quindi in Ungheria e Austria fino ad arrivare in Polonia e Lituania: l’Europa è attraversata da oltre 1000 chilometri di barriere, pari a sette volte la lunghezza del Muro di Berlino.
Ma come si è arrivati a questo punto? Facciamo un passo indietro.
La politica europea in fatto di accoglienza degli immigrati è cambiata e si sta radicalizzando.
Nei confronti dei blocchi anti migranti, come per il muro dell’Ungheria voluto da Orbán,
Bruxelles ha sempre espresso un fermo dissenso ma la crisi afghana e il flusso migratorio da parte della Bielorussia hanno cambiato le carte in tavola mentre per quanto riguarda l’accoglienza dei profughi ucraini l’atteggiamento sembra più “morbido”.
Ylva Johansson, commissaria agli affari interni della Commissione europea, non lascia margini d’interpretazione ha detto che “dobbiamo evitare una crisi umanitaria in Europa: per questo dobbiamo aiutare gli afghani a casa loro”.
Una dichiarazione che sembra quasi un tacito via libera alla costruzione di muri contro l’accoglienza dei profughi.
Vediamo dove sono queste barriere e quanto sono lunghe.
La Lituania ha iniziato a costruire una barriera lunga 508 km e alta 3,4 metri, la Grecia ha già costruito un blocco lungo 40 km, la Polonia, dopo la crisi dei migranti con la Bielorussia, progetta una recinzione di 180 km.
Così arriviamo a 692 km.
Ma il conto totale è molto più alto perché è il doppio della barriera tra Ungheria e Serbia voluta da Orbán, lunga 523 chilometri e circa un terzo del muro tra Messico e Usa, 3.169 km,
Torniamo un secondo alla Lituania per capire come l’atteggiamento contrario all’accoglienza dei profughi dell’Europa si sia radicalizzato. L’11 agosto 2021 il parlamento del Paese, con 80 sì e 2 no, ha approvato una legge di emergenza del governo di centrodestra per la costruzione di una recinzione lunga 508 Km.
Obiettivo: bloccare l’accoglienza dei profughi provenienti dalla confinante Bielorussia. La Lituania, Paese Nato e membro Ue con 2,7 milioni di abitanti, si è allarmata dopo aver registrato un incremento nel flusso d’immigrati clandestini nei mesi precedenti.
Secondo il governo di Vilnius la responsabile di questo incremento è la confinante Bielorussia che risponde cosi alle sanzioni economiche imposte dall’Ue a Aleksandr Lukashenko a causa del suo presunto ruolo nel dirottamento di un aereo il 23 giugno 2021.
Lukashenko, secondo il governo lituano, ha organizzato dei voli diretti da Baghdad a Minsk e favorito una tratta illegale di donne e uomini ben prima che iniziasse la ritirata americana dall’Afghanistan.
E quindi se una nazione ostile usa i flussi di uomini come arma per destabilizzare un paese l’unica soluzione è impedirlo, per questo lo scopo dichiarato del muro di 508 Km della Lituania è di fermare i profughi “usati” da Lukashenko come ritorsione nei confronti delle sanzioni Ue.
Stesso discorso vale per la decisione del governo polacco, l’ultima cronologicamente in fatto di nuovi innalzamenti di barriere.
Anche per Varsavia la costruzione di nuovi muri anti profughi rappresenta una reazione alle manovre Bielorusse, veri e propri atti di guerra ibrida, ossia atti bellici condotti tramite azioni non convenzionali come, ad esempio tramite l’uso dei migranti come arma di destabilizzazione.
Stesso discorso per il muro voluto dal governo di Atene che significa tolleranza zero verso il ricatto di Recep Tayyip Erdogan che ha incentivato il flusso dei migranti verso la Grecia fino a quando la Ue (per iniziativa della Merkel) non ha versato decine di miliardi.
Costruito in fretta e furia, il blocco greco è al momento lungo 40 km ed è costantemente pattugliato da militari armati.
