Nel 2023 l’export supererà il 50% del fatturato
È la fotografia di un’industria manifatturiera italiana sostanzialmente in buona salute, quella che emerge dal 103esimo “Rapporto Analisi dei settori industriali” di Intesa Sanpaolo redatto in collaborazione con Prometeia.
Per fine 2023 si prevede un livello di fatturato stabile a prezzi costanti (+0,4% tendenziale) che consolida i significativi progressi del biennio precedente (+9,1% la crescita media annua nel 2021-22).
Ma un dato particolarmente importante è la quota di fatturato generata dall’export che nel 2023 per la prima volta supererà la soglia del 50 per cento, grazie alla capacità delle imprese di servire nicchie a elevato valore aggiunto.
A prezzi correnti il fatturato complessivo segna poi un altro record: quota 1.160 miliardi a fine 2022, e in prospettiva il superamento di 1.170 miliardi di euro a fine anno, 260 miliardi di euro in più rispetto al 2019.
In prospettiva – si legge nel Rapporto – la distensione del contesto operativo interno e internazionale, grazie anche al rientro dell’inflazione, permetterà al manifatturiero italiano di crescere nei prossimi anni a ritmi più vivaci di quelli degli ultimi decenni: 1,3% medio annuo nel 2024-27 a prezzi costanti e 2% a prezzi correnti.
Sul fronte interno, l’aspettativa è che i fondi del Pnrr sostengano il ciclo degli investimenti, controbilanciando l’andamento meno brillante dei consumi, penalizzati dall’erosione dei redditi reali imposta dall’inflazione, soprattutto nel 2023 e, nel medio termine, dai cambiamenti nelle abitudini di spesa, conseguenti anche al progressivo invecchiamento della popolazione.
Fra i settori più dinamici nel 2023 e nel medio termine si trovano Elettrotecnica, Meccanica, Elettronica e Autoveicoli e moto. Seguono i settori che più di altri saranno in grado di cogliere le opportunità di crescita sui mercati esteri: Sistema moda, Farmaceutica e Largo consumo. In fisiologico rallentamento i Prodotti e materiali da costruzione e gli intermedi chimici, sensibili alla domanda edilizia, e i settori produttori di beni destinati all’ambiente domestico, Mobili ed Elettrodomestici.
Il Rapporto mette in evidenza anche alcune criticità che potrebbero essere penalizzanti per l’andamento della nostra industria manifatturiera; prima fra le altre il gap generazionale e l’invecchiamento non solo dei vertici aziendali, ma in proporzione di tutta la forza lavoro.
Nel 2022 la quota di occupati under 40 nell’industria manifatturiera italiana è infatti scesa al 34,8%, dal 51,1% del 2008, la percentuale più bassa fra le grandi manifatture europee, e a fronte di una media UE27 del 39,6%. Il progressivo invecchiamento della forza lavoro è visibile in tutti i settori, con picchi più intensi nel Sistema moda, nei Prodotti e materiali da costruzione e nei Mobili.
Se proiettato verso un orizzonte di medio termine, questo fenomeno potrebbe incidere in maniera significativa sulla capacità delle imprese di realizzare un corretto passaggio di competenze, a fronte di un processo di transizione digitale e ambientale che, tra l’altro, impone di accelerare sulla formazione ICT e nelle materie STEM, dove l’Italia ha ancora notevoli lacune da colmare con i concorrenti europei.
A livello di figure apicali il fenomeno dell’invecchiamento delle risorse umane è ancora più delicato evidenziando un ritardo sul passaggio generazionale ai vertici che si traduce in debolezza.
L’analisi di un campione rappresentativo di circa 82mila imprese manifatturiere ha messo in luce come, al 2022, solo il 20,5% delle realtà abbia almeno un amministratore under 40 all’interno del board.
Dal punto di vista finanziario, infine, il rapporto indica che i tassi di crescita più modesti e costi di approvvigionamento ancora penalizzanti incideranno sui margini unitari nel 2023, ma l’Ebitda si confermerà su livelli storicamente elevati.
Pur a fronte di una dispersione delle performance, tra settori e all’interno dei settori, le imprese manifatturiere italiane possiedono infatti al loro interno le risorse necessarie per affrontare le sfide dell’orizzonte previsivo.
L’analisi dei bilanci internazionali conferma poi un significativo processo di convergenza tra l’industria italiana e i competitor europei di Germania, Francia e Spagna, in termini di rafforzamento della redditività, della patrimonializzazione e degli equilibri finanziari.
Salvarico Malleone
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