Il 2022 conferma l’Italia primo produttore mondiale di vino
In occasione del Vinitaly, Intesa Sanpaolo ha promosso il convegno “Le nuove generazioni del vino tra tradizioni di famiglia e finanza d’impresa” sotto l’egida di Massimiliano Cattozzi, responsabile della Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo con la presentazione di uno studio curato da Stefania Trenti, responsabile Industry Research, Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo e con l’intervento di Andrea Falchetti responsabile Direzione Corporate Finance Mid–Cap Intesa Sanpaolo e di Cristiana Fiorini, responsabile Direzione Wealth Management Intesa Sanpaolo Private Banking.
L’Italia si conferma anche nel 2022 primo produttore mondiale di vino, con oltre 50 milioni di ettolitri, e secondo per export sia in valore (dopo la Francia) che in quantità (dopo la Spagna).
Le esportazioni di vino italiano nel 2022 sono cresciute di circa il 10% a valori correnti (stabili in quantità) raggiungendo la cifra di 7,8 miliardi di euro.
Gli Stati Uniti sono la prima destinazione commerciale per i vini italiani, con oltre 1,8 miliardi nel 2022 (+8%), segue la Germania con circa 1,2 miliardi (+5%) e il Regno Unito con oltre 800 milioni (+9%).
Lo studio presentato alle numerose aziende vitivinicole clienti intervenute, mostra che nonostante uno scenario incerto e volatile nel 2023, tra costi altalenanti, difficoltà di reperimento di manodopera e eventi climatici sempre più impattanti, per il vino italiano si aprono prospettive interessanti sia sul mercato nazionale che su quello estero.
Secondo il sondaggio condotto presso le filiali Intesa Sanpaolo, nel 2023 si prospetta un rallentamento generalizzato del fatturato ma nel complesso una buona tenuta dei margini.
Sul fronte interno, il settore potrà beneficiare dell’ulteriore recupero della socialità post-pandemia e della forte ripresa del turismo e della ristorazione: il fatturato dei servizi di alloggio è nel 2022 cresciuto del 10% rispetto al 2019; per i ristoranti la crescita è stata del 7%.
Sui mercati internazionali, i buoni risultati del 2022, potranno continuare ad essere sostenuti dall’ottimo posizionamento qualitativo del vino italiano (siamo il primo Paese in Europa per numero di certificazioni DOP/IGP con 526 certificazioni nei vini, segue la Francia con 437), dal forte legame con il territorio e da una ricchezza di biodiversità dei nostri vigneti che non ha eguali al mondo-
Secondo uno studio dell’OIV il 75% della superficie vitata italiana è composta da ben 80 vitigni diversi, il doppio rispetto ai 40 del Portogallo, addirittura solo 15 per Francia e Spagna.
Ma le opportunità da cogliere sono ancora molte.
L’Oriente è ancora un mercato da conquistare per il vino italiano: in Cina, ad esempio, la nostra quota di export in valore è ancora molto bassa, soprattutto se paragonata a quella della Francia, nostro principale competitor: per i vini fermi siamo al 2% mentre i francesi superano il 13%.
Si tratta di un mercato dalle enormi potenzialità non solo in relazione all’estensione del territorio, ma anche per la forte ripresa dell’attività dopo le limitazioni particolarmente stringenti dell’ultimo triennio, in un’economia che non si è fermata, in termini di PIL, neanche nel 2020.
Bisogna inoltre lavorare sul corretto posizionamento di prezzo della nostra offerta enologica, forse ancora poco remunerata in relazione alla qualità che esprime.
Il prezzo medio dei nostri vini DOP è sensibilmente più basso rispetto a quelli francesi: ad esempio, per i Rossi Dop della Bourgogne il valore medio unitario dell’export è di circa 38 euro al litro, per i Rossi DOP del Piemonte e della Toscana siamo intorno ai 10 euro al litro.
Ancora più marcata la differenza tra Champagne (circa 28 €/L) e Prosecco (circa 4 €/L).
Le sfide nel futuro del vino saranno guidate dalla sostenibilità e dalla digitalizzazione: nuove energie potranno venire da un processo di ricambio generazionale, urgente in Italia per quasi un’impresa vitivinicola su 10.
Bisognerà continuare su un percorso di rafforzamento dimensionale e patrimoniale: in Francia oltre l’80% delle aziende vitivinicole ha una dimensione superiore ai 10 ettari, in Italia solo il 50%.
Claudia Treves
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