Bruxelles brucia quasi 3.000 pescherecci italiani
Sono quasi tremila i pescherecci italiani che saranno “affondati” dalle nuove linee europee che prevedono la scomparsa della pesca a strascico, il settore più produttivo della marineria nazionale, con un impatto devastante sull’economia sull’occupazione e sui consumi.
È l’allarme lanciato dai pescatori di Coldiretti Impresapesca che hanno avviato la protesta nei i porti lungo tutta la Penisola, anche facendo suonare all’unisono le sirene delle imbarcazioni.
Una mobilitazione che riguarda tutta l’Unione europea, con l’hashtag “Sos Eu fishing” per tutto il weekend che precede la giornata dell’Europa del 9 maggio.
L’obiettivo è far arrivare la protesta a Bruxelles e al commissario alla Pesca ed all’Ambiente, Virginijus Sinkevicius, le cui nuove linee di indirizzo ad integrazione della Politica comune prevedono provvedimenti choc per la flotta Italia.
La misura più dirompente è il divieto del sistema di pesca a strascico che rappresenta in termini di produzione ben il 65% del pescato nazionale, operando in media non più di 130 giorni all’anno, secondo l’analisi di Coldiretti Impresapesca.
Ma le nuove linee prevedono anche la restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30% di quelle attuali con scadenze ravvicinate nel 2024, nel 2027 per concludersi nel 2030.
Scelte che sono il frutto di un estremismo ambientalista lontano dalla logica e che non tiene conto peraltro di quanto già promosso dalla stessa Unione europea sul fronte della tutela degli stock, con le norme di contenimento dello sforzo di pesca nel Mediterraneo, in particolare per Adriatico e West-Med, avviate nel 2019 e seguite dai pescherecci italiani, che, a detta della stessa commissione, cominciano a dare risultati positivi sulla conservazione delle risorse ittiche.
Un risultato raggiunto grazie ai sacrifici delle marinerie italiane che vengono ora di fatto cancellati, mentre le stesse regole non vengono seguite dai pescherecci dei Paesi extra Ue che si affacciano sul Mediterraneo, liberi di fatto di pescare anche più di prima approfittando delle restrizioni a cui sono obbligate quelle nazionali.
L’eliminazione della pesca a strascico senza che siano state peraltro previste risorse adeguate per la riconversione significa per l’Italia la rinuncia ai due terzi del pescato nazionale, aggravando ulteriormente una situazione che nel 2022 ha visto arrivare in supermercati e ristoranti del nostro Paese oltre un miliardo di chili di prodotto straniero tra fresco e trasformato, pronto spesso per essere servito come tricolore nei ristoranti.
Alle importazioni selvagge e alle scelte Ue si sommano anche gli effetti combinati del surriscaldamento, dei cambiamenti climatici e di una burocrazia comunitaria sempre più asfissiante, con il risultato che nello spazio di un trentennio sono già scomparsi il 33% delle imprese e ben 18.000 posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12 mila unità.
E intanto bussa già alla porta il pesce in provetta dove l’ultima deriva arriva dalla Germania con i primi bastoncini di sostanza ittica coltivati in vitro senza aver mai neppure visto il mare, mentre negli Usa con un’abile strategia di marketing si stanno buttando sul sushi in provetta.
La società tedesca Bluu Seafood impegnata nel progetto – osserva Coldiretti – promette di ricreare in laboratorio la carne di salmone atlantico, trota iridea e carpa partendo da cellule coltivate e arricchite di proteine vegetali.
Un business non indifferente se si considera che a livello globale ogni persona consuma oltre 20 chili di pesce vero all’anno, mentre gli italiani ne mangiano circa 28 chili pro capite, sopra la media europea che è di 25 chili.
Raimondo Adimaro
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