La Chiesa Anglicana rifiuta la pratica omosessuale
“Le divisioni sull’accettazione dell’omosessualità si sono rivelate intrattabili sia a livello globale che nei paesi di tendenza liberale come la Nuova Zelanda”, scrive il New York Times nel raccontare la storia del signor Craig Watson, che ha passato la propria vita alla ricerca di una chiesa che lo accettasse come omosessuale.
Dopo aver lasciato la chiesa battista, Watson era convinto di aver trovato accoglienza dentro la famosa fede anglicana progressista in Nuova Zelanda.
Ma si è dovuto repentinamente ricredere dopo aver ricevuto quello che lui stesso definisce “un calcio nello stomaco”, perché proprio alla fine di luglio Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e leader mondiale della Chiesa anglicana (conosciuta negli Stati Uniti come Chiesa episcopale), ha ribadito – quale politica della sua stessa chiesa – una dichiarazione del 1998 che rifiuta “la pratica omosessuale in quanto incompatibile con le scritture”.
La dichiarazione ha sollevato immediate reazioni, tant’è che proprio le divisioni sull’accettazione dell’omosessualità pongono seri dubbi sul fatto che la Chiesa anglicana possa ora rimanere ancora unita.
Il conflitto si è ripercosso sia a livello globale che nei paesi di tendenza liberale come la Nuova Zelanda, dove alcuni anglicani si sono staccati per preservare e ribadire l’insegnamento tradizionale.
Questo tipo di tensioni hanno trascinato per decenni la Chiesa anglicana, che conta 85 milioni di membri in tutto il mondo.
Specialmente dopo che nel 2003, la Chiesa Episcopale degli Stati Uniti ha consacrato Vescovo del New Hampshire V. Gene Robinson, un prete apertamente gay.
Gli episcopali americani hanno messo in pratica questo distacco dalla convenzione nel 2015, consentendo i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Gli anglicani conservatori, tuttavia, molti provenienti da congregazioni tradizionali africane, hanno denunciato le mosse come incoerenti con la Bibbia, anche se negli ultimi anni le chiese nazionali in Galles, Scozia, Canada, Brasile e Messico hanno votato per consentire al clero di officiare o benedire i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Ma le divisioni e le differenze sono nuovamente riemerse il mese scorso a Lambeth durante la conferenza decennale della Chiesa anglicana, nel corso della quale i 650 vescovi presenti hanno discusso sul trattamento degli anglicani lesbiche, gay e transgender.
Come conseguenza di ciò, gli arcivescovi di Nigeria, Ruanda e Uganda non hanno partecipato a Lambeth per protestare contro il “revisionismo biblico” delle chiese liberali.
Alcuni altri conservatori hanno invece partecipato ma si sono rifiutati di prendere la comunione insieme al clero con coniugi dello stesso sesso, che sono stati accolti alla conferenza per la prima volta.
La guerra tra conservatori e liberali sui diritti nella chiesa anglicana
Contemporaneamente, più di 170 vescovi, in gran parte del Nord America e della Gran Bretagna, hanno firmato una dichiarazione in cui sottolineava la “santità dell’amore delle persone LGBT+”. Ma la guerra delle differenze è guerra, cosicché ora “gli anglicani liberali sfidano l’interpretazione dei conservatori delle affermazioni bibliche sulle relazioni omosessuali e sottolineano, tra le altre cose, l’enfasi della Bibbia sull’amore per gli altri come giustificazione per cambiare l’insegnamento tradizionale”, chiosa il Times, che sottolinea: “L’arcivescovo Welby puntava a colmare questo divario”, osserva il Times, tant’è che a Lambeth ha detto che le chiese “con opinioni liberali sull’omosessualità non sarebbero state punite”.
Ha poi anche cercato di ammorbidire le posizioni dei vescovi conservatori, che rappresentano la maggioranza degli anglicani in tutto il mondo, ribadendo il valore della dichiarazione del 1998 che definiva l’omosessualità incompatibile con la Scrittura.
Però poi l’arcivescovo non è riuscito a mediare tra le due anime anglicane e ha affermato che per le chiese di molti paesi, cambiare l’insegnamento tradizionale sulle relazioni omosessuali “mette in discussione la loro stessa esistenza”.
Allo stesso tempo, ha osservato, le chiese altrove affrontano “derisione, disprezzo e persino attacchi” se non supportano i fedeli gay e transgender.
Una equivalenza che ha suscitato nuove critiche da parte degli anglicani liberali come il signor Watson, che è un leader di Diverse Church, un gruppo di difesa anglicano della Nuova Zelanda che si descrive come “una rete di cristiani arcobaleno”.
Lui ha lasciato la chiesa battista dopo essere stato spinto a quella che è nota come terapia di conversione, una pratica screditata che mira a “recuperare” la sessualità originaria delle persone che si definiscono gay.
la Redazione
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