Il dattero un frutto che avanza in Occidente
Nel secolo scorso i datteri apparivano solo per le feste natalizie e sulle tavole della buona borghesia italiana come una dolce esotica curiosità, mentre oggi la loro presenza è in continuo aumento e tende a destagionalizzarsi anche in nuove forme di consumo.
Oltre tremila sono le tonnellate di datteri che ogni anno mangiando gli italiani per un valore di oltre venti milioni di euro e con una tendenza di continua crescita.
Ancora poco studiati nei dettagli sono i motivi di questo successo ma un’indubbia importanza hanno il loro continuativo uso da parte di una popolazione immigrata che per cultura inserisce questo frutto nella sua dieta alimentare.
Il progressivo consumo da parte degli sportivi che ne stanno apprezzando le sue proprietà nutrizionali, l’uso da parte delle cucine etniche, vegane e crudiste per la sua versatilità d’impiego e i nuovi impieghi dei datteri nelle bevande, yogurt e salse.
Un fenomeno questo non solo italiano e che riguarda una produzione mondiale di datteri che si aggira sul milione e mezzo di tonnellate e che vede quali principali paesi di esportazione Iran, Iraq, Emirati arabi, Pakistan, Arabia Saudita, Tunisia e Israele.
Il dattero è tradizionalmente coltivato nel Nord Africa e Medio Oriente fino a Pakistan e India nord-occidentale e negli ultimi secoli è stato introdotto in America, Africa sub-sahariana, Europa meridionale e Oceania come coltura da frutto, ornamentale e religiosa, in aree a clima caldo di tutti i continenti, in circa trecento varietà e che sembra essere prodotto da uno dei primi alberi addomesticati dall’uomo.
Il frutto dolce della palma, il dattero, è consumato da millenni alla base di un’agricoltura di sussistenza e fonte di prosperità economica risalente alle prime civiltà del Medio Oriente, mentre dalla palma si produce una bevanda alcolica fermentata (vino di palma) ottenuta dalla linfa estratta incidendo il tronco della pianta.
La palma da dattero (Phoenix dactylifera L.) comprende quattordici specie morfologicamente simili a volte difficilmente distinguibile e coltivata da millenni in Medio Oriente e nel Nord Africa dove costituisce la chiave di volta dell’agricoltura delle oasi.
Le sue origini sono poco conosciute poiché non sono state individuate popolazioni selvatiche e le odierne forme selvatiche, sembrano essere ferali e cioè originate da palme coltivate più che veramente selvagge.
Secondo i dati archeologici, l’addomesticamento e coltivazione della palma da dattero sarebbe iniziata tra il Quinto e il Terzo Millennio a. C. in Medio Oriente intorno al Golfo Persico divenendo nota sin dall’antichità tra gli Egizi, i Cartaginesi, i Greci, i Romani e i Berberi per i suoi frutti eduli.
Oggi tra le varietà di dattero c’è quella definita da amido, dalla quale si ricava il cosiddetto pane del deserto, uno degli alimenti fondamentali dei beduini.
In Italia la palma da dattero è diffusa come pianta ornamentale, in Sicilia nei giardini di Palermo, ma non è sfruttata o coltivata a scopi commerciali e recentemente è stata colpita da un parassita, il Rhynchophorus ferrugineus noto come punteruolo rosso delle palme resistente ai mezzi di controllo convenzionali.
I datteri sono un ottimo alimento e un etto di datteri secchi apportano duecentocinquanta calorie ripartite in carboidrati (85%), proteine (4%), lipidi (2%), fibra (9%) più vitamine, carotenoidi (89 mg di beta carotene e 23 mg di luteina/zeaxantina, polifenoli e tannini.
Non è impossibile che in un futuro, con il riscaldamento globale che sta mettendo a rischio la coltivazione della vite e altri vegetali, anche in Italia si possa coltivare la palma da dattero.
Ancora ipotetico è l’uso della palma da dattero per la produzione di un carburante verde, anche se vi sono stati accordi tra l’americana Boeing, la Etihad compagnia degli Emirati, e la Total per la produzione e la vendita di biocarburante contenente il 10% di biofuel prodotto dalle palme negli Emirati.
Più interessante è invece l’uso dei datteri in gastronomia con accostamenti ora ancora un poco insoliti.
Nei ricettari medievali e rinascimentali il dattero non è presente solo come frutto servito a fine pasto, ma anche come ingrediente principe di vivande più complesse, come pasticci dal gusto dolce e salato.
Da qui un accostamento dei datteri anche con formaggi pecorini e caprini, formaggi a pasta filata come provoloni e caciocavalli, formaggi erborinati o spalmabili e ricotte vaccine.
Giovanni Ballarini presidente Accademia Italiana della Cucina
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