I tanti enigmi del dopo voto in Spagna
Il Partito Popolare vince di misura, ma non può governare da solo.
I Popolari non sfondano perché Feijoo non piace ai militanti, non tanto come Isabel Diaz Ayuso, “presidenta” della Comunità di Madrid
Se non è un pareggio poco ci manca e risolve pochi problemi.
Alle ultime politiche anticipate in Spagna, i socialisti del Psoe limitano la sconfitta per qualche decimale.
Le urne potrebbero quindi salvare la poltrona del leader Pedro Sanchez che aveva deciso di tornare al voto, visto sia lo stallo politico, che l’avanzata dell’opposizione di destra in tutto il paese alle ultime amministrative.
Il risultato in fondo deludente dei Popolari sembra legato al leader Alberto Nunez Feijoo che piace un tantino meno di Isabel Diaz Ayuso combattiva presidente della comunità di Madrid, una sorta di governatrice regionale.
Il prossimo 17 agosto le Cortes, le due camere del parlamento spagnolo, dovrebbero esprimersi una prima volta sul capo del governo e non è detto che Sanchez o Feijoo riescano a imporsi.
Impossibile per ora un esecutivo che non sia di coalizione.
Il problema sono i compagni di cordata.
A destra i postfranchisti di Vox hanno perso voti, ma sarebbero necessari ai popolari anche se negli ultimi mesi hanno attaccato proprio il PP.
A sinistra la musica non cambia. Fondamentali, per ora appaiono gli indipendentisti catalani di Puigdemont, leader per ora riparato in Belgio inseguito dalla magistratura spagnola.
Se entrasse nel governo le carte potrebbero rimescolarsi.
In mezzo a questo impasse c’è il paese che avrebbe bisogno di un governo facente funzione proprio nel semestre di presidenza europeo della Spagna.
Il risultato serrato tra il blocco di destra e quello di sinistra alle elezioni generali del 23 luglio lascia la porta aperta a nuove domande.
Le elezioni possono essere ripetute? E quando?
Il prossimo passo è che il Congresso dei Deputati e il Senato si riuniscano il 17 agosto.
Da quel momento inizia tutto il processo per sapere se c’è un nuovo presidente o se c’è un ritorno alle urne. Questi sono i passaggi.
Il re Felipe VI convocherà i rappresentanti di tutti i partiti la settimana del 21 agosto per valutare chi viene presentato come candidato alla presidenza davanti alle Cortes Generali in una sessione di investitura.
Nei giorni successivi si terrà detta seduta e i membri del Congresso determineranno se il candidato proposto andrà avanti come capo dell’Esecutivo in un dibattito per l’investitura.
Per fare questo, bisogna ottenere la maggioranza assoluta di 176 seggi al primo tentativo e 48 ore dopo, finché non si viene eletti.
Il candidato può sperare di avere l’approvazione della Camera bassa se ottiene più voti a favorevoli che contrari.
Pedro Sánchez o Feijoo potrebbero già essere presidenti l’8 settembre, ma potrebbe anche verificarsi anche un altro scenario.
In caso di stallo, il re potrebbe proporre altri candidati.
Essi potrebbero essere ricercati durante i due mesi successivi al primo voto del dibattito iniziale sull’investitura.
Questo processo potrebbe quindi essere prorogato fino a ottobre.
E se non c’è accordo?
Dipenderà da quando le Cortes Generales saranno sciolte, ma le prossime elezioni generali sarebbero 47 giorni dopo lo scioglimento delle stesse Cortes, cosa che potrebbe collocare le elezioni tra novembre e dicembre o addirittura gennaio se il dibattito dovesse protrarsi a lungo.
Già nel 2019 si è verificato uno scenario di ripetizione elettorale con protagonista Pedro Sánchez. Le elezioni si sono svolte il 28 aprile e la Camera bassa non ha approvato il socialista come presidente.
Ciò ha portato a una ripetizione delle elezioni il 10 novembre.
Tra un’elezione e l’altra trascorsero quasi sei mesi.
Riccardo Dinoves
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