8 miliardi di aiuti all’Ucraina bloccati dalla Germania
“Ricordo ad alcuni leader dell’Unione europea che i nostri pensionati, i nostri sfollati, i nostri insegnanti e altre persone” non possono essere “tenuti in ostaggio della loro indecisione o dalla loro burocrazia”, questo è “un crimine”.
Non ha usato giri di parole il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo ultimo discorso alla popolazione, per manifestare tutta la sua rabbia per gli 8 miliardi di euro di aiuti finanziari che l’Ue ha promesso a maggio e che non sono ancora arrivati nella casse di Kiev.
Zelensky non ha voluto fare nomi, ma a Bruxelles tutti sanno che a bloccare questi fondi è principalmente un Paese: la Germania.
Anche se negli ultimi giorni anche Francia e Italia si sarebbero messi di mezzo a complicare i piani della Commissione europea.
Tutto nasce a maggio, quando i leader Ue si sono impegnati a consegnare all’Ucraina 9 miliardi di euro in prestiti come pacchetto di assistenza macro-finanziaria, un impegno sancito poi a fine giugno al summit di Bruxelles.
Da allora, però, le risorse erogate sono state di 1 miliardo, inviate con due tranche all’inizio di questa settimana.
Il problema è che i fondi, nella proposta originaria della Commissione, dovrebbero provenire dal bilancio di Bruxelles, a sua volta rimpinguato attraverso gli eurobond emessi sul mercato.
Ma perché la Commissione emetta tali eurobond occorrono le garanzie degli Stati membri.
E qui l’Europa si è incartata.
Berlino, infatti, si è opposta a dare la sua fondamentale garanzia, bloccando di fatto la raccolta fondi e di conseguenza l’erogazione degli aiuti a Kiev.
La motivazione del governo tedesco è che l’Ucraina è già fortemente indebitata (dall’inizio del conflitto, si calcola che il suo bilancio perda 5 miliardi di dollari al mese) e continuare a erogare prestiti peggiorerebbe la già fragile stabilità dei conti.
Da qui, la proposta di fornire sì degli aiuti, ma sotto forma di sussidi a fondo perduto.
Per dimostrare la sua buona volontà, la Germania ha messo sul piatto 1 miliardo dalle sue casse da erogare in via bilaterale (ossia senza passare da Bruxelles).
La posizione di Berlino, scrive Paola Tamma su Politico, ha fatto scattare i governi di Italia e Francia, che a differenza di quello tedesco vedono di buon occhio gli eurobond (tanto che il nostro esecutivo non ha fatto mistero di voler riutilizzare il metodo usato per il Recovery fund per affrontare le conseguenze sull’economia e sulle famiglie europee della guerra in Ucraina).
La situazione politica, dunque, è sempre più ingarbugliata.
La Commissione ha fatto sapere di stare lavorando a “diverse opzioni” per sbloccare i restanti 8 miliardi.
Una di queste prevederebbe proprio una sorta di Recovery fund in versione mini, ossia un mix di prestiti e sussidi per finanziarie ul pacchetto di assistenza macro-finanziaria.
“Abbiamo bisogno di trovare garanzie sufficienti al di fuori del bilancio Ue, con una copertura del 70%” e “questo richiede l’accordo con i Paesi. Ci stiamo lavorando, non è un pacchetto facile da concludere”, ha spiegato un portavoce dell’esecutivo europeo.
In sostanza, circa 3 miliardi dovrebbero essere sussidi a fondo perduto, e i restanti 5 prestiti.
“I lavori tecnici stanno proseguendo” e “le consultazioni” con le capitali Ue “sono in corso”, ha assicurato Bruxelles.
Quale che sia l’esito di tale consultazioni, i tempi si preannunciano lunghi, rispetto alle attese di Kiev.
La Commissione punta a sbloccare le restanti risorse a ottobre, ma c’è chi pensa che a Bruxelles ci sia troppo ottimismo.
“Un tale ritardo artificiale dell’assistenza macrofinanziaria al nostro Stato è un crimine o un errore, ed è difficile dire quale sia peggio dinanzi a una guerra su vasta scala”, ha dichiarato Zelensky.
Niccolò Rejetti
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