I fagioli di Papa Clemente VII e la teogastronomia
Che le religioni abbiano rapporti con gli alimenti, cucina e gastronomia non è una novità, tanto che oggi si parla di teogastronomia e di saggezza teogastronomica (Francys Silvestrini Adâo S.I.- La saggezza teogastronomica – La Civiltà Cattolica 2023 II, pag. 449-461) un esempio della quale sono i fagioli che dopo la scoperta delle Nuove Indie (Almerica) sono subito diffusi in Italia per opera di Papa Clemente VI (Giulio Zanobi di Giuliano de’ Medici – 1478 – 1534) e dell’umanista italiano, cardinale (1533) e prete (1537) Giovanni Pietro Valeriano Dalle Fosse (1477 – 1558).
Fin dall’antichità il fagiolo dall’occhio (Vigna unguiculata) originario dell’Africa è coltivato da Greci e Romani e durante il Medioevo costituisce una delle fonti di proteine delle classi povere rientrando anche tra le coltivazioni raccomandate da Carlo Magno (742 – 814) nel Capitulare de villis (770 – 813).
Questa conoscenza indubbiamente costituisce un vantaggio nella diffusione in Europa del fagiolo americano (Phaseolus vulgaris L.) che pare iniziare nel nostro Veneto nel 1729.
Nel nuovo continente i fagioli sono osservati da Cristoforo Colombo (1441 – 1506) nel suo secondo viaggio a Cuba (1493 – 1496) poi da Alvaro Nufiez Cabeza de Vaca (1490 – ??) nel 1528 in Florida, ma recenti ricerche di caratterizzazione fenotipica (Elisa Bellucci, Andrea Benazzo, Chunming Xu et alii – Selection and adaptive introgression guided the complex evolutionary history of the European common bean – Nature Communications, 14, 1908, 2023) dimostrano che i fagioli americani introdotti con successo in Europa sono di origine andina, quindi dopo la spedizione nel nord del Perù iniziata nel 1524 da Francisco Pizarro (1478 – 1541) insieme a Diego de Almagro (1475-1538).
Il fagiolo andino che arriva in Europa è subito coltivato in Italia e a Roma conosciuto dal pontefice Clemente VII (Giulio Zanobi di Giuliano de’ Medici – 1478 – 1534) che dopo averlo assaggiato ne apprezza la bontà in zuppa, lo giudica migliore delle fave e ne diventa un importante divulgatore regalandolo ad amici e parenti.
Tra i primi vi è Giovanni Pietro Valeriano Dalle Fosse di origini bellunesi, che Clemente VII nomina cameriere segreto, protonotario apostolico, conte palatino, nel 1533 eletto cardinale e nel 1537 ordinato prete, al quale dona i nuovi fagioli americani che il Valeriano nel 1529 porta nelle sue terre di nascita bellunesi da cui si espandono nella Terraferma veneta.
Nelle terre toscane d’origine del papa il fagiolo andino arriva nel 1530 dove tra i parenti del Papa vi è Caterina Maria Romula di Lorenzo de’ Medici (1519 – 1563) sposa a Enrico II di Valois (1519 – 1559) re di Francia, sua regina consorte (1547 – 1559) e poi reggente dal 1560 al 1563. Caterina porta in Francia un nuovo stile di cucina e di tavola, dove si usano anche le forchette oggetto sconosciuto se non osteggiato e deriso, ma anche i fagioli che gli ha dato lo zio Papa Clemente VII e che arrivano in quel paese in verso il 1533-1535.
Nel 1544 l’umanista, medico e botanico Pietro Andrea Mattioli (1501 – 1578) dice che “sono i fagiuoli a tutta Italia volgari, ove copiosi si seminano nei campi e negli horti e se ne ritrovano di più sorti, cioè di bianchi, di rossi, di gialli, di penticchiati di diversi colori, quindi di più specie e varietà”.
Nel 1550 secondo l’agronomo italiano Agostino Gallo (1499 – 1570) i nuovi fagioli sono già coltivati nei campi della pianura padana e verso il 1560 sono piantati in molti orti di Roma.
Coltivazioni e usi in cucina dei fagioli in Italia non incontrano resistenze perché propagati sotto l’immagine del Papa e di ecclesiastici umanisti.
In Francia la diffusione è più lenta che in Italia e bisognerà aspettare il Seicento perché siano affermati nella regione parigina in pieno campo e il Settecento perché ciò avvenga in Picardia.
In Inghilterra i fagioli giungono dalla Francia nella seconda metà del XVI secolo, nel 1633 il botanico John Tradescant (1570 – 1638) coltiva i primi esemplari di Phaseolus coccineus nell’orto botanico di South-Lambeth e per un secolo è ancora considerato una pianta ornamentale e solo il botanico Philip Miller (1691-1771) ne promuove l’uso come alimento.
In Germania dove i fagioli compaiono nelle regioni sud-occidentali verso il 1540 e solo nella seconda metà del Settecento si diffondono in pieno campo nell’area di Magdeburgo.
La rapida accettazione nella cucina dei fagioli americani in Italia trova un riscontro nella loro rappresentazione nel quadro del Mangiafagioli (1584 – 1585) di Annibale Carracci (1560 – 1609), ora nella Galleria di Palazzo Colonna a Roma, diversamente da altri vegetali americani.
Per i pomodori si ha soltanto timida e sporadica presenza ornamentale e non alimentare nel festone del 1545 nella Sala Udienze di Palazzo Vecchio di Francesco de’ Rossi detto il Salviati (1510 – 1563).
Nel 1560 Giuseppe Arcimboldi (1527-1593) inserisce due pomodori nel ritratto dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo (1552 – 1612) e nel 1602 è rappresentato un pomodoro in un portale del Duomo di Pisa di artisti della Scuola del Giambologna. Sempre come natura morta un pomodoro appare in un quadro del Maestro di Hartford databile tra la fine del Cinquecento ed il 1607.
Per la patata il primo ritrattista nella storia dell’arte è Giuseppe Arcimboldo (1526 – 1583) che nel 1537 la dipinge nell’Autunno della serie delle Quattro Stagioni e nel 1590 nel quadro di Rodolfo II d’Asburgo, ma per avere una rappresentazione alimentare della patata bisogna arrivare al quadro i mangiatori di patate (1885) di Vincent Van Gogh (1843 – 1890).
Giovanni Ballarini presidente Accademia Italiana della Cucina
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