La digitalizzazione è una crescita
Innovare paga. Le imprese che investono nella digitalizzazione, nel tempo, dimostrano di battere le proprie concorrenti analogiche per fatturato, crescita degli attivi, margini e cash flow.
Tali aziende poi registrano un aumento delle esportazioni significativamente più rapido e, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, una crescita dell’occupazione con una velocità doppia rispetto ai concorrenti meno digitalizzati.
Sono ancora poche le aziende impegnate a 360 gradi nella propria digitalizzazione, appena il 5% del campione di mid cap analizzato da Mediobanca Research e Google nello studio ‘It’s all about It’.
Eppure, secondo Andrea Filtri, Co-Head di Mediobanca Research, se le altre aziende oggetto della ricerca colmassero il gap digitale il risultato sarebbe “una maggiore crescita del Pil nazionale dello 0,7% nei prossimi cinque anni”.
L’investimento necessario per fare questo salto è stimato pari a circa un miliardo all’interno del campione, o 28 miliardi a livello nazionale.
Per condurre la propria indagine Mediobanca Research ha sviluppato un sistema di rating proprietario che valuta la maturità digitale di ciascuna impresa, dividendole in innovatori, sperimentatori o principianti in base all’infrastruttura digitale, l’uso dei canali digitali, l’analisi dei dati, le competenze digitali e le tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale.
Grazie alla collaborazione di Area Studi Mediobanca, sono state sondate circa 600 medie imprese rappresentative del 6% del totale nazionale.
Il campione evidenzia una concentrazione verso le imprese del Nord Italia, attive nel settore manifatturiero e orientate all’export (il 50% delle imprese genera più del 50% del fatturato al di fuori dell’Italia).
Delle imprese analizzate il 56% è classificato come sperimentale, ovvero dotato di una chiara visione digitale che mantiene tuttavia margini di miglioramento nell’utilizzo di strumenti a supporto del processo di innovazione.
A rientrare nel cluster delle aziende principianti è invece il 39% del campione, mentre appena il 5% del campione conquista il rating di innovatore, grazie a un’elevata visione digitale ben integrata nei processi aziendali.
Torniamo ai risultati.
Dal 2012, il margine Ebitda delle imprese innovatrici cresce di oltre 4 punti percentuali, contro un intervallo di 2-3 punti percentuali delle concorrenti.
Di conseguenza, le imposte versate sono raddoppiate nell’ultimo decennio, superando ampiamente il contributo alle finanze pubbliche dei player meno digitalizzati.
Nel dettaglio, grazie a una migliore efficienza e a economie di scala, una crescita dei ricavi più solida si tradurrebbe in una maggiore crescita dell’Ebitda a medio termine di circa 20 punti percentuali.
Per il campione di imprese in esame, Mediobanca calcola che l’Ebitda potrebbe espandersi di 2,6 miliardi.
Poiché il campione può essere utilizzato come indicatore per l’intero Paese, sapendo che 2,6 miliardi di euro di Ebitda aggiuntivo riguarderebbero un campione di circa 400 imprese, pari a circa il 4% delle società manifatturiere italiane classificate come medie e grandi imprese secondo l’Istat, gli esperti stimano che la digitalizzazione potrebbe portare circa 65 miliardi di Ebitda a medio termine (5 anni) per l’Italia, circa il 3,2% del Pil italiano in cinque anni o circa lo 0,6% del Pil all’anno.
A questi effetti diretti si sommano i benefici indiretti sull’intero sistema economico, come la creazione di posti di lavoro.
Ma cosa frena le aziende da intraprendere questo percorso?
Secondo gli analisti, oltre l’80% delle imprese classificate come sperimentatori o principianti nel processo di digitalizzazione sarebbe in grado di raddoppiare gli investimenti per ridurre digital-gap.
I soldi dunque non sono un problema.
A pesare, invece, sono fattori culturali che rendono gli imprenditori più o meno restii al cambio di passo.
Altri ostacoli sono la penuria di lavoratori digitalmente alfabetizzati, i processi aziendali poco digitalizzati e/o integrati tra loro e la necessità di sostenere investimenti elevati a livello di singola impresa.
Mediobanca consiglia ai policymaker di intervenire su questi colli di bottiglia attraverso l’introduzione dell’educazione digitale nelle scuole, la riforma degli istituti tecnici superiori e la riqualificazione della forza lavoro.
Fondamentale inoltre, nell’ottica della gestione finanziaria, una riformulazione degli incentivi fiscali legati a investimenti tecnologici che preveda crediti d’imposta per importi tali da coprire almeno il costo di finanziamento.
Anselmo Faidit
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