Il disastro in Emilia Romagna è solo colpa della natura?
Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera, prende spunto dalle inondazioni in Emilia Romagna per parlare “dei nostri errori negli anni”.
Attribuire tanti lutti e tanti danni alla (solita) calamità naturale ingigantita dai cambiamenti climatici diventa riduttivo.
Ma – scrive l’editorialista – è solo la natura la responsabile, oggi, delle 271 frane in 58 comuni (44 in provincia di Bologna, 90 in quella di Ravenna, 103 in quelle di Forlì-Cesena…) o sono state determinanti certe scelte urbanistiche sbagliate se non temerarie in una regione dove in totale sono state censite 80.335 frane cioè una su otto delle 620 mila contate Italia?
Se le case e i condomini di Borgo Durbecco (Faenza) finiscono sotto acqua non sarà perché sono state costruite, anche in tempi recenti, cinque metri sotto la quota del centro storico e dell’argine dei fiume?
È merito della buona sorte se Piazza Maggiore non è allagata come in una scellerata fake news messa ieri on-line o perché gli avi dei bolognesi di oggi scelsero un luogo quindici metri sopra la quota del Reno?
Sempre l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale denunciava nel 2015 come il consumo effettivo del territorio, nel dopoguerra, fosse schizzato mediamente al 10,8% (oltre il doppio della media del territorio urbanizzato in Europa: 4,3%) con picchi da incubo nel Veneto (14,7%), Lombardia (16,3%), Campania (17,3%) fino al 22,8% in Liguria.
Dal 2015 ad oggi poco o pochissimo è stato fatto per arginare il disastro pluviale.
Per non dire del suolo consumato in aree a rischio idraulico.
Con Toscana ed Emilia Romagna all’11%, Marche al 13% e Liguria addirittura al 30,1%.
Da brividi.
Eppure si è continuato e si prosegue a costruire, costruire, costruire.
Asfalto, mattoni e cemento in abbondanza esagerata.
Lo stesso patrimonio paesaggistico, monumentale, artistico, come ricorda Giuseppe Caporale nel saggio Ecoshock appena uscito per Rubbettino, un patrimonio sul quale il Paese conta anche sotto il profilo turistico, è a rischio.
E torniamo sempre lì, alla domanda che da troppi anni tormenta chi ama questo Paese: arriveremo finalmente a una vera consapevolezza della gravità del problema?
O ci butteremo tutto alle spalle, come sempre, appena smetterà di piovere?
Con il solito scaricabarile tra i vari uffici e le varie amministrazioni periferiche e centrali, di qualunque colori esse siano.
Tra qualche settimana della pioggia e dell’alluvione che ha devastato la Penisola non rimarrà neppure il ricordo.
Salvarico Malleone
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