Il Paese delle opere incompiute, nel 2022 erano 373
A fine 2022 risultano 373 opere pubbliche incompiute, quattro in meno rispetto al precedente rilevamento; l’importo complessivo delle incompiute è pari a 2,5 mld.; fra le regioni il primato spetta alla Sicilia.
È quanto emerge dall’ultimo aggiornamento messo a punto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dalle Regioni e Province autonome, e da ITACA organo tecnico della Conferenza delle Regioni, pubblicato sulla piattaforma Servizio Contratti Pubblici (SCP).
L’aggiornamento 2022 degli elenchi anagrafe delle opere pubbliche incompiute fanno capo alle amministrazioni di ambito centrale e alle amministrazioni di ambito territoriale.
La rilevazione e il monitoraggio delle incompiute era contenuta nel vecchio codice appalti all’articolo 21 e adesso figura nel decreto 36/2023 all’articolo 37 che, a sua volta, rinvia all’allegato I.5 ove è riportato integralmente il decreto ministeriale n. 42/2013.
Va ricordato che già nel 2018 era stato previsto l’obbligo di inserimento delle incompiute nel programma triennale dei lavori pubblici al fine di prevederne il completamento oppure l’individuazione di soluzioni alternative, tra cui il parziale riutilizzo, la cessione a titolo di corrispettivo per la realizzazione di altra opera pubblica, la vendita o la demolizione.
Ai fini del monitoraggio vengono considerate adempienti le amministrazioni che hanno provveduto all’approvazione ed alla pubblicazione del programma triennale dei lavori pubblici 2022/2024.
I risultati della rilevazione mostrano un quasi allineamento del numero complessivo delle opere incompiute, ridotte solo di quattro unità, rispetto alla precedente annualità (373 del 2022 e 377 del 2021, anno in cui risultavano in sensibile calo rispetto alle 443 (-14,4%) della fine del 2020, quando si era già registrata una diminuzione rispetto all’anno precedente.
L’importo complessivo delle incompiute, aggiornato all’ultimo quadro economico, censite nel 2022, il cui valore attuale risulta di circa 2,5 miliardi di euro, subisce un deciso incremento rispetto al 2021 (+38%, anche in relazione all’aumento dei costi dei materiali) con valore che si attestava a circa 1,8 miliardi di euro, diversamente rispetto all’importo complessivo del dato relativo agli oneri per l’ultimazione dei lavori a completamento delle incompiute, che ha registrato una lieve differenza (+5,4%), passando da 1,2 miliardi di euro del 2021 agli attuali 1,3 miliardi di euro.
Fra le diverse amministrazioni in ritardo il primato spetta alle amministrazioni centrali (883 milioni (in base all’ultimo quadro economico) con 551 milioni di oneri per l’ultimazione dei lavori.
Fra le regioni il dato più rilevante riguarda sia in numero (138) sia in valore (406 milioni) la Sicilia, seguita dalla regione Lazio (26 opere per 370 milioni) e dalla Sardegna (più opere, 43 ma per 241 milioni).
Nella documentazione pubblicata quest’anno dal Ministero risulta però poco chiaro comprendere la ragioni dei ritardi che hanno determinato il mancato completamento delle opere.
Nell’analisi pubblicata a fine 2022 lo stesso Ministero aveva precisato come (per le allora 379 opere) in 153 casi (40%) la mancanza di fondi è la causa dell’interruzione del processo di completamento dell’opera, in 115 casi (30%) si rilevano problemi tecnici, per 69 opere (18%) la causa era stata il fallimento, recesso o risoluzione contrattuale dell’impresa, 21 opere (6%) erano state interrotte per sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge, per 15 opere (4%) si riscontrava un mancato interesse al completamento, mentre per 6 opere (2%) concorrono più cause contemporaneamente.
Raimondo Adimaro
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