La folle spesa dei superbonus che mette in crisi lo Stato
I bonus per le ristrutturazioni edilizie sono fuori controllo: da marzo a oggi, in soli cinque mesi, sono saltati fuori altri 35 miliardi di crediti ceduti o scontati in fattura dalle imprese, che non erano previsti nei tendenziali di spesa. Ben 4 miliardi di questi crediti, poi, si sono rivelati fasulli.
Quelli irregolari, a fine agosto, arrivavano a 12,8 miliardi, si legge in un appunto consegnato nei giorni scorsi dall’Agenzia delle Entrate alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
La premier è preoccupatissima perché i bonus si stanno mangiando tutti i soldi per la manovra di bilancio 2024, ipotecano i conti futuri, e la bolla che si è generata rischia di creare problemi seri all’economia, se non addirittura avere risvolti sociali.
Tra la fine di marzo e la fine di agosto i crediti legati ai bonus edilizi che sono stati ceduti o scontati dalle imprese in fattura sono cresciuti da 110 a 146 miliardi di euro.
Di questi, solo 23 sono stati già compensati, portandoli a riduzione delle tasse dovute.
Gli altri 123 miliardi, che possono essere scontati in un quadriennio, sono in gran parte alla vana ricerca di un compratore.
Al conto vanno aggiunti i crediti che i titolari portano direttamente in detrazione dalle imposte, si stima un’altra ventina di miliardi.
Cifre che eccedono largamente la spesa prevista nel bilancio pubblico.
Il bonus per i lavori sulle facciate introdotto nel 2020, al 90%, ma senza prezziario e massimali, doveva costare 5,9 miliardi, ma ne sta costando 26, cinque volte tanto.
Per il Superbonus 110% si prevedeva una spesa di 35 miliardi, ma siamo arrivati quasi a cento (93 solo di crediti ceduti a fine agosto).
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sarà costretto con la Nadef, tra venti giorni e per la terza volta nel giro di un anno, a rivedere le stime della spesa necessaria per coprire i bonus edilizi.
A ottobre dell’anno scorso il costo del 110% era stimato a 61 miliardi, poi a maggio venne rivisto a 67, adesso occorrerà aggiungerne almeno altri 30.
Tutti soldi che pesano sui conti del 2024 e dei prossimi anni e restringono i margini della politica economica.
La piena dei vecchi bonus che vengono scaricati nella piattaforma dell’Agenzia non si è arrestata (il divieto di cessione e dello sconto in fattura vale solo per i nuovi Superbonus accesi dopo febbraio) e potrebbero arrivare altre ondate nei prossimi mesi.
A Palazzo Chigi e tra i partiti di maggioranza c’è molto nervosismo nei confronti della Ragioneria generale dello Stato, che aveva stimato il tiraggio dei bonus.
Entro il 31 dicembre i lavori del 110% devono essere terminati, ma sono quasi ovunque fermi. Moltissime imprese non riescono più a cedere i crediti acquistati in eccesso e non hanno la liquidità per andare avanti.
A fine luglio mancavano ancora 20 mila condomini da finire, con lavori per 20 miliardi: in Campania sono al 64%, nel Lazio al 66%, in Lombardia, Toscana e Veneto al 75%.
Cantieri che vanno chiusi, a pena di perdere anche i bonus già erogati.
La proroga, per quanto dolorosa, sembra scontata.
La crescita abnorme dei crediti legati ai bonus edilizi rappresenta un grosso problema per il bilancio, perché con la nuova classificazione Eurostat tutta la spesa si scarica sul primo anno, e non può più essere spalmata, come prima, in cinque o dieci anni, la durata del credito.
Ma rischia di diventare anche un guaio serio per l’economia, se non anche un problema sociale. I crediti irregolari, che solo da novembre ’21 l’Agenzia delle entrate riesce a intercettare, continuano a crescere in modo esponenziale.
E se prima le truffe erano quasi tutte legate al bonus facciate, che dovrebbe aver finito di far danni, adesso saltano fuori anche i crediti fasulli del Superbonus 110%: sono 2,5 miliardi, il 20% del totale.
Comunque sia, sono tredici miliardi di euro che qualcuno perderà: tanti truffatori, senza dubbio (che senza fare i lavori hanno fatto e scontato le fatture), ma non solo.
Altre perdite miliardarie deriveranno dai crediti in circolazione che non troveranno un acquirente, o che per incapienza non potranno essere scontati dalle imposte di chi li detiene (soprattutto imprese edili e professionisti, come ingegneri e architetti).
Mettendo nel conto anche gli inevitabili fallimenti delle aziende edili, la preoccupazione di Palazzo Chigi oggi è altissima.
Riccardo Dinoves
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