Germania e Olanda si oppongono al price cap
La crisi energetica e il rialzo dei prezzi del gas stanno mettendo in ginocchio famiglie e imprese europee.
La riduzione dei consumi dell’ultimo mese in tutta Europa ha fatto tirare un sospiro di sollievo a molti Stati, in apprensione per il livello degli stoccaggi in vista dell’inverno, ma al prezzo di una costante e allarmante deindustrializzazione.
Da quasi un anno ormai oltre dieci paesi dell’Ue, Italia in testa, chiedono alla Commissione europea di disegnare un modello di price cap per fronteggiare il problema.
Martedì la Commissione europea ha finalmente presentato una proposta, che verrà discussa oggi al Consiglio straordinario dell’energia, ed è (per usare un eufemismo) molto deludente.
Perché il price cap ideato dalla Commissione europea entri in vigore il prezzo dovrà superare la soglia altissima dei 275 euro per megawattora.
Non per un giorno, ma per 14 giorni di fila. Inoltre, durante questi 14 giorni, il divario con gli indici di riferimento per il gas liquefatto dovrà essere di almeno 58 euro per megawattora per 10 giorni consecutivi.
Questo scenario, finora, non si è mai realizzato. Neanche ad agosto, quando i picchi del prezzo dell’energia hanno gettato nel panico tutta Europa.
La proposta della Commissione europea, insomma, è stata scritta in modo tale da far sì che il price cap non entri mai in funzione. E che resti dunque attivo solo sulla carta.
Le ragioni che hanno spinto la Commissione a disegnare questo impianto di maquillage energetico sono note. Germania e Olanda si oppongono strenuamente al price cap e hanno più volte ripetuto che non permetteranno mai che entri in funzione.
Berlino perché gode già di forti sconti da parte di Gazprom e non vuole irritare ulteriormente i russi.
Amsterdam perché ospita la borsa di riferimento e guadagna ogni volta che i prezzi si alzano.
Un simile price cap entrerebbe in vigore, secondo le previsioni della Commissione, solo nel caso in cui «una domenica notte venisse fatto saltare in aria un gasdotto provocando fibrillazioni sul mercato a partire dal lunedì».
Ma come dicono a Bruxelles, «è solo uno strumento di dissuasione, che in una situazione ideale non sarà mai attivato».
Nella proposta, tra l’altro, è addirittura prevista una clausola che dà alla Commissione il potere di non attivarlo anche qualora si verifichino le condizioni “impossibili” contenute nella proposta.
Ci si potrebbe chiedere che senso abbia approvare un price cap disegnato per non entrare mai in funzione.
In realtà il meccanismo risponderebbe a due esigenze: salvare la faccia a Germania e Olanda, che potrebbero acconsentire ad approvarlo, e salvare le apparenze in Unione Europea.
La presidente Ursula von der Leyen, in seguito all’approvazione del tetto al prezzo, potrebbe dare fiato alla già esausta tromba della propaganda e ribadire quanto l’Europa sia unita davanti alle difficoltà poste dal conflitto.
Un price cap così concepito, però, non assolverebbe al compito per cui viene tanto invocato: aiutare le famiglie e le imprese europee in difficoltà.
È in sostanza una finzione burocratica che difficilmente verrà accettata oggi dai paesi che hanno proposto il tetto al prezzo per la prima volta al Consiglio europeo informale di Versailles del 10 marzo.
Da allora sono passati otto mesi e in tutto questo tempo l’Unione Europea non è stata in grado di trovare uno straccio d’accordo che fosse diverso da una presa per i fondelli.
Piero Vernigo
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