Terremoto in Turchia e Siria come 100 atomiche
Si aggrava di ora in ora il bilancio dei morti del sisma che ha colpito la Turchia e la Siria dall’alba di lunedì: sono almeno 4.372 i morti. In particolare, in Turchia sono stati segnalati 2.921 decessi, secondo quanto riferito da Yunus Sezer, responsabile dei servizi per le catastrofi. In totale sono stati segnalati 15.834 feriti.
In Siria le vittime sono finora 1.451 e 3.531 feriti. Cifre destinate inevitabilmente a salire, mentre si scava tra le macerie alla ricerca di sopravvissuti.
Secondo quanto dichiarato da Catherine Smallwood, responsabile delle emergenze per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità i morti potrebbero arrivare finanche a 20 mila.
Questo perché, come ha spiegato ad AFP, “c’è sempre la possibilità che si verifichino altri crolli.
Purtroppo – ha osservato – con i terremoti si verifica sempre la stessa cosa: i rapporti iniziali sul numero di persone morte o ferite aumentano in modo significativo nella settimana successiva”.
Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato 7 giorni di lutto nazionale e le scuole di tutto il Paese rimarranno chiuse fino al prossimo 13 febbraio.
Due terremoti, quattro scosse di grado compreso tra 6,4 e 7,7 hanno fatto tremare dieci diverse cittàin quello che Erdogan ha definito “il terremoto più disastroso dal 1938”.
Un sisma che è subito entrato nella sinistra classifica dei 10 terremoti più letali che hanno colpito la Turchia dal 1930 a oggi.
Il Paese è attraversato da due faglie, la anatolica e la africana, a nord e a sud, generate dalla spaccatura della placca arabica che coincide con il sud est del Paese.
Hatay, Gaziantep, Kilis, Urfa, Adiyaman, Osmaniye, Malatya, Kahramanmaras, Adana, Diyarbakir sono le principali città che oggi contano i morti e si trovano dinanzi al conto dei danni e di migliaia di palazzi già abbattuti perché sul punto di crollare.
Immediatamente scattata la macchina dei soccorsi, organizzatissima in Turchia con la protezione civile AFAD purtroppo non nuova a questo tipo d’interventi.
La stessa Afad ha comunicato che la prima scossa, di magnitudo 7,7, ha colpito alle 4:17 del mattino (Roma +2), epicentro a Pazarcik, nella provincia di Kahramanmaras, alla profondità di 7 km.
La seconda scossa ha colpito Gaziantep pochi minuti dopo, magnitudo 6,4, seguita da un terzo movimento tellurico di grado 6.5.
Una scossa di grado 7.5 ha fatto tremare di nuovo la provincia di Kahramanmaras 7 ore dopo, picco di uno sciame sismico che ha fatto registrare più di 150 scosse
Scosse avvertite in Iraq, Libano, Cipro ed Egitto e che in Siria hanno fatto registrare almeno mille morti.
Erdogan è arrivato con un volo da Istanbul presso la sede della presidenza dell’Afad, dove ha assunto il coordinamento delle operazioni.
Stavolta però la Turchia si trova dinanzi a una catastrofe di portata ben diversa e l’organizzatissima macchina dell’Afad, che ha estratto più di 6 mila persone nella giornata di oggi, potrebbe non bastare.
Erdogan ha specificato di aver ricevuto proposte di aiuto da 45 Paesi al di fuori della Nato e dell’Unione Europea.
La Germania è stata la prima a offrire aiuto, ma non sono mancati all’appello gli eterni amici-nemici della Grecia, così come è arrivata la telefonata del presidente francese Emmanuel Macron, i cui rapporti con Erdogan sono spesso problematici e del presidente israeliano Isaac Herzog, con cui invece Erdogan ha ricucito nel corso del 2022.
Sopratutto però non sono mancate le telefonate del presidente ucraino Volodimir Zelensky e del leader russo Vladimir Putin. Inevitabile che un certo coordinamento scatti proprio tra Russia e Turchia.
Il sisma ha infatti generato una catastrofe che riguarda il confine tra Siria e Turchia, la stessa area rispetto a cui Erdogan e Putin hanno raggiunto diverse intese negli ultimi anni, un territorio in cui giacciono due enclave sotto il controllo di Ankara.
La Croce Rossa turca gestisce anche dei campi profughi e ospedali nella provincia del nord ovest siriano di Idlib. Mosca è da anni essenziale per mantenere in piedi il regime di Damasco e ha già inviato squadre di soccorso e aiuti in Siria e l’intervento russo sarà probabilmente coordinato con quello turco.
Intanto, si è appreso che una ventina di presunti combattenti dello Stato Islamico (Isis) sono fuggiti dalla prigione militare di Rajo, situata vicino al confine turco della Siria nord-occidentale, durante un ammutinamento a seguito del terremoto.
Niccolò Rejetti
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