Il 2024 sarà un anno di elezioni
Europee, ma non solo: il 2024 prepara le urne in ben cinque regioni, 3.700 comuni, di cui 27 capoluoghi di provincia e sei capoluoghi di Regione: Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza. Test locali, ma che diranno molto sullo stato di salute dei partiti e delle coalizioni.
Un passaggio interessante per la coincidenza, o quasi, di tre sistemi di voto diversi: proporzionale alle europee; maggioritario secco alle regionali; doppio turno alle comunali.
Nel primo caso, alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, i partiti si ‘peseranno’ stabilendo così le gerarchie interne alle coalizioni che potrebbero presentarsi alle prossime elezioni politiche.
Alle regionali, dove le coalizioni sono condizione necessaria per vincere, i partiti cercheranno la formula di aggregazione migliore.
Infine i comuni: qui, ci si può anche presentare da soli per poi aggregarsi al secondo turno, quando ciascun partito dichiarerà la propria preferenza per uno dei due candidati al ballottaggio. Una sorta di aggregazione ‘coatta’.
Per le europee, la finestra del voto è quella del 6-9 giugno. Un passaggio considerato fondamentale perché ne risulterà una fotografia dei partiti in Italia che, con ogni probabilità, avrà effetti anche sulla legislatura.
Si guarda con attenzione particolare al risultato di Fratelli d’Italia.
L’obiettivo di Giorgia Meloni, come sottolineato anche oggi dal presidente del Senato Ignazio La Russa, è quello di confermare il primato del partito a livello nazionale.
E su questo si ragiona anche in vista di una possibile candidatura di Giorgia Meloni. “Sarebbe una cosa naturale”, dice La Russa.
Tuttavia, una vittoria troppo schiacciante di Fratelli d’Italia, anche rispetto agli alleati di governo, potrebbe portare fibrillazioni nella maggioranza. Un ragionamento simile viene fatto nel campo dell’opposizione.
Elly Schlein è data già ai blocchi di partenza, ma pesa la ‘questione femminile’ interna al Pd: le potenziali candidate donne, viene spiegato da fonti parlamentari, potrebbero non vedere bene una candidatura della leader dem in due o più collegi che tolga chance a quante aspirano a fare tandem con esponenti di spicco del Pd, come Dario Nardella e Nicola Zingaretti, in predicato di candidarsi.
C’è poi da considerare il fattore Cinque stelle. Conte non ha intenzione di candidarsi e una vittoria schiacciante del Pd, con la conseguente investitura della segretaria a ‘federatrice’ delle opposizioni, potrebbe minare quel poco che rimane del campo largo.
Una situazione di incertezza che si riverbera già nelle manovre in vista delle regionali. Le regioni che andranno al voto sono Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria
La prima a ufficializzare la data per le elezioni è stata l’Abruzzo: si voterà domenica 10 marzo 2024. L’attuale governatore dell’Abruzzo è Marco Marsilio, in carica dal 23 febbraio 2019 ed eletto con la coalizione di centrodestra (Lega, Fi, Fdi, Azione Politica, Udc-Dc-IDeA).
L’esponente di Fdi ha già ufficializzato la sua ri-candidatura e, salvo sorprese, dovrebbe essere supportato da tutto il centrodestra.
Il principale sfidante dovrebbe essere Luciano D’Amico: l’ex rettore dell’Università di Teramo è il nome schierato dalla coalizione “Abruzzo Insieme”, che vede insieme il campo larghissimo formato da centrosinistra, M5S, Iv, Azione, civici.
Non è ancora stata decisa una data, invece, per le elezioni Regionali in Basilicata. Al momento il presidente della Basilicata è Vito Bardi, esponente di Forza Italia, in carica dal 16 aprile 2019. Anche se la sua ricandidatura non è ancora stata ufficializzata, dovrebbe essere lui il nome su cui convergerà il centrodestra.
È già sceso in campo, invece, Angelo Chiorazzo (fondatore della cooperativa Auxilium): ha ottenuto il sostegno del Pd (con alcuni distinguo) e di altre forze politiche di centrosinistra, ma sta ancora trattando con il Movimento 5 Stelle.
Anche in Piemonte non è ancora stata ufficializzata la data delle elezioni Regionali del 2024: con molta probabilità, comunque, si terranno negli stessi giorni delle Europee e quindi a giugno.
Per quanto riguarda i candidati poi, al momento, i dubbi non mancano. L’unico nome certo è quello del presidente uscente Alberto Cirio, in carica dal 6 giugno 2019: correrà per un mandato bis, sostenuto dai partiti del centrodestra. “Squadra che vince non si cambia”, ha detto il vicepremier Matteo Salvini.
La Sardegna ha una data ufficiale per le Regionali: si svolgeranno domenica 25 febbraio 2024. Lo ha stabilito il decreto emanato dal presidente della Regione autonoma Christian Solinas, che sarà pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione l’11 gennaio prossimo. Solinas è governatore dal 20 marzo 2019.
Il centrodestra non ha ancora preso una decisione sulla sua ricandidatura. La Lega è a favore, ma potrebbe cedere per mantenere gli equilibri tra alleati. Si fa il nome di Paolo Truzzu di Fdi, sindaco di Cagliari.
Il Grande centro sarebbe orientato su Luca Saba, direttore regionale di Coldiretti. Pd e M5S hanno già ufficializzato la candidatura di Alessandra Todde, deputata pentastellata.
Ma tra le file del centrosinistra ci sarà con tutta probabilità un terzo candidato, l’ex presidente regionale Renato Soru.
Per le Regionali in Umbria non c’è ancora una data certa, ma probabilmente i seggi si apriranno nell’ottobre del 2024. La governatrice dell’Umbria è l’esponente della Lega Donatella Tesei, in carica dall’11 novembre 2019.
Il partito di Salvini sembra intenzionato a ricandidarla, ma manca ancora un annuncio ufficiale del centrodestra. Per ora l’unico nome certo è Riccardo Corridori, esponente di Alternativa Popolare, il partito del sindaco di Terni Stefano Bandecchi.
La situazione è ingarbugliata a sinistra: M5S e Alleanza Verdi e Sinistra hanno sospeso “ogni trattativa col Pd fino a che non sarà fatta assoluta chiarezza su ipotetici accordi col partito di Bandecchi”.
Il percorso di avvicinamento a questi appuntamenti non appare facile, come si intuisce, privo di ostacoli. I travagli maggiori si registrano all’interno del campo progressista.
Dal partito di Giuseppe Conte si ribadisce che con i dem non c’è alcuno scambio sul tavolo. In altre parole, il via libera a Todde non significa necessariamente che ci sarà un dem candidato in Piemonte.
È proprio sotto la Mole che si consuma lo scontro più acceso all’interno della coalizione.
Il pd aveva fatto la mossa di sospendere le primarie per candidare Chiara Gribaudo, vice presidente del partito che sembrava poter far superare le resistenze dei Cinque Stelle locali, in conflitto con i dem fin dai tempi della giunta di Chiara Appendino a Torino.
Conflitto che poi è continuato con Stefano Lo Russo, primo cittadino del capoluogo piemontese proveniente dall’ala riformista del Pd, quella più critica nei confronti del partito di Conte.
Riccardo Dinoves
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