L’Occidente ha fornito aiuti per 40 miliardi in Ucraina
Gli Stati Uniti e gli alleati Nato stanno cominciando ad avere difficoltà a mantenere il ritmo di aiuti militari all’Ucraina, dove un “giorno di guerra ne vale trenta di quella in Afghanistan”.
L’indicazione arriva da un articolo del New York Times in cui si analizzano le richieste di Kiev e quello che gli alleati possono garantire.
E dopo nove mesi di conflitto, gli sforzi vengono considerati quasi al limite.
L’analisi sembrerebbe un segnale alla stessa Ucraina, proprio nel momento in cui il presidente Volodymyr Zelensky ha chiesto agli alleati un altro sforzo.
La quantità di artiglieria che è stata fin qui usata, secondo fonti della Nato citate dal giornale newyorkese, è consistente: mentre le forze del Patto Atlantico in Afghanistan hanno sparato in media trecento colpi, e non dovevano preoccuparsi della difesa aerea, in Ucraina sono migliaia al giorno e in più vanno considerati gli attacchi aerei da parte dei missili russi e dei droni di produzione iraniana.
“Un giorno in Ucraina – commenta Camille Grand, esperto di difesa del think tank European Council ed ex assistente della Nato – equivale a un mese o più in Afghanistan”.
La scorsa estate nella regione del Donbass sono stati sparati in media tra i 6 mila e i 7 mila colpi di artiglieria al giorno, contro i 40-50 mila dei russi. Per dare un ordine di grandezza, gli Stati Uniti ne producono 15 mila al mese.
Per mantenere il ritmo delle forniture, e garantire all’Ucraina la necessaria copertura militare, i Paesi occidentali stanno utilizzando anche vecchi sistemi alternativi in grado di sostituire gli stock di costosi missili difensivi e i famosi Javelins anti-carro.
Molti contratti con le industrie belliche stanno per scadere e vanno rinnovati, inoltre sarebbe necessario aumentare i turni di lavoro per alzare la produzione.
Le munizioni vengono prese anche dalla Corea del Sud, mentre all’interno della Nato si sta discutendo se riaprire vecchi stabilimenti nella Repubblica Ceca, in Slovacchia e Bulgaria per produrre proiettili e granate di vecchia fabbricazione sovietica.
Paesi come Polonia e quelli del Baltico, che hanno fornito grandi quantità di armi, adesso si trovano in difficoltà.
La Francia, che ha stanziato un fondo da 200 milioni di dollari per permettere all’Ucraina di acquistare armi, ha già dato 18 moderni obici semoventi Cesar, che rappresentano il 20 per cento di tutta l’artiglieria in dotazione, ed è riluttante a fornirne altri.
Finora l’Unione Europea ha stanziato più di tre miliardi di euro per compensare gli Stati che hanno aiutato l’Ucraina, soldi che nel novanta per cento sono già stati assegnati.
In totale i Paesi Nato hanno fornito aiuti per 40 miliardi di dollari, che è quasi quanto la sola Francia stanzia annualmente per la difesa. Paesi più piccoli hanno quasi esaurito il loro budget.
Restano i più grandi, e tra questi viene citata anche l’Italia, insieme a Francia, Germania e Olanda. Allo stesso tempo gli alleati occidentali non potranno rispondere a tutte le richieste di Kiev.
Gli ucraini hanno chiesto missili superficie-superficie a lungo raggio, caccia e carri armati di ultima generazione.
Gli Alleati sono prudenti, perché non temono che i missili tattici tipo gli Atacms, prodotti negli Stati Uniti e in grado di raggiungere un raggio di 190 chilometri, possano essere usati per colpire la Russia e la Crimea, scatenando una reazione che coinvolgerebbe direttamente anche la Nato.
Anche le forniture di ‘tank’ e caccia sono complicate, perché richiedono almeno un anno di addestramento. Ma al momento il problema più grosso riguarda la fornitura di proiettili per artiglieria, e quella è una sfida in salita.
“Se vuoi aumentare la capacità di produzione – spiega Mark Cancia, ex stratega della Casa Bianca – servirebbe partire quattro o cinque anni prima per cominciare a vedere i risultati”.
Salvarico Malleone
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