Sommando i tre muri di Lituania, Grecia e Polonia, arriviamo a 670 Km di barriere anti migranti.
Ma i chilometri sono destinati ad aumentare. Al momento la barriera più lunga in Europa è quella ungherese.
Costruita dall’esercito è alta circa 3,5 metri e lunga 523 chilometri lungo tutto confine serbo e croato. Infine ci sono le recinzioni austriache al confine con la Slovenia, 3 chilometri e quello sloveno al confine con la Croazia, 200 km.
Il conteggio deve comprendere anche il muro che separa le città autonome spagnole Ceuta e Melilla dal Marocco; quello che impedisce ai migranti di saltare sopra i camion diretti in Gran Bretagna nel porto di Calais in Francia.
Le barriere di Ceuta e Melilla, in totale 20 km, sono le più alte di tutti: sei metri di barriere coronate da filo spinato e, queste sì, sono state finanziate da fondi europei.
Sono 12 i Paesi europei che hanno chiesto all’Europa di disporre di finanziamenti ad hoc per proteggere i propri confini dall’immigrazione.
Si tratta di: Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovacchia.
La Danimarca inoltre è il primo paese europeo ad aver approvato una legge sull’immigrazione, passata con 70 voti favorevoli contro 40 contrari, a “delocalizzare” le domande di asilo e di protezione internazionale.
Le domande verranno prese in gestione da un paese terzo non ancora individuato.
La decisione presa dal governo danese, guidato dalla socialista Mette Frederiksen, conferma la direzione che la Danimarca ha deciso di seguire rispetto all’immigrazione clandestina e l’accoglienza profughi: azzerare le domande di asilo.
Il governo danese ha fornito gratuitamente alla Lituania la stessa tipologia di filo spinato, affilatissimo e capace d’infliggere ferite mortali, usato dall’Ungheria di Orbán nel 2015 per blindare il confine con la Serbia.
Un contributo simbolico per sostenere la costruzione di un nuovo muro in Europa.
La Danimarca che sette anni fa aveva criticato le misure ungheresi di concerto con tutta l’Ue, ha adesso deciso di regalare alla Lituania ben 15 chilometri di filo spinato “speciale” per aiutare il paese, guidato da Ingrida Šimonytė, a proteggere il confine con la Bielorussia.
Il ministro degli esteri danese Mattias Tesfaye, proveniente da una famiglia etiope a sua volta rifugiata, il 28 settembre si è recato in Lituania per assistere ai lavori per la costruzione delle barriere anti immigrazione.
Ora la Danimarca contribuisce ad accrescere il muro lituano. Il ministro degli esteri danese si discosta dalle critiche mosse dall’Ue dichiarando che quella di Orbán di sette anni fa è stata una decisione “di buon senso” per proteggere l’Europa e che i giudizi dati allora “non erano corretti“.
Il conto non finisce qui. La Polonia, dopo l’ultima crisi migratoria che ha visto per oltre sei settimane scontri al confine dove almeno 4mila migranti provenienti dal Medio Oriente sono rimasti bloccati nelle foreste, ha dichiarato tramite il ministro della Difesa, Mariusz Blaszczak, la volontà di costruire una nuova recinzione alta 2 metri e mezzo e lunga circa 180 chilometri.
Durante la crisi al confine Polacco sono morte almeno 14 persone, tra cui un bambino di solo un anno, la più giovane vittima nota della crisi al confine orientale.
La costruzione della nuova barriera contro l’accoglienza dei profughi voluta dal governo polacco verrà iniziata a dicembre e sarà lunga 180 chilometri e alta 5,5 metri e costerà 335 milioni di euro.
La domanda che pende come una spada di Damocle sull’Ue è relativa alla possibilità di un finanziamento da parte dell’Unione europea del nuovo muro anti profughi polacco.
Fonte: infomigrants.net I dati si riferiscono al 2021
Salvarico Malleone
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