Fango mediatico gratuito e abbondante su Papa Wojtyla
Papa Francesco ha rivolto oggi un “pensiero grato” alla memoria di Giovanni Paolo II, “oggetto di illazioni offensive e infondate”.
La chiara presa di posizione di Bergoglio giunge all’indomani dello scontro tra il Promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi, e Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, scomparsa 40 anni fa in circostanze mai chiarite e sul cui caso lo stesso Papa ha fatto riaprire le indagini.
Ieri Diddi ha convocato l’avvocato di Orlandi, Aliura Sgrò, per chiedere di fare i nomi dietro a quanto raccontato da Pietro in televisione poche ore prima, vale a dire di presunte uscite notturne di Giovanni Paolo II “non certo a benedire case”.
Affermazioni contenute in un audio fatto sentire in diretta, il cui autore sarebbe un non meglio identificato personaggio vicino alla Banda della Magliana.
L’avvocatessa, convocata come persona informata sui fatti, ha opposto il segreto professionale.
Segreto professionale che quando fa comodo viene utilizzato, altrimenti diventa un optional.
I media vaticani, prima Vatican News e poi l’Osservatore Romano, hanno apertamente criticato sia Sgrò, sia Orlandi perché si sono rifiutati di dire da chi avrebbero raccolto “le voci sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla che, secondo quanto raccontato dal fratello di Emanuela durante la trasmissione Di Martedì, la sera se ne usciva con due suoi amici monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case”.
Evidentemente resosi conto del maleodore della mota da lui sparpagliata ai quattro venti ha cercato di correre ai ripari con una replica: “Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché?”, ha scritto su Facebook. Poi quella della stessa Sgro’: “Attaccare il segreto professionale è attaccare la libertà e la ricerca indipendente della verità“.
Anche Sgrò ha voluto puntualizzare, in una lettera agli organi di informazione vaticani, che “Una mia personale audizione come persona informata sui fatti è evidentemente incompatibile con la mia posizione di difensore della famiglia Orlandi e dell’attività in favore della ricerca di Emanuela che sto svolgendo”.
Sgrò ha poi commentato gli articoli sui media vaticani: “Quanto leggo è una pressione su di me a violare la deontologia professionale cui sono tenuta e a cui non intendo, in alcun modo, derogare”. In conclusione, l’avvocatessa ha precisato che “Pietro Orlandi non ha mai accusato di nulla Sua Santità di Giovanni Paolo II e nessuna persona che io rappresento lo ha mai fatto. Ha chiesto approfondimenti su fatti a lui riferiti”.
“Avendo consultato l’Ufficio del Promotore di Giustizia – ha dichiarato a questo punto il prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini – posso confermare che quanto riferito da Vatican News in merito alle dichiarazioni fatte su Papa Giovanni Paolo II, in televisione, e alla testimonianza resa dinanzi al Promotore di Giustizia vaticano, risponde esattamente al vero. Né Pietro Orlandi né l’avvocato Laura Sgrò hanno ritenuto di fornire al Promotore nomi o elementi utili riguardo alle fonti di tali affermazioni e alla loro credibilità. Per la magistratura vaticana sarebbe stato essenziale conoscere la fonte delle voci riportate da Orlandi.
Purtroppo ciò non è avvenuto. Nella sua comunicazione l’avvocato Sgrò sostiene anche che quanto da noi scritto sia una pressione su di lei tesa a indurla a violare la deontologia professionale e in particolare il segreto professionale. Anche questa affermazione non è veritiera. Vatican News si è limitato a riportare i fatti in maniera obiettiva e trasparente”.
Secondo Ruffini “la richiesta di incontrare il Promotore di Giustizia è stata fatta dall’avvocato Sgro’ l’11 gennaio 2023. Ed è stata reiterata a più riprese a mezzo stampa nei mesi successivi l’intenzione di consegnare ‘personalmente’ documenti al Promotore di Giustizia. Come già detto, il Promotore di Giustizia non ha ricevuto alcun nome o elemento utile relativamente alle accuse rivolte a Papa Wojtyla, come correttamente affermato nel titolo e nel testo dell’articolo di Vatican News”.
Nel frattempo, parlando con l’Agi, lo stesso Diddi ha aggiunto: “Al momento non posso che prendere atto di questa situazione inspiegabile – afferma Diddi – Noi ci siamo messi a disposizione, in silenzio e senza dare nell’occhio, ritenevano che non stessimo facendo nulla, ma come abbiamo dimostrato non era cosi’. Adesso che devono darci le informazioni importanti si tirano indietro: è inspiegabile. Non riesco a capire. Inizio quasi a pensar male, ma al momento prendo atto e basta”.
Tirare in ballo Papa Wojtyla è un qualcosa di raccapricciante, cercare di mettere una pezza alle frasi spudorate lanciate in tv è ancora peggio.
Pietro Orlandi ha accompagnato all’audio attribuito ad un sedicente membro della banda della Magliana il quale asserisce, anche il bandito blatera senza prove, indizi, testimonianze, riscontri o circostanze, che Giovanni Paolo II “pure insieme se le portava in Vaticano quelle”.
Quelle sono Emanuela e altre ragazze: per porre fine a questa “schifezza” il segretario di Stato di allora si sarebbe rivolto alla criminalità organizzata per risolvere il problema.
Una follia.
E non lo diciamo perché Karol Wojtyla è santo o perché è stato Papa. Anche se questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti.
La diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, che sia chierico o laico, Papa, metalmeccanico o giovane disoccupato.
È giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità alcuna o privilegi.
È sacrosanto che si indaghi a 360 gradi per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela.
Ma nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta tv.
Arnaud Daniels
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