Mobbing: terrore psicologico sul posto di lavoro
Emarginazione sociale, violenza psicologica, sabotaggio professionale, aggressione fisica, sono evidenti segnali di un fenomeno che sempre più spesso si constata sui luoghi di lavoro, da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore minando il benessere personale.
Pertanto accade che l’impiego tanto cercato e faticosamente conquistato, in questo periodo di crisi lavorativa arrivi a rappresentare per il lavoratore un vero e proprio incubo.
Il termine mobbing deriva dall’inglese “to mob”, che significa una folla grande e disordinata e venne usato per la prima volta negli anni settanta dall’etologo Lorenz per descrivere un determinato comportamento di alcune specie di animali che circondano in gruppo un proprio simile e lo assalgono al fine di allontanarlo dal branco.
Per parlare di mobbing sul posto di lavoro si intendono certi comportamenti individuali o di gruppo diretti e sistematici, protratti nel tempo contro un determinato lavoratore allo scopo e con l’effetto di allontanarlo dal luogo di lavoro.
Questo fenomeno è molto diffuso in Italia e rappresenta un vero e proprio terrorismo psicologico nell’ambiente lavorativo in cui la persona così detta “mobbizzata” è messa in una posizione di debolezza e di mancanze di difese, attraverso aggressioni quotidiane di vario genere mediante comportamenti nocivi, tra cui insulti, derisione, umiliazione e ostracismo.
Nonostante tale fenomeno appare difficile da bandire, da recenti studi è emerso che spesso coloro che subiscono l’azione discriminatoria vivono in una condizione di isolamento sociale ed emarginazione, con forti ripercussioni sulla salute psicofisica. In casi più gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni poco lecite con l’intento di mandar via definitivamente la vittima.
I promotori di tali condotte possono essere datori di lavoro, dirigenti, supervisori, coordinatori definito mobbing verticale, oppure da colleghi mobbing orizzontale.
La messa in atto di tali comportamenti possono essere di varia natura, ma con il medesimo scopo di annientare l’altro, ritenuto scomodo per motivi non sempre concreti.
Così che i tipi di azioni di mobbing possono essere atti palesi o atti nascosti, indiretti e passivo-aggressivi, con vere e proprie angherie e i soprusi psicologici.
Le ripercussioni di tale fenomeno sulle vittime rimanda a conseguenze di tipo psicologico, psicosomatico e relazionale minandone il proprio equilibrio emotivo e le proprie prestazioni lavorative, dal calo dell’autostima e disturbi psicosomatici.
Qualora il comportamento del mobber è riconducibile ad azioni penalmente rilevanti, la vittima può denunciare l’accaduto alle autorità competenti.
Nel suo insieme riconoscere e comprendere il mobbing sul luogo del lavoro è il primo passo per prevenire e contrastare questo fenomeno, dedicando maggiore attenzione a determinati comportamenti propri o dei colleghi che possono ledere la dignità o la sensibilità altrui.
Occorre riportare al centro il rispetto del lavoratore inteso come persona promuovendo la comunicazione interna un modo efficace per identificare e prevenire il mobbing garantendo un ambiente lavorativo sano.
Dolores Di Mambro
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