227 miliardi il tesoro italiano nei rifugi fiscali
In primis una precisazione: il termine “paradisi fiscali” è una “inesatezza” tutta italiana, frutto di un errore di traduzione dell’espressione inglese “tax haven”, “rifugio fiscale”, confusa con la parola “heaven”, “paradiso”.
Generalmente sono designati come “paradisi fiscali” territori sovrani e Paesi che usano la leva fiscale e altre misure di politica economica per attrarre capitali e investimenti nel settore finanziario e dei servizi.
Questi Paesi e territori offrono agli investitori esteri:
- un ambiente di non tassazione o di imposizione puramente nominale;
- regole giuridiche ed amministrative particolarmente “facilitative”;
- in genere, a causa del segreto bancario particolarmente rigoroso, le attività svolte non sono, in generale, oggetto di scambio di informazioni con altri paesi.
La ricchezza nascosta dagli italiani nei paradisi fiscali cresce. E di tanto.
Nel 2021 il valore economico dei capitali offshore ha toccato quota 277 miliardi.
Erano “solo” 142 nel 2016 e 227 nel 2018.
In cinque anni l’aumento dei “capitali nascosti” è stato quindi del 95,7%.
Un aumento che rispecchia una tendenza in corso a livello mondiale: nel 2018, infatti, erano 8.600 i miliardi offshore detenuti in tutto il mondo, in aumento del 17,81% rispetto al 2016.
Il principale effetto collaterale della ricchezza nascosta è presto detto, si chiama perdita di gettito.
Cosa vuol dire? Vuol dire evasione fiscale.
Il mancato introito dell’Italia nel solo 2021 è pari a 12,4 miliardi.
Prima Malta, lei stessa uno dei paradisi fiscali in Europa: qui la perdita media di entrate fiscali è pari all’1,58% del Pil.
L’Italia con una media annua di perdita di gettito pari al 0,20% del Pil è al 14° posto.
I dati dell’Annual Report on Taxation della Commissione europea mostrano come i contribuenti dell’Ue detengono offshore un patrimonio pari a 1.700 miliardi di euro, il 12% del Pil europeo, comportando una perdita media di gettito fiscale nell’Unione pari a 124 miliardi di euro.
Nel 2016 le perdite si fermavano a 46 miliardi.
Il vertiginoso aumento, parliamo del 169.57%, può essere spiegato dalla mancata flessione dei prezzi dei titoli azionari ma non solo, lo studio della Commissione europea evidenzia anche nuovi fattori responsabili del progressivo aumento della ricchezza offshore.
Il 18% dei cittadini Ue con un patrimonio ultra elevato investe in proprietà all’estero per un totale di 1.300 miliardi di euro, vi sono anche poi anche altre forme di ricchezza detenute all’infuori del Paese di residenza: assicurazioni sulla vita (5,3 miliardi di euro) e contanti (17,9 miliardi di euro).
Le società di comodo, shell entities, hanno diversi scopi commerciali e aziendali validi e pienamente legittimi come facilitare le joint venture tra fondi e altri investitori.
Tuttavia è anche dimostrato che le società di comodo vengono spesso utilizzate per evitare di pagare le imposte.
Come funzionano i meccanismi di comodo a fini fiscali?
In poche parole le imprese dirigono i flussi finanziarie verso “società fantasma” in giurisdizioni con imposte molto basse o addirittura nulle.
Lo stesso meccanismo funziona anche per i singoli individui che possono ricorrere a società di comodo per non pagare le imposte patrimoniali sugli immobili nel paese di residenza o nel paese di ubicazione del bene.
Ma perché è cosi difficile tracciare questi flussi?
La risposta è che le “entità shell” sono, per loro natura, strutture opache e i dati sull’entità del loro utilizzo per l’abuso fiscale sono scarsi.
Per dare un’idea di cosa è una “società fantasma” ci vengono in aiuto le attività di investigazione come quella di Bloomberg che ha riportato come nel 2020 una filiale irlandese di Microsoft senza alcun dipendente a parte tre direttori ha realizzato un profitto esentasse di 315 miliardi di dollari.
Si tratta di Microsoft Round Island One, affiliata alla società madre MBH Limited con residenza fiscale nelle Bermuda che insieme alle Cayman è il principale paradiso fiscale a livello globale.
Il numero delle “società fantasma” all’interno dell’Ue è sconosciuto, ma esistono alcune stime.
La mancanza di dati concreti è dovuta principalmente all’assenza di una definizione comune di entità di comodo a livello europeo.
Alcuni studi stimano il numero di entità di comodo utilizzando delle proxy, stabilendo quindi un comune denominatore.
Ad esempio uno studio del Parlamento europeo del 2018 utilizza come proxy il numero di società di proprietà estera arrivando a una stima “piuttosto prudente” del numero di società di comodo: 29mila.
Una stima superiore, basata su dati irlandesi, stima a 79mila le società di comodo nell’Ue.
Per contrastare l’evasione fiscale la Commissione Ue ha presentato il 22 dicembre 2021 un’iniziativa chiave per la lotta contro l’uso improprio di entità di comodo per scopi fiscali impropri: attraverso il nuovo regolamento si stabiliranno standard di trasparenza sull’uso di entità fittizie in modo che il loro abuso possa essere più facilmente individuato dalle autorità fiscali.
Utilizzando una serie di indicatori oggettivi relativi al reddito, al personale e alle proprietà immobiliari, la proposta aiuterà le autorità fiscali nazionali a individuare entità che esistono solo sulla carta.
Una volta adottata dagli Stati membri la direttiva dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2024.
I dati si riferiscono al: 2021 Fonte: Relazione annuale UE in materia di fiscalità
Arnaud Daniels
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