Il tartufo, il fungo dall’aroma inconfondibile
Perché i tartufi hanno un aroma e questo da dove deriva?
I tartufi sono funghi sotterranei con i corpi fruttiferi sotto la superficie del suolo che impedisce loro di disperdere le spore attraverso l’aria e il vento.
Per questo hanno sviluppato aromi per attirare animali che mangiano i corpi fruttiferi e successivamente attraverso le loro feci disperdono le spore diffondendo il tartufo in nuovi ambienti.
Piccoli roditori e mammiferi più grandi come il cane, il maiale e l’uomo stesso non sono gli unici in grado di localizzare tartufi sottoterra, ma anche insetti come scarafaggi e mosche.
Per fare questo i tartufi emanano una vasta gamma di alcoli, esteri, chetoni, aldeidi e altri composti aromatici e solforati.
Ad oggi, il numero di sostanze volatili identificate in varie specie di tartufi è di circa duecento e solo una piccola parte di questi sono responsabili di ciò che gli esseri umani percepiscono come l’odore del tartufo.
I mammiferi, dei quali l’uomo fa parte, localizzano i tartufi principalmente con l’aroma del dimetilsolfuro che non è l’unica molecola volatile che possono odorare e per questo sono in grado di distinguere e soprattutto apprezzare le specie di tartufo, mentre a tutt’oggi sono ancora ignote le molecole che attirano gli insetti.
Indubbiamente i tartufi emanano molecole odorifere che sono il risultato di una lunghissima selezione naturale.
Molto meno nota è l’origine di questi aromi e come questi sono più o meno diversi secondo i luoghi nei quali i tartufi della stessa specie botanica sono cresciuti.
Recenti studi stanno dimostrando l’importanza del microbioma nella formazione delle molecole che costituiscono gli aromi dei tartufi.
I tartufi sono funghi sotterranei che formano ectomicorrize in un rapporto simbiotico con le radici delle piante, in modo particolare quelle d’alto fusto degli ecosistemi forestali (Fagus, Picea, Pinus, Quercus).
Queste ectomicorrize sono un microbioma diversificato composto da batteri, lieviti, funghi filamentosi ospiti e virus presenti anche nella formazione dei corpi fruttiferi e li troviamo nel tartufo.
La flora microbica che si trova nei tartufi è differenziata e composta soprattutto da batteri e secondo recenti ricerche l’aroma più diffuso nei tartufi, il dimetilsolfuro, è di origine mista fungina (tartufo) e batterica, poiché si è visto che gli Alphaproteobacteria sono in grado di produrlo.
Secondo Maryam Vahdatzadeh e collaboratpri (Maryam Vahdatzadeh, Aurélie Deveau, Richard Splivallo – The Role of the Microbiome of Truffles in Aroma Formation: a MetaAnalysis Approach – Applied and Environmental Microbiology, 81 (20) 6946 – 6953, 2015) molti altri aromi comuni a molte specie di tartufo potrebbero essere di origine mista tra il tartufo e il suo microbioma, mentre gli aromi meno comuni potrebbero essere derivati solo dai microrganismi.
Per trovare una risposta a queste possibilità bisognerebbe però avere tartufi privi di microbi e che non stato ancora possibile ottenere.
Il ruolo dei batteri nella produzione degli aromi dei tartufi apre nuove prospettive per comprendere non solo l’origine degli aromi in diverse specie botaniche di tartufo, ma le differenze aromatiche che in una stessa specie vi sono quando questa si sviluppa su terreni diversi per composizione, acidità ed altro, in periodi stagionali e climatici dissimili e altri elementi capaci di influire e o condizionare il tipo di microbiota che agisce nella formazione del tartufo contribuendo alla produzione degli aromi. Si potrebbe così a spiegare come uno stesso tipo botanico di tartufo ha anche aromi diversi nei differenti territori nei quali cresce.
Conoscere con precisione ciò che avviene all’interno dei corpi fruttiferi del tartufo richiederà la delucidazione dei percorsi biosintetici degli aromi specifici con l’uso di tecniche innovative per capire in che misura i batteri dei microbiomi partecipano alla formazione dell’aroma del tartufo e quindi avere conoscenze ricche d’interessanti prospettive.
Per esempio il tartufo Tuber Uncinatum Chatin ha un’ampia diffusione ecologica, cresce sotto vari tipi di latifoglia ed in terreni prevalentemente argillosi o ricchi di humus.
Diffuso dalla costa Mediterranea alla Scandinavia, dalla costa Atlantica all’ex U.R.S.S. in Italia è comune in alta collina e in montagna di molte regioni centrali e alcune settentrionali.
Le diversità aromatiche di questo tartufo, come di altri tartufi, differiscono secondo i luoghi di produzione e oggi potrebbero essere ascritte anche a diversità del microbioma che interviene nella produzione di molecole aromatiche.
Le conoscenze delle differenti varianti aromatiche dei tartufi di una stessa specie, ma con microbiomi legati al territorio e contenenti diversi microrganismi (batteri) coinvolti nella produzione degli aromi, hanno interessanti conseguenze.
Oltre ai riflessi gustativi e quindi gastronomici, la conoscenza del ruolo dei microbiomi territoriali apre infatti una nuova strada nella qualificazione di territori tartuficoli e delle loro produzioni (Tartufi DOP e IGP).
Giovanni Ballarini presidente Accademia Italiana della Cucina
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