Il reddito di cittadinanza meglio della pensione
Nella mente dei politici di sinistra i professionisti, i lavoratori autonomi e i commercianti sono potenziali evasori, nel migliore dei casi, o evasori tout court nella peggiore delle ipotesi.
Tale categoria di politici che quando non hanno soluzioni reali ai problemi tirano fuori il solito jolly secondo cui “si deve combattere l’evasione fiscale”.
Il dibattito sul Reddito di cittadinanza (i percettori non sono solo i cittadini italiani ma anche gli stranieri) che il governo presieduto da Giorgia Meloni ha iniziato a rivedere, alla luce delle note distorsioni (truffe ai danni dello Stato) che sono state accertate da quando il governo gialloverde lo ha introdotto, merita una riflessione.
Un piccolo imprenditore nel settore della balneazione, iscritto alla cassa di previdenza dei commercianti, il fondo pensione di categoria gestito dall’Inps, ha avuto contezza che poteva aver maturato il diritto alla pensione anticipata prevista nella nuova legge di stabilità: la quota 103 che prevede il combinato disposto di almeno 41 anni di contributi e almeno 62 anni di età.
Lo stesso imprenditore balneare si reca in un patronato per verificare la sua situazione pensionistica e, soprattutto, se ha i requisiti previsti.
Teme, e a ragione, che nel 2023 gli scada la concessione e rischi di trovarsi letteralmente per strada. All’impiegato del patronato, dai dati estrapolati dall’Inps, risultavano i versamenti contributivi a partire dai 16 anni di età quando il balneare iniziò a fare lavori saltuari.
Da più di trent’anni gestisce uno stabilimento balneare. Struttura rilevata in concessione con un piccolo manufatto fatiscente, praticamente una spiaggia libera priva di qualsiasi servizio.
Con enormi sacrifici e debiti contratti con le banche riesce negli anni a creare una struttura balneare che è una vera oasi molto apprezzata dai suoi clienti.
Da quando è stata emanata la famigerata Direttiva Bolkestein, come altre decine di migliaia di operatori balneari, vive l’angoscia di perdere l’attività (la concessione scade il 31 dicembre 2023) che ha costruito nel tempo e alla quale ha destinato tutte le sue energie, le risorse economiche e il suo lavoro.
Attività che gli ha permesso di mantenere la famiglia.
L’incertezza di perdere la concessione lo aveva indotto a prendere la decisione di non fare altri investimenti nella struttura balneare. Suo malgrado, ogni anno deve affrontare spese straordinarie a causa del maltempo che devasta le infrastrutture in legno.
L’impiegato del patronato gli quantifica la favolosa pensione che ha maturato grazie ai 41 anni di contributi sociali obbligatori versati all’Ente previdenziale.
L’importo della pensione? Poco meno di 500 euro mensili per 13 mensilità, ben al di sotto di quanto percepiscono mediamente i percettori del cosiddetto reddito di cittadinanza.
Sconcertato, chiede al funzionario del patronato quanti contributi aveva complessivamente versato nei 41 anni.
La risposta del cortese impiegato?
Meglio che non glielo dico perché si arrabbierebbe ancora di più, anzi le do un consiglio: non versi più contributi in quanto non migliorerebbe la sua pensione.
In sostanza i piccolo imprenditore rischia di perdere la concessione a causa di una assurda e iniqua direttiva europea, non gode di ammortizzatori sociali e dovrebbe vivere con una pensione di 500 euro mensili per tredici mensilità.
È una vera indecenza difendere chi, potendo lavorare, approfitta di un sussidio che incentiva il non lavoro a spese di chi tiene in piedi il nostro barcollante Paese!
Guglielmo d’Agulto
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