Shinzo Abe, ex premier giapponese, ucciso da un ex militare
Shinzo Abe (68 anni), ex primo ministro giapponese (per nove anni totali, dal 2006 al 2007 e dal 2012 al 2020), è morto in ospedale, dopo essere stato raggiunto da due colpi di arma da fuoco, mentre partecipava a una iniziativa elettorale nella città di Nara, nella regione centrale del Giappone.
È accaduto venerdì 8 luglio, alle 11.30 ora giapponese (le 4.30 della notte in Italia).
Shinzo Abe ha riportato due ferite sulla parte anteriore del collo, uno dei proiettili è penetrato nel cuore: lo ha detto in conferenza stampa Hidetada Fukushima, professore di medicina d’urgenza presso l’ospedale dell’Università di Nara, dove è stato portato l’ex premier giapponese subito dopo l’attentato.
Abe è stato curato da una équipe di oltre 20 medici, ma è stato impossibile fermare l’emorragia.
Il Giappone è sotto shock.
Ha confessato l’assassino: si chiama Tetsuya Yamagami, 41 anni, ex militare delle Forze di autodifesa.
Ma chi è quest’uomo?
Viveva in un appartamento qualunque a Nara e aveva lasciato il lavoro a maggio per presunti motivi di salute.
“Non ho mai sentito che avesse convinzioni politiche e non riesco in alcun modo a collegarlo all’attacco”, ha raccontato un conoscente, stupefatto dall’accaduto.
Avrebbe colpito l’ex premier “per odio”, secondo le prime ricostruzioni, ma la polizia ha assicurato che – dopo l’arresto – Yamagami ha escluso “motivazioni politiche”, parlando di “rancore” contro una presunta e non meglio specificata “organizzazione” che lui pensava essere legata ad Abe.
Yamagami ha dichiarato di aver costruito da sé, forse con le istruzioni di assemblaggio recuperate su Internet, la pistola usata e “diversi ordigni esplosivi” per portare a termine l’attacco.
Le immagini dell’arresto di Yamagami mostrano l’arma avvolta nel nastro adesivo nero, per meglio occultarla e per rinforzarne la struttura, con due canne e dalle dimensioni di poco più grandi di una pistola. Di sicuro potente, viste le lesioni mortali causate.
Il paradosso è che in Giappone il porto e l’uso delle armi da fuoco è disciplinato con estremo rigore e consentito solo in limitatissimi casi: gli agenti della sicurezza di Abe che hanno bloccato l’attentatore dopo gli spari, scaraventandolo per terra, lo hanno affrontato senza ricorrere alle armi.
Yamagami frequentò, da ragazzo, una scuola superiore pubblica nella Prefettura di Nara e scrisse nel suo annuario di “non avere la più pallida idea” di cosa volesse fare in futuro.
Risulta che l’uomo abbia prestato servizio nella Marina della Forze di Autodifesa (le forze armate di Tokyo) per due anni e nove, mesi fino al 2005, presso la base di Kure, nella Prefettura di Hiroshima.
Nell’autunno del 2020 aveva iniziato a lavorare in un’azienda manifatturiera nella regione del Kansai.
Non risultano segnalazioni di problemi sulla sua condotta, ma nell’aprile di quest’anno Yamagami ha comunicato di voler abbandonare il lavoro perché “stanco”, cosa che ha fatto il mese successivo.
Il suo gesto ha segnato per sempre la sua vita.
Oltre ad aver posto fine a Shinzo Abe e sconvolto il Giappone.
Raimondo Adimaro
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