Nel post covid la distanza Nord Sud si allarga ancora
Secondo l’analisi Istat del Pil e dell’occupazione territoriale relativa allo scorso anno emerge una fotografia di un Paese ancora spaccato che corre a diverse velocità.
La pandemia, infatti, ha inciso profondamente sul tessuto economico della Penisola acuendo le differenze di velocità della crescita tra il Centro-Nord e il Sud.
Nel 2022 – spiega l’istituto di statistica – il consolidamento della ripresa post-pandemica ha interessato principalmente il Nord-Est, che nel 2021 aveva mostrato una crescita al di sotto della media nazionale, ed il Centro.
Il Prodotto interno lordo è aumentato in volume del 4,2% nel Nord-Est e del 4,1% nel Centro, a fronte di una crescita meno elevata nel Sud (+3,5%) e nel Nord-Ovest (+3,1%).
Tra i diversi settori della produzione è sempre l’edilizia a farla da padrone anche presumibilmente grazie alla stagione degli incentivi (superbonus, sconti in fattura, ecc) che hanno interessato il settore.
Le costruzioni – spiega infatti l’Istat – hanno continuato anche nel 2022 ad essere il settore più dinamico (+10,2% il valore aggiunto nazionale delle costruzioni), registrando al Nord il risultato migliore, con una crescita del valore aggiunto del 10,8% nel Nord-Ovest e del 10,7% nel Nord-est.
Anche per il Centro si registra un contributo importante alla crescita economica dal settore delle costruzioni (+8%), che in quest’area però registra un aumento meno rilevante rispetto alla media nazionale.
Mentre nel Mezzogiorno il settore delle costruzioni si conferma quello più dinamico, con una crescita del valore aggiunto che si attesta al 10,5%.
Una situazione che si è riverberata chiaramente anche sui livelli occupazionali che in Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Veneto sono stati doppi rispetto alle regioni del Sud Italia: anche in termini occupazionali – si spiega – il Nord-est è stata l’area trainante della crescita registrata a livello nazionale, con un incremento degli occupati che ha raggiunto il 2,4%, mentre è stato più contenuto lo sviluppo occupazionale nelle restanti aree (Nord-ovest +1,6%, Centro +1,9 e Mezzogiorno +1,2%).
Ma si tratta di un dato, quello del 2022, destinato a cambiare nelle prossime proiezioni condizionato dai recenti eventi calamitosi che hanno fortemente colpito il tessuto emiliano romagnolo.
L’Emilia-Romagna, con un prodotto interno lordo pari a circa 119 miliardi di euro, contribuisce a formare circa il 40% del pil dell’area Nord Orientale e l’8,8% del pil nazionale.
Ma i danni alle infrastrutture, alle aziende e alle campagne sono stati ingenti e si sono attestati a circa 9 miliardi.
In ogni caso i rischi di un rallentamento si abbattono su tutte le regioni italiane: i salari reali calano per effetto dell’inflazione (anche se in rallentamento), ma aumentano i tassi di interesse e la stretta monetaria si inizia a far sentire.
Peserà oltretutto la recessione già registrata in Germania.
Paese verso il quale proprio l’Emilia-Romagna conta su un valore dell’export pari a poco più di 9 miliardi.
Piero Vernigo
